Pino Pascali
Primo piano labbra, 1964
Tela smaltata tensionata su struttura lignea con
camere d’aria, 165x165x30 cm
Mentre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (GNAM) di Roma è in corso la mostra “Il tempo del Futurismo”, allestimento la cui ampiezza ha richiesto notevoli spazi, presso le Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino si può visitare l’esposizione “1950-1970. La grande arte italiana” curata da Renata Cristina Mazzantini (Direttrice della GNAM) con Luca Massimo Barbero e realizzata grazie a Mario Turetta (Capo Dipartimento per le Attività Culturali del Ministero della Cultura e Direttore delegato dei Musei Reali di Torino). 79 opere provenienti dalla Galleria di Roma, espressione di 21 autori di rilievo nell’arte in Italia, si susseguono lungo 12 sale tematiche e sono raccolte nel catalogo -a cura di Barbero e Mazzantini (Ed. Moebius)- i cui testi sono a firma dei curatori, di Bruno Corà e Francesco Tedeschi; le prefazioni si devono ad Alessandro Giuli -Ministro della Cultura-, Iole Siena -Presidente Arthemisia- e Mario Turetta.
Tra il 1941 e il 1975, la Direttrice della GNAM Palma Bucarelli seppe individuare innovativi artisti e acquisì numerose loro creazioni nella Collezione del museo; a fine anni Cinquanta si sviluppava altresì nel Paese un intenso dibattito intellettuale fra “astrattisti” e “realisti” che coinvolse finanche il Parlamento. A Torino inoltre nel 1959 s’inauguravano sia la mostra “Arte Nuova”, curata da Michel Tapié, presso il Circolo degli Artisti, sia la Galleria Civica d’Arte Moderna, progettata dagli architetti Carlo Bassi e Goffredo Boschetti.
Nelle Sale Chiablese sono esposte alcune opere realizzate durante il vivace trentennio e appartenenti alla ricca Collezione romana, che verrà riallestita nella prossima primavera.
Inizialmente s’incontra l’inconfondibile segno attraverso cui Giuseppe Capogrossi, figurativo negli anni Trenta, modula i dipinti dopo il 1948.
Gli anni Cinquanta costituiscono il tema successivo: la tecnologia assume un fondamentale ruolo nell’Italia post-bellica della ricostruzione e artisti tra cui Ettore Colla (che fonda nel 1950 il “Gruppo Origine” insieme a Burri, Capogrossi e Ballocco) e Bice Lazzari ne colgono i rapporti con la cultura umanistica, proponendo l’utilizzo creativo di scarti industriali.
Afro Basaldella negli anni Cinquanta si volge dalla pittura neocubista a un “lirismo astratto” che attraverso velature evoca immagini (“Ombra bruciata”) ma negli anni Sessanta l’autore predilige la componente gestuale (“Il castello”) mentre nel decennio seguente lo stile diviene maggiormente nitido (“Grande Ocra”).
Nel 1947, fra i sottoscrittori del gruppo Forma 1 –che aspirava alla convergenza di impegno politico e astrattismo-, accanto a Giulio Turcato e Carla Accardi compare Piero Dorazio: “Natura morta” dà avvio all’evoluzione che condurrà il pittore verso “Phantazo” (1972), collage composto da strisce di tela dai colori accesi.
Lucio Fontana apre il dipinto a ulteriori infinite dimensioni e pratica nelle tele ora fori, ora tagli.
Combustioni, tracce e segni su legno, ferro, juta, catrame, plastiche, cellotex e materiali vinilici sono invece il mezzo artistico utilizzato da Alberto Burri.
Mimmo Rotella aderisce al Nouveau Réalisme (1960-1970), contraltare europeo polemico e dissacratorio alla Pop Art americana: il movimento invoca un ritorno alla realtà attraverso l’uso di oggetti rigettati dai consumi di massa. L’autore lacera manifesti pubblicitari, ricomponendo immagini (“Mitologia 3”) che, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, gli artisti traggono da televisione, cinema, quotidiani e riviste.
Carla Accardi sperimenta i principi geometrizzanti del Movimento Arte Concreta e quindi si avvicina all’Arte Povera, opponendosi all’astrazione lirