Gentilissimo Ministro Valditara (“Magnifico” l’ho sempre gelosamente riservato per il Rettore della mia Università…),
Le scrivo in merito al suo intervento durante la presentazione alla Camera dei deputati della fondazione dedicata a Giulia Cecchettin, massacrata un anno fa dal suo ex ragazzo, nel corso del quale sottolineava “la fine giuridica” del patriarcato in Italia, quasi a giustificazione morale per l’universo maschile della nostra società.
È vero, Ministro, Lei precisa anche che «ci sono ancora residui di maschilismo, di machismo, che vanno combattuti e che portano a considerare la donna come un oggetto», spostando però l’attenzione sulle influenze profondamente negative in tale merito legate alla diffusa immigrazione illegale.
Mi permetto di parlarLe come ex insegnante, ora in pensione, e ammetto che forse proprio per questo motivo lo faccio a cuor leggero sapendo di non rischiare sanzioni o sospensioni come è accaduto, recentemente, ad alcuni miei “colleghi” che si sono permessi di criticarLa.
Vede, Egregio Valditara, pur rispettando totalmente il suo pensiero, mi permetto di consigliarle una presenza più diretta nel mondo della scuola, realtà in cui, quotidianamente, gli insegnanti si confrontano con i loro ragazzi, specchi indiscutibili della nostra società.
Scoprirebbe tante e mirabolanti verità, glielo assicuro.
Mi ricordo per esempio, era il 2001, una discussione con un mio allievo di seconda superiore.
Parlando con la classe, raccontai che nella mia famiglia ero io che cucinavo, regolarmente.
Fu a quel punto che notai l’espressione stupita di Mario (lo chiameremo così…)
“Ma dai, prof!”
“Perché ti stupisci Mario? A me piace e con mia moglie ci siamo divisi i compiti…”
“Sì, ho capito, ma a casa mia è mia mamma che fa da mangiare…”
“Certo, spesso è così, ma non è scontato.”
“No, no, è proprio diverso prof. Da noi mia mamma e mia sorella preparano pranzo per me e mio padre, ci servono e si siedono a tavola solo dopo che io e lui abbiamo finito…”
Fu una lunga discussione, quel giorno, con la classe di Mario, tutti italianissimi e di famiglie del ceto medio, e scoprii universi familliari molto “variegati” e anche difficilmente collegabili con l’immaginario sociale del nuovo millennio che si era appena spalancato di fronte a noi.
Vede Chiarissimo Ministro, è vero che la legge n.151 del 1975 abolì per norma il patriarcato in Italia, ma credere che abbia contestualmente cambiato di fatto una diffusa cultura maschilista è pura illusione.
Tanto varrebbe sbandierare l’abolizione della schiavitù nel mondo in virtù della Dichiarazione Universale dei Diritti umani del 1948, ignorando che ancora oggi più di 50 milioni di uomini e donne vivono su questa Terra in condizioni di schiavitù. E Le risparmio, Eccellentissimo, le migliaia di immigrati sfruttati nei nostri campi di raccolta di frutta e verdura e gli innumerevoli giovani rider italiani prevaricati economicamente, come schiavi, mentre pedalano affannati sulle loro biciclette.
Le assicuro, Illustrissimo, che parlando con i ragazzi ( Lei lo fa, vero?) capirebbe che il mondo in cui viviamo è ben diverso dall’immaginario.
Vuole dei dati?
A fronte dei 187 (!!!) atroci ed efferati femminicidi di questi ultimi quattro anni, sappia che:
In Italia i dati ISTAT mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale (quasi 1 donna su 3!). Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner.
nel 2023 le vittime di violenza sessuale sono state 6.062, di cui il 91% donne.
Nel 2006, secondo i dati Istat, il 96% delle donne non denunciava la violenza subita. Da allora di strada ne è stata compiuta in senso positivo, ma il dato statistico è comunque agghiacciante.
Secondo una recente indagine, poi, tra gli uomini sono ancora diffusissimi gli stereotipi dove i maschi devono mantenere la famiglia; la maternità è l’unica esperienza di autorealizzazione di una donna; il successo è più importante per l’uomo…
Sa perché mi rivolgo a Lei, Esimio? Perché la Scuola ha un ruolo enorme in questo percorso di educazione culturale che non può essere bypassato caricando di responsabilità ipotetiche influenze esterne alla nostra realtà sociale.
In questi ultimi anni si sta facendo un lavoro incredibile con le bambine, a partire da giocattoli, pubblicità, cartoni animati. Le stiamo accompagnando a essere protagoniste di un futuro diverso. Ma non stiamo facendo lo stesso con i ragazzi. Per loro i messaggi, i giochi, i libri, sono più o meno sempre gli stessi. Ci stiamo impegnando a potenziare le ragazze, ma non a decostruire l’immagine culturale della virilità.
Durante un suo intervento Ben Hurst, un educatore inglese sull’eguaglianza di genere, ha detto: “La verità è che i ragazzi non sono «fatti così». I ragazzi saranno ciò che insegneremo loro ad essere. Per questo dobbiamo parlarne. […] Gli uomini della mia famiglia non mi hanno mai detto che il patriarcato era uno schifo per tutti. […] Forse non avevano le parole per dirlo, oppure non lo avevano ancora capito. […] Dobbiamo parlare di come gli uomini possano sviluppare amicizie sane, sessuali o non sessuali, romantiche o non romantiche. Abbiamo bisogno di creare una nuova visione della mascolinità. Una visione nella quale possiamo dare agli uomini uno spazio per decostruire i loro messaggi problematici. Quelli che hanno appreso rispetto a cosa significhi essere un uomo. Gli uomini hanno bisogno di aiuto per scomporre e disimparare ciò che gli è stato insegnato.”
E la scuola deve essere in prima linea in questo percorso educativo.
Per questo motivo, Caro Ministro, nonché “uomo”, si assuma oneri e onori per una responsabilità che non può delegare a nessun nemico esterno immaginario.
Il problema è in noi e non si potrà mai risolvere per Decreto.