Questa è una storia vera, anche se il nome protagonista, Alberto, è di
fantasia.
Alberto è un casellese di origine meridionale, vive e lavora tra noi. È sposato con la
dolce Angela. Hanno tre splendidi figli. È casellese d’adozione, divide la sua vita tra
Caselle e Settimo, per necessità. È un bravissimo muratore, nel senso vero del
termine. È capace, preparato e di mente aperta.
La sua testimonianza è importante per meglio capire la centralità di un settore come
l’edilizia. Un comparto di primaria importanza in cui il muratore, nonostante i
processi evolutivi, è ancora una figura indispensabile. La sua sapienza artigianale e la
conoscenza delle tecniche ne fanno tuttora una figura insostituibile.
Il mestiere del muratore assieme a quello del contadino forma il cosiddetto “settore primario”, sono i mestieri più antichi. Sono la base fondante dell’homo faber. Solo la caccia può vantare maggiore antichità.
Incontro Alberto, che è mio amico, e gli dico: “Vorrei che tu mi parlassi della tua
esperienza di vita e di lavoro. In un mondo in cui tutti aspirano a lavori tecnologici, credo che un “ mastro” come te abbia molto da dire.”
Accetta volentieri. Due birre sono le nostre compagne.
– Sono un figlio del Sud. Il mio paese d’origine si trova alle falde dei Lattari. Da
ragazzo, detto onestamente, non avevo tanta voglia di stare in classe a studiare. Pur
essendo convinto della sua importanza. Volevo lavorare. Per un meridionale non ci
sono molte alternative per entrare nel mondo del lavoro: o la carriera militare, o nelle forze dell’ordine, oppure muratore. Ci sarebbe anche altro ma meglio lasciar perdere.
L’unica alternativa a queste attività è l’emigrazione. –
“ Com’è che sei diventato un lavoratore edile ?”
– Per me fu naturale scegliere di fare il muratore. È un mestiere antico che suscitava, e
suscita, in me un naturale fascino verso un lavoro che richiede sapienza artigianale e
dedizione. Dedizione vera.
Di fronte a un muro ben costruito io, tuttora, resto affascinato. Questa passione nasce dalla mia predilezione per l’archeologia. Andavo, e vado ogni volta che posso, a
visitare gli scavi di Pompei. Rimango tuttora a bocca aperta al cospetto dei manufatti realizzati dagli antichi pompeiani. Spesso dico tra me e me: – Ecco il livello a cui voglio giungere!-
“ Com’è cominciata la tua storia lavorativa?”
Cominciai a lavorare nei tanti piccoli cantieri della zona vicina al mio paese. Si costruivano villette o ristrutturazioni, spesso abusivi. Una vera piaga l’abusivismo. Ero insoddisfatto. Volevo crescere professionalmente e confrontarmi con realtà importanti e complesse. Presto giunse l’occasione tanto attesa.-
“Quale?”
– Incontrai dei carpentieri miei amici che lavoravano nel cantiere del nuovo aeroporto di Torino. A Caselle. Mi dissero:” Vieni con noi, cercano gente capace e che ha voglia di lavorare, lo stipendio è buono. Farai un’esperienza importante. Quello sì che è un grande cantiere.
Era l’occasione che aspettavo. Preparai la valigia, e via verso Caselle.
Di fronte a quel gigantesco cantiere rimasi a bocca aperta, non avevo mai visto gru e
attrezzature così importanti ed enormi. Era tutto gigantesco. Ero intimorito e allo
stesso tempo entusiasta. Cominciai a lavorare con i miei amici carpentieri, mi
aiutarono molto a inserirmi nel lavoro e a non sentirmi spaesato in un contesto a me
sconosciuto. Devo molto a quei ragazzi.-
“ Durò molto quell’esperienza?”
– Lavorai in quel cantiere per quattro anni. Letteralmente, vivevo in quel luogo, nel
senso che abitavo nelle baracche annesse al cantiere. Tuttora quando torno in
aeroporto guardo, e indico, con orgoglio le realizzazioni in cui sono stato protagonista.-
“Lì nacque quello che sei ora?”
