Per il primo articolo del nuovo anno il nostro notaio, il Dottor Gabriele Naddeo, ha deciso di porre alla nostra attenzione una sentenza e due ordinanze della Suprema Corte di Cassazione. La sentenza delucida come ci si debba comportare se si ha in animo di realizzare un campo da padel, sia ex novo o convertendo un campo da tennis. Per quanto concerne le due ordinanze, nella prima vengono chiariti punti relativi alla rendita vitalizia e nella seconda l’obiettivo viene centrato sui diritti di prelazione e riscatto nel mondo agrario. Buona lettura.
Edilizia ed urbanistica
Cassazione, sentenza 6 marzo 2024, n. 11999, sez. III penale
Edilizia – disciplina urbanistica: realizzazione di campo da “padel” – necessità del permesso di costruire – sussistenza – ragioni
Per la Corte di Cassazione la realizzazione di un campo da “padel”, così come la riconversione in esso di un campo da tennis, costituisce “nuova costruzione”. Ai fini della sua realizzazione, dunque, è necessario il previo rilascio del permesso di costruire, trattandosi di intervento edilizio che comporta una trasformazione significativa e permanente del territorio. (In motivazione, la Corte ha chiarito che la realizzazione dei campi da “padel”, diversamente da quella dei campi da calcio e da tennis, per la quale è sufficiente un mero movimento terra che non muta le originarie caratteristiche di permeabilità del suolo, necessita della posa in opera di un massetto di cemento sul quale allocare il tappeto in fibra sintetica e le barriere in vetro temperato).
Rendita vitalizia
Cassazione, ordinanza 26 marzo 2024, n. 8116, Sez. III civile
Rendita vitalizia (contratto di) – in genere (nozione, caratteri, distinzioni): alea – nozione – equivalenza del rischio – necessità – accertamento – criteri – mancanza dell’equivalenza – conseguenze – fattispecie
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione torna sul solco già tracciato in precedenza con altri provvedimenti in merito alla cosiddetta “equivalenza del rischio“: in altri termini, in tutti i casi di rendita vitalizia e, aggiungo io, di mantenimento, pur non potendosi conoscere l’entità della prestazione da eseguire da parte dei soggetti che dovranno versare la rendita, ovvero mantenere il beneficiario, la prestazione da eseguirsi da parte di costoro dovrà avere – secondo i criteri di cui più avanti – un valore approssimativamente vicino a quanto versato dal beneficiario. In tema di accertamento dell’alea nella rendita vitalizia, la cui mancanza, trattandosi di elemento essenziale del contratto, ne determina la nullità, è necessario verificare, sulla base delle pattuizioni negoziali, se sussisteva o meno tra le parti il requisito della “equivalenza del rischio”, cioè se al momento della conclusione del contratto era configurabile per il vitaliziato ed il vitaliziante un’uguale probabilità di guadagno o di perdita, dovendosi tenere conto, a tal fine, con riferimento alle prestazioni delle parti, sia dell’entità della rendita che della presumibile durata della stessa, in relazione alla possibilità di sopravvivenza del beneficiario; ne consegue che l’alea deve ritenersi mancante e, per l’effetto, nullo il contratto se, per l’età e le condizioni di salute del vitaliziato, già al momento del contratto era prefigurabile, con ragionevole certezza, il tempo del suo decesso e quindi possibile calcolare, per entrambe le parti, guadagni e perdite.
Prelazione agraria
Cassazione, ordinanza 9 aprile 2024, n. 9570, sez. III civile
Contratti agrari – diritto di prelazione e di riscatto – in genere: Concorso tra più titolari del diritto di prelazione e del conseguente diritto di riscatto agrario – Soluzione del conflitto ad opera del giudice – Insussistenza negli aspiranti dei titoli preferenziali ex art. 7 del d.lgs. n. 228 del 2001 – Criteri di scelta del contraente – Individuazione – C.d. libertà contrattuale – Esclusione – Maggiore o minore attitudine a concretare la finalità delle norme – Necessità – Fondamento
Per la Corte di Cassazione, in caso di più aventi diritto alla prelazione, va preferito chi – maggiormente – potrebbe realizzare l’ampliamento delle dimensioni territoriali dell’azienda diretto-coltivatrice che meglio realizzi le esigenze di ricomposizione fondiaria, di sviluppo aziendale e di costituzione di unità produttive efficienti sotto il profilo tecnico ed economico: per la Corte non vige né il principio di precedenza (ossia chi esercita il diritto per primo vince), né la possibilità per il venditore di scegliere chi preferire. Tutto questo vale, per la Corte, se nessuno degli aspiranti gode dei titoli preferenziali riconosciuti dall’art. 7 del d.lgs. n. 228 del 2001. Il giudice, pertanto, deve accordare prevalenza ad uno piuttosto che agli altri in base alla maggiore o minore attitudine a realizzare l’obiettivo per il quale la prelazione è stabilita, ossia l’arrotondamento della piccola proprietà contadina, prescindendo dalla priorità temporale dell’iniziativa dell’uno o dell’altro, e senza che possa trovare applicazione il criterio della libera scelta da parte del venditore, atteso che la norma citata non ha rivoluzionato i criteri già contenuti nell’art. 8 della l. n. 590 del 1965 e nell’art. 7 della l. n. 817 del 1971, ma ne ha introdotti altri, più moderni, lasciando immutati gli obiettivi del sistema della prelazione e del riscatto agrario.