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Comune di Caselle Torinese
domenica, Gennaio 19, 2025

    Quando era Natale

    “Cosa ti porterà quest’anno Gesù Bambino?”
    E mentre, dall’alto dei nostri pochi anni, colti di sorpresa, restavamo in silenzio pensieroso, quasi sempre ci confortavano con un sorriso: “Non preoccuparti, sei stato bravo, dunque vedrai…”. Poi, con il tempo, compreso che i doni tanto attesi avrebbero avuto un’origine ben più terrena, ci sentivamo porre un’altra domanda, carica della stessa curiosità: cosa avremmo desiderato ricevere dal vecchio e freddoloso Babbo Natale. Erano giorni come questi, a metà dicembre, di tanti anni fa. La povertà che aveva segnato le nostre vite nei difficili anni successivi al grande conflitto cominciava lentamente a lasciare spazio a un’attesa diversa: un Natale nuovo, carico di speranza e gioia. Attraversando i sentieri del bosco o percorrendo le sponde dei fossati intorno a Caselle, raccoglievamo il muschio verde e vellutato che attendeva di accogliere le statuette di gesso colorato. Alcune, già ferite dal tempo e pazientemente rattoppate, erano pronte a ritornare al loro posto nel presepe. Il presepe, ricco di scene di vita quotidiana e di personaggi intenti in mestieri ormai desueti, scendeva da improbabili montagne di cartapesta. Altre volte, nella sua essenzialità, si limitava a rappresentare i personaggi fondamentali della Natività, simbolo di una tradizione antica e devota. Una tradizione che infondeva calore e serenità familiare, solo in parte sostituita, negli anni, dalla maestosa luce scintillante degli alberi di Natale. Dopo la novena pomeridiana nella chiesetta dell’ex ospedale Baulino, finalmente il Natale arrivava. Per noi scolari, era il momento delle tanto attese vacanze, le più importanti dopo quelle estive. E quella notte, quasi per magia, il cielo ci regalava la neve: sorpresa gradita al risveglio, che ci accompagnava alla messa del giorno di festa. All’uscita dalla chiesa, sul sagrato, ci ritrovavamo per raccontarci, con entusiasmo, i doni ricevuti da Babbo Natale. Le festività natalizie erano anche una breve pausa per molti lavoratori di Caselle. Un momento di tregua dal ritmo intenso delle grandi fabbriche del capoluogo, che allora vivevano un’epoca prospera e vitale, lontana dalle ombre degli ammortizzatori sociali o dai tristi epiloghi del futuro. A Caselle, il lanificio Bona, con oltre un migliaio di dipendenti, soprattutto donne, rappresentava una risorsa fondamentale per l’occupazione locale. Lo affiancavano, a distanza, la Cartonda, innovativa azienda produttrice di cartone ondulato, e la tessitura Magnoni, insieme alla conceria Rivella. Più tardi si aggiunsero le confezioni Ballarini, che offrirono lavoro a un centinaio di donne, anche non più giovanissime. Ai Grangiotti, il sugherificio LAS si distingueva per i suoi prodotti e per le frequenti visite dei vigili del fuoco durante le estati. Caselle, però, era anche altro. Era il cuore pulsante di un artigianato vivace, delle botteghe e delle officine che oggi sopravvivono solo nei ricordi. Tra queste, spiccava l’arte dei falegnami e mobilieri come Peppino Musci, il cui talento vive ancora in alcune sale da pranzo, sconfitto solo dall’avanzata inarrestabile dell’arredamento industriale. Oppure la tradizione della famiglia Enrietti, nota come “Pin dla verna”, passata dal vecchio Ignazio al figlio Eugenio. E c’era il laboratorio delle sorelle Fede e Maria Ferrero, vicino al vecchio asilo in piazza Boschiassi, che accoglieva i primi immigrati campani. Fu lì che avvenne il grave infortunio del falegname Michele Desiato. Il ferro, invece, prendeva forma sotto le mani esperte di Battista Maddaleno, impegnato a recintare la nuova Caselle che cresceva, o nell’arte di ‘Drein Balma, imprenditore vulcanico e generoso, troppo presto sottratto dal destino. Fra pochi giorni sarà di nuovo Natale. E, come per incanto, nell’aria fredda di dicembre, sembrerà di sentire ancora il profumo dei torcetti della famiglia Mecca e la fragranza delle paste dolci di Pinot Fontana. I soliti curiosi torneranno a chiedermi cosa mi porterà quest’anno Babbo Natale e, oggi come allora, non saprò cosa rispondere. Abbasserò il capo, arreso al desiderio impossibile di tornare indietro, anche solo per un istante, a cercare, nel sogno di un’illusione, il mio familiare e indimenticato… “quando era Natale”.

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