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lunedì, Marzo 17, 2025

    Ha ancora senso fare il cacciatore?

    Un tema assai controverso

    La caccia. Da tempo mi frullavano in testa alcune domande su questo tema: ha ancora senso fare il cacciatore? Come si rapporta questa attività con la sensibilità attuale? Ha una funzione sociale utile? E altre ancora.
    Questi interrogativi nascevano dalla constatazione che la caccia, insieme alla raccolta di ciò che la natura offre, è stata la prima attività dell’uomo sin dalla preistoria: il primo strumento per procurarsi il cibo. Le migrazioni umane sono nate proprio seguendo i branchi delle potenziali prede. È stato questo il meccanismo che ha permesso a Homo sapiens di uscire, a più riprese, dall’Africa e colonizzare il mondo: noi.
    Solo un cacciatore poteva rispondere a queste domande. Dovevo contattarne uno. Il padre di un mio amico era stato un cacciatore appassionato fino a qualche tempo fa. Attraverso il mio amico Giovanni, ho preso contatto con suo padre. Ha smesso di cacciare a causa dell’età, ma ha accettato di dialogare con me. È una persona colta e disponibile.
    Lo chiameremo Cidonio, in omaggio a un personaggio dell’opera teatrale La cantata dei pastori, messa in scena a Napoli durante il Natale. In quest’opera Cidonio è il nome del cacciatore.
    Cidonio esordisce subito con una precisazione:
    “Io sono stato un vero cacciatore. Amo gli animali e l’ambiente. Noi cacciatori non dobbiamo essere confusi con i bracconieri. Quelli sono veri delinquenti, senza rispetto né per gli animali né per la natura. Capirai presto il senso di queste parole.”
    “Cidonio, come sei diventato cacciatore?”, gli chiedo.
    “È stata una passione di famiglia. Mi appassionai seguendo mio fratello, che iniziò a cacciare a 14 anni, con l’autorizzazione dei nostri genitori. La cosa che più mi affascinava era vedere come lavorava il cane. Cane e cacciatore devono vivere in simbiosi. Operavamo in un territorio ben definito: cacciatore, cane e territorio sono inscindibili.”
    “Senti, Cidonio, io sono qui per ascoltare e capire. Non so quasi nulla di caccia. Parla liberamente.”
    Riprende: “C’è un’altra precisazione importante: quando va a caccia, il cacciatore deve cercare di abbattere la preda al primo colpo. L’animale non deve soffrire. Altrimenti, bisogna rinunciare. Inoltre, il cacciatore deve conoscere perfettamente il territorio in cui opera. Questo è fondamentale.”
    Mentre parliamo, Cidonio riceve una telefonata da un selecontrollore. Mi spiega:
    “Si tratta di cacciatori autorizzati dalla provincia e addestrati con corsi specifici. Intervengono su segnalazioni, spesso per contenere i danni provocati dai cinghiali. È gente preparata e responsabile.”
    Riprende il discorso:
    “Ormai non vado più a caccia. Tuttavia, ogni uscita era una nuova avventura. Anche il cane lo sentiva e si eccitava. Quando ci trovavamo sul nostro territorio, riscoprivamo la nostra dimensione più autentica. Eravamo un tutt’uno con la natura. Si rinnovava la sfida ancestrale tra l’uomo, l’animale e la natura selvaggia. Non sono ammessi errori, e non è detto che il cacciatore abbia sempre la meglio. Spesso la preda ne esce vincitrice.”
    Ricorda un episodio.
    “Una volta un contadino mi disse: ‘Io sono d’accordo che il lupo ci sia e vada protetto, però bisogna sapere che può aggredire in certe condizioni. È nel suo istinto di predatore.’”
    Gli chiedo: “Ora, cosa ti manca, Cidonio, oltre alle uscite?”
    “Vuoi sapere la verità? Mi manca andare nelle scuole a spiegare le caratteristiche degli animali, come rapportarsi con loro, la natura e le varie specie botaniche. Parlavamo di come riconoscerle e tutelarle, di come uomo e natura interagiscano. Era molto bello e importante. Oggi non è più possibile. Ci sarebbero proteste, in nome di un malinteso rapporto uomo-natura. Chi spiega queste cose oggi? Forse il cacciatore è la figura più adatta. Gli animali selvatici hanno bisogno di un territorio adatto, non antropizzato. Il rapporto cacciatore-natura è stretto e simbiotico.”
    Aggiunge: “Oggi i cacciatori collaborano con le istituzioni nel censimento delle specie animali e vegetali. Durante la stagione delle nidiate, spesso in primavera, aiutano i cuccioli in difficoltà, spostandoli in aree sicure. Questo dimostra quanto il ruolo del cacciatore sia cambiato nel tempo. Non si limita più all’attività venatoria: oggi è anche un operatore ambientale.”
    Cidonio sottolinea l’importanza di una caccia consapevole.
    “La caccia è un’attività nobile e antichissima. Alcuni animali, come gli ungulati, sono ancora definiti selvaggina nobile. Certi incidenti con lupi o orsi avvengono perché molti pensano che l’uomo sia sempre cattivo e l’animale sempre buono. Si dimentica che i predatori difendono i loro territori. Entrando in un bosco, bisogna prendere le giuste precauzioni.”
    Cidonio conclude così:
    “La mia impressione è che molti abbiano perso il contatto con la natura, da dove veniamo. Natura e animali selvaggi sono il nostro archetipo primigenio. Non dobbiamo dimenticarlo. Il cacciatore fa parte di tutto questo.”
    La moglie di Cidonio ci offre un buon caffè. Continuiamo a parlare ancora un po’, con la promessa di rivederci. Esco da questo incontro arricchito.
    Questa è la testimonianza di un uomo che ha un profondo rispetto per la natura. Per giudicare, bisogna conoscere.
    In questi tempi moderni, dominati da una tecnologia sempre più invadente, ci sono ancora tribù, non solo in Africa, che vivono esclusivamente di caccia. Forse il vero problema è ripristinare un rapporto corretto con la natura, ricordandoci che è la nostra madre comune. Non è così?

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