Sì, nel cantiere casellese, accanto al muratore bravo, con la cazzuola, nacque un uomo capace di muoversi con disinvoltura in cantieri importanti. Sicuramente sono stato aiutato dalla nostra innata capacità di sapersi arrangiare e trovare soluzioni originali.-
“ E dopo?”
– Al termine del cantiere aeroportuale dovetti trovare un altro lavoro. L’impresa che
avevo contattato mi propose il ruolo di capocantiere o il caposquadra. Accettai
obtorto collo. Non mi sentivo pronto. A me piace lavorare, costruire, sono un “homo
faber”. Con piacere però mi accorsi che riuscivo a cavarmela. Altra esperienza, altra legna accumulata. Compresi l’importanza di una cosa ovvia: è necessario stabilire un buon rapporto con i membri della squadra. Sono persone. Se riesci in questo è tutto più facile.
In questo ruolo compresi l’importanza del problema della sicurezza nei cantieri. –
“ Ecco Alberto, parlami di questo, vista la sua attualità.”
– Effettivamente questo è un problema centrale. È importante che ci siano norme
chiare ed efficaci ed attrezzature adeguate. Tuttavia questo non è sufficiente. Deve
crescere la sensibilità individuale nel non sottovalutare i rischi. La familiarità e la
padronanza del mestiere a volte abbassano il livello di attenzione. Faccio un esempio,
si deve “gettare” un pilastro. Per fare questo è necessario un ponteggio e adeguate
misure e coordinamento con il gruista che, spesso, non è a vista. Purtroppo capita che
operai esperti decidano di gettare senza particolari misure. “Conosco i rischi e so come fare”, dicono. Ecco cosa capita e che non dovrebbe capitare. Spesso senza neanche avvisare il capocantiere. –
“ Ma non è soltanto un problema di relazioni…”
– C’è inoltre un altro aspetto che non va sottovalutato: si tende sempre a ridurre i tempi dei lavori. Questo capita per diversi motivi, questo abbassa il coefficiente sicurezza. Bisogna lavorare su più livelli: norme, attrezzature, consapevolezza. –
“Poi sei stato chiamato a lavorare per i salesiani…”
– Certo, quel cantiere fu una vera soddisfazione. Inoltre, conobbi un mondo di cui
ignoravo tutto: il mondo di Don Bosco. Un mondo affascinante anche per la capacità
di affrontare e risolvere i problemi.
In questo cantiere dovetti dar fondo a tutta la mia sapienza artigianale accumulata in
anni di mestiere. Esperienze che lasciano il segno.
Aggiungo che, intanto, avevo conosciuto diversi compaesani che vivevano a Caselle.
Io e Angela decidemmo di cercarvi casa perché lì c’erano gli amici. Abbiamo costruito un bel gruppo.-
“Scusa Alberto, ma che mondo è quello dell’edilizia?”
– Nell’edilizia convivono diversi mondi. Ci sono eccellenze vere capaci di progettare
strutture ed edifici incredibili. Forse “la crema dell’intellettualità”. Inoltre i capicantiere spesso sono gente capace di organizzare operazioni complesse.
C’è poi tutta quella variegata umanità fatta di gente rude e che lavora per tirare a
vivere. Spesso parlano lingue diverse. Un vero problema che mette a dura prova i
capicantiere. –
“ Se dovessi fare un bilancio della tua vita lavorativa, cosa mi diresti?”
– Non posso non dire che faccio il lavoro più bello. Amo montare con maestria i mattoni, amo costruire case. Amo pensare che in quelle case,
tra quelle mura, vivono persone che creano la loro famiglia. Io ho contribuito a
questo.
Vedi, le mani dei muratori, e dei lavoratori, sono callose, dure. In quelle callosità c’è
una storia antica come il mondo. Io ne faccio parte. –