
Viviamo in un periodo storico pieno di conflitti e di guerre e, nonostante ci siano delle giornate dedicate, il ricordo sembra un qualcosa destinato a pochi, che interessa poco l’opinione pubblica. Pensiamo al 27 gennaio e al 10 febbraio: sono due date che segnano profondamente la storia ricordando due tragiche pagine del passato: la Shoah e le foibe. Sebbene distanti nel tempo e nello spazio, questi due eventi sono accomunati da un profondo dolore umano.
La Giornata della Memoria commemora le vittime della Shoah, lo sterminio di circa sei milioni di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Come tutti sappiamo, questa ricorrenza ha assunto un’importanza fondamentale a livello internazionale, diventando un momento di riflessione sulla natura del male, sull’importanza della tolleranza e sul rispetto dei diritti umani.
Allo stesso tempo la Giornata del Ricordo commemora le vittime delle foibe, delle violenze e degli esodi istriani e dalmati del secondo dopoguerra. Questo evento ha lasciato profonde ferite nel tessuto sociale italiano.
Entrambe le giornate hanno lo scopo di mantenere viva la memoria di eventi tragici e di promuovere la cultura della pace e della convivenza civile. Però, se chiudiamo gli occhi e pensiamo ai conflitti che ci sono nel mondo, a due in particolare, quello ucraino e russo e quello israelo-palestinese, senza essere degli attenti analisti o conoscitori di storia, possiamo pensare che in certi casi la storia si ripeta.
Infatti, la teoria dei corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico continua a suscitare interesse e dibattito e alcuni elementi della sua filosofia possono aiutarci a comprendere meglio i fenomeni storici e sociali che caratterizzano la nostra epoca, come l’idea che la storia si ripeta può aiutarci a identificare modelli ricorrenti nel comportamento umano e nelle dinamiche sociali.
Allo stesso tempo dobbiamo avere la capacità di cogliere i segni di speranza che arrivano inaspettati. Per esempio, quest’anno, milioni di persone in tutto il mondo hanno celebrato le festività natalizie, sì illuminate dalle luci e dalle decorazioni colorate, ma la parte del 2024 va soprattutto ricordata perché si sono verificate alcune particolari coincidenze che hanno visto intrecciarsi tradizioni e culture diverse. Una di queste è l’incontro tra Hanukkah, la festa ebraica delle luci, e il Natale cristiano.
Hanukkah, che significa “inaugurazione” in ebraico è una festa religiosa ebraica che dura otto giorni. Celebra la riconquista del Tempio di Gerusalemme da parte dei Maccabei e il miracolo dell’olio che, in quantità limitata, riuscì a mantenere accesa la menorah nel tempio per otto giorni.
L’incontro tra Hanukkah e Natale è un evento affascinante che ci ricorda l’importanza del dialogo interreligioso e della celebrazione delle nostre diversità. È un’occasione per riflettere sul significato profondo di queste festività e per promuovere un mondo più inclusivo e tollerante.