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lunedì, Marzo 17, 2025

    Dio me l’ha data…


    Ho lasciato trascorrere alcune settimane (anche Sanremo) prima di commentare l’insediamento, l’incoronazione, dell’ “arancione a stelle e strisce” proprio nel luogo nel quale anni prima i suoi sudditi con tanto di corna sul capo entrarono con violenza per difendere il loro monarca.
    Sono stati graziati dal nuovo re degli Stati Uniti: quindi ciò che accadde può tranquillamente essere archiviato come una colorita manifestazione di sostegno al presidente.
    È difficile orientarsi dentro un panorama grottesco che mai avrei immaginato: gli atteggiamenti, le facce, i balletti di Trump e le espressioni di Elon Musk sono inquietanti.
    E il secondo conta e pesa più del primo.
    Vado a caso: Melania, col suo cappello che pure Jim Carrey (in “The Mask”) le invidia, si avvicina al suo padrone per il bacio di rito con ribrezzo ma con la consapevolezza che essere la first lady è cosa rara.
    L’istantanea che coglie insieme Zuckerberg, Bezos, Pichai e Musk che in gruppo valgono quanto il Pil dell’ Arabia Saudita mostra chiaramente quali siano le mani (gli artigli) in cui siamo finiti. Siamo, non “sono”, perché questa svolta statunitense in direzione di una destra acclamata verso una democrazia controllata, riguarda tutti.
    Siamo passati da un mondo gestito da politici a quello comandato dai più ricchi.
    La sera mentre ancora non avevo terminato di desinare l’autocrate poneva la propria firma alla pila di decreti e leggi che aveva promesso in campagna elettorale: ha fretta, vuole il bene della gente (la parola Popolo è scomparsa) e ripete in continuo il mantra “make america great again”.
    Lo hanno voluto sul trono proprio per quello, per aggiustare le cose, per mettere l’America al posto che merita. Di diritto, dice lui.
    A nulla, niente, sono valse le parole della vescova anglicana davanti al 47° presidente: “Abbia pietà di gay, transgender, migranti…la misericordia è la qualità dei leader”.
    Ma lui non lo è: lui è Fuhrer, è Duce, è Zar e a queste figure non si addice la comprensione, tantomeno la moralità; è la rappresentazione più lontana da un politico, infatti dopo quelle parole la religiosa è stata giudicata come una estremista di sinistra. Cominciamo bene: il potere non tollera commenti che possano mettere in dubbio il suo operato.
    Perché lo vuole Dio.
    E l’Altissimo lo ha dimostrato deviando quanto basta quella pallottola a luglio del 2024. Non troppo, perché un segno da mostrare come stigmate era necessario, altrettanto il rivolo di sangue: voluto da Dio. L’eletto, insomma.
    Ha detto cose simili anche il dittatore putin: dio è con noi, e “Gott mit uns”  era anche il motto del terzo reich nazista, così come “Dio me l’ha data guai a chi me la tocca” , frase pronunciata da Napoleone mentre lui stesso si poneva la corona sul capo.
    Questa sorta di benedizione divina a beneficio degli umani della peggior specie mi fa venire qualche dubbio: ogni volta che il male si presenta a noi, e accade praticamente da quando il primo ominide ha bastonato un proprio simile, Dio è colui che autorizza stragi, campi di concentramento, carceri disumane, deportazioni, fucilazioni, impiccagioni.
    Ognuno ne ha uno proprio ( ed è sempre il migliore) che consacra il compimento di qualsiasi barbarie.
    Ma è il nuovo corso, peggiore di altri perché i personaggi citati poco fa, non sono ricchi miliardari che finanziano i candidati alla presidenza, ma sono ormai parte integrante di un governo, altro che il sogno americano.
    Prima di oggi una cosa simile non si era mai vista. O meglio, oggi è palese, evidente.
    E in nome di Dio si prenderà Panama, la Groenlandia, il Canada, anche Gaza e al diavolo i trattati sul clima, sull’ecologia e il rispetto dell’ambiente e col russo, ormai vassallo della Cina, metterà forse fine alla guerra. Se il dopo sarà peggio della guerra stessa lo vedremo: si spartiranno l’Ucraina come due predatori.
    Ma come abbiamo fatto ad arrivare a desiderare questo? Il leader parla alla pancia, vuota, come la testa di coloro che lo hanno voluto per la seconda volta.
    Voluto anche qui da noi, da gente giovane che usa poche centinaia di vocaboli, non legge, rimbambita dai social e da una tv che propone spazzatura, in una società dove l’ignoranza è un valore.

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    Luciano Simonetti
    Luciano Simonetti
    Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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