Da quasi un decennio si registra con preoccupazione il calo delle nascite in Italia.
Il fenomeno riguarda tutti i Paesi sviluppati, sebbene in misura diversa. In Italia, però, è particolarmente evidente: anno dopo anno, le scuole vedono ridursi il numero degli alunni.
Cosa sta accadendo? Forse, in Italia, essere madri non è così semplice. L’età media per avere il primo figlio si è attestata attorno ai 32 anni, e non è raro che una giovane donna senza figli venga sommersa da domande come: “Quando ti deciderai?” o “Guarda che poi diventa tardi…”. Sembra quasi strano che una donna con una relazione stabile e una buona posizione lavorativa non pensi alla maternità.
Superati i quarant’anni, tuttavia, la donna senza figli inizia a ricevere meno pressioni sociali, ma viene spesso guardata con compassione, come se le mancasse qualcosa.
Tutto ciò appare legato alla cultura. In una società tradizionalmente basata sul matrimonio, o comunque su unioni durature, la maternità viene vista come un naturale completamento. Basta considerare che la parola “matrimonio” deriva dal latino “mater” (madre) e “munus” (dovere), mentre “patrimonio” viene da “pater” (padre) e “munus”. Già nell’antica Roma, il ruolo della donna sposata era quello di diventare madre, mentre al padre spettava la gestione dei beni familiari.
Con basi culturali così profonde, come può la donna di oggi affrontare la vita senza figli?
Fin da piccole, le bambine vengono avviate al ruolo di madri. Si pensi ai giochi che ricevono: bambole accessoriate o elettrodomestici in miniatura per “allenarsi” alla cura della casa e dei figli. Di recente, anche i bambini ricevono in regalo cucine giocattolo, ma solo grazie all’influenza di programmi come “MasterChef” che presentano il mestiere di cuoco come appagante e ben retribuito per gli uomini. Nei cataloghi di giocattoli, i giochi sono ancora separati tra maschili e femminili, con i giochi “da bambina” rigorosamente in rosa. Nei Paesi nordici, al contrario, i giochi vengono proposti con maggiore equilibrio. Crescendo, le ragazze che vogliono lavorare sono spesso orientate verso mestieri legati alla cura: insegnante, infermiera, estetista. Numerosi studi dimostrano che le bambine, fin dalle elementari, sono indirizzate verso competenze letterarie, mentre i maschi verso le discipline scientifiche, influenzando così le scelte scolastiche successive.
Si stanno introducendo bonus e incentivi per incoraggiare le giovani coppie a mettere al mondo figli, ma le nascite continuano a calare (curiosamente anche tra gli stranieri residenti). Cosa non funziona? Essere madri non è più la prima aspirazione di una donna, un’idea che per secoli è stata data per scontata. Dedicarsi prima alla maternità e solo in seguito alla realizzazione personale rischia di compromettere quest’ultimo obiettivo. La nostra società non ha ancora creato modalità concrete per aiutare le madri a conciliare il ruolo materno con una carriera appagante e la possibilità di avere del tempo libero. Molte donne faticano a trovare lavori soddisfacenti e ben remunerati, poiché gli orari sono spesso incompatibili con quelli scolastici, e le scuole chiudono per diversi mesi estivi. Anche i bonus economici risultano poco efficaci se non esistono servizi di supporto, come asili dove lasciare i bambini. Così, molte donne investono anni nella carriera, sapendo che, se la interrompono, sarà difficile reinserirsi. Non è raro che subiscano mobbing al rientro dalla maternità, trovando le proprie mansioni assegnate ad altri o subendo pressioni per fare straordinari. Le donne, sovraccaricate, spesso devono rinunciare. Chi riesce a sostenere il ritmo sa che, una volta a casa, l’attende il “secondo turno”, fatto di mansioni domestiche ritenute “femminili”. Talvolta, si aggiunge anche un “terzo turno” per la cura dei genitori anziani o il supporto psicologico ai figli. Le aspettative familiari e sociali rimangono fortemente sbilanciate tra i due sessi.
In tutto questo, ci si aspetta che la donna sia fiera e grata del suo ruolo di madre, per cui lamentele, somatizzazioni o, nei casi peggiori, depressioni non sono ben tollerate.
Sarà interessante vedere se le attuali politiche di incentivi economici avranno successo nel sostenere le madri che vogliono mantenere un lavoro a tempo pieno e magari fare un secondo o un terzo figlio. Peccato che non si sia pensato a creare asili aperti nei fine settimana e fino a tarda serata, che possano accogliere i bambini anche quando sono malati.