«Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre». Il significato e l’importanza del Giorno della Memoria vengono perfettamente racchiusi in queste parole di Primo Levi della sua opera “Se questo è un uomo”, un invito non solo a ricordare ma a conoscere ciò che è accaduto per evitare di ripetere gli stessi errori. Questo 27 gennaio sarà l’80° anniversario dal giorno in cui il campo di Auschwitz venne liberato, mostrando per la prima volta al mondo intero gli orrori del genocidio nazista. Come la letteratura, il cinema può diventare un potente strumento di divulgazione per queste storie e per le testimonianze dei sopravvissuti, un medium in grado di rendere queste memorie storiche accessibili ad un pubblico sempre più vasto che può essere educato e sensibilizzato su argomenti come questo che purtroppo continuano a tormentare il nostro presente. Steven Spielberg, con i suoi lavori da regista e da produttore, ha usato le sue esperienze e il suo talento per trasformare alcuni dei suoi progetti in strumenti per la memoria collettiva. Nel 1993 dirige “Schindler’s list”, una delle opere cinematografiche più significative dedicate alla Shoah. Il film è basato sulla storia vera di Oskar Schindler, un industriale tedesco che inizialmente sfrutta la manodopera ebraica nei suoi stabilimenti per ottenere dei profitti ma con il tempo utilizza la sua posizione per salvare 1100 ebrei dalla deportazione nei campi. Il film ricerca una fedeltà storica sia nella trama che nello stile documentaristico, preferendo l’utilizzo del bianco e nero per la quasi totalità della pellicola, scelta dettata anche dalla volontà di non utilizzare colori per mostrare dolore e disperazione. Sono comunque presenti delle sequenze colorate come le scene iniziali e finali ambientate nel presente, il bagliore di speranza delle candele e il cappotto rosso della bambina che spicca sullo sfondo desaturato assumendo diversi valori simbolici e provocando ad ogni apparizione dei cambiamenti emotivi e psicologici nel protagonista. “Schindler’s list” non è stato l’unico lavoro di Spielberg riguardo questo tema, nel 2001 produce con Tom Hanks la miniserie “Band of Brothers” che segue le vicende della Easy Company, un’unità di paracadutisti americani durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel nono episodio si trova una delle rappresentazioni più toccanti dell’incontro tra i soldati e i campi di concentramento. Grazie ad un cambio di prospettiva, lo spettatore si trova faccia a faccia con la realtà ineluttabile dell’orrore umano visto attraverso gli occhi di chi ha scoperto per primo quelle atrocità. L’impegno di Spielberg verso questa memoria storica non si limita ai suoi lavori cinematografici, nel 1994 con i profitti di “Schindler’s list” fonda la ora chiamata USC Shoah Foundation, un’organizzazione che ha lo scopo di raccogliere testimonianze audiovisive dei sopravvissuti all’Olocausto ma anche ad altri genocidi, rendendole accessibili a fini educativi in tutto il mondo. Spielberg con le sue opere ci dimostra che l’audiovisivo può essere uno strumento di informazione e un invito a non dimenticare la storia. Tuttavia, guardando il passato, è impossibile ignorare che crimini contro l’umanità simili continuano ad accadere. Ricordare non diventa quindi solo un atto di giustizia verso le vittime ma una responsabilità collettiva per impedire a questi soprusi di ripetersi.
Ricordare per non ripetere
L’Olocausto raccontato da Spielberg
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