Eccolo il futuro prossimo. È incarnato dal dealmaking di Trump, dall’ottica brutale del bieco affarista assurto alla Casa Bianca che adesso si diverte a “dare le carte”, a disegnare il nuovo ordine mondiale. La diplomazia, così come l’ha sempre intesa il nostro millenario sistema occidentale? ‘ Na roba da museo.
Gli eventuali accordi politici si fanno solo nell’ottica del fare affari, imponendo una nuova estensione della “pax romana”: volete la pace?, pagate e compratevela. Finiscono qui e così ottant’anni di storia, in attesa di una nuova Yalta, dove nell’immaginario trumpiano, possano essere ridisegnate le nuove zone d’influenza. L’ombrello statunitense sull’Europa? Chiuso.
Cosa potremmo mai pretendere noi Europei, padri di troppe regole e figli d’una storia che non interessa più? Il messaggio chiaro e mercantile è secco: arrangiatevi, abbiamo già dato. Cosa faremo se, dopo aver schiantato l’Ucraina, Putin mostrerà i canini provando a riprendersi ciò che ritiene suo?
L’unico a pensare che Mad Vlad sia buono è quello che strizza l’occhio un po’ a ovest e un po’ a est, pensando di essere il più furbo di tutti e che a breve spera di essere ricompensato per aver indossato al momento giusto una cravatta rossa o una t-shirt inneggiante. Basterebbe una favoletta per conoscere, ma bisognerebbe capire, e non sembra nelle sue corde.
Eppure già Esopo nella favola “La parte del leone”, favola poi ripresa nell’antica Roma anche da Fedro, così ci ammoniva: si racconta che un giorno una mucca, una capra e una pecora fecero un’alleanza con il leone, perché speravano di trarne vantaggio nella caccia. Insieme catturarono un cervo di grandi proporzioni. Il leone fece quattro parti e poi disse ai suoi alleati: «La prima parte la prendo io, perché sono il re; mi darete la seconda perché sono uno dei soci; la terza mi spetta perché sono il più forte; capiterà un grosso guaio poi a chi oserà toccare la quarta». E così il prepotente leone prese per sé tutte le quattro parti. I tre deboli alleati, invece, dal momento che non osavano replicare di fronte alla forza del leone, rimasero a bocca asciutta.
Non è una bella cosa che in questo momento sia solo la voce del nostro Presidente Sergio Mattarella a levarsi per rimarcare ciò che dev’essere ricordato e mai dimenticato: chi sia la vittima e chi il carnefice. Per ora sembriamo vivere d’ambiguità nella speranza di farla franca ancora una volta. Del resto, siamo o non siamo quelli che non hanno mai finito una guerra se non rinnegando in corso d’opera la parte che c’eravamo scelti come iniziale alleata?
Vero è che in uno scacchiere così fluido e in totale divenire, governato da smargiassate, non è facile scegliere. A volte è meglio rimanere allineati e coperti, ma così rischiamo l’irrilevanza e un’ennesima acclarata scarsa affidabilità.
Trump farà di tutto per tenerci faccia a terra sotto il peso dei suoi garretti e Putin continuerà a cercare di metterci paura. Provare a compiacerli, fino a mettere in dubbio il sistema che ci ha permesso di vivere di progresso e prosperità per otto decenni, sarebbe pernicioso.
Per tanto consunta possa ormai essere l’idea d’Europa, questa va difesa con le unghie e con i denti.
Per battere quella brutta bestia che è il “ trumpismo” ci sono due strade: attendere inani che passi “ ‘a nuttata”, o continuare a professare un’idea forte e comunitaria.
Vendere l’anima per viltà o bieca convenienza non è mai un grande affare.
Pur soli e impauriti dobbiamo trovare quello che oggi manca più d’ogni altra cosa: il coraggio delle scelte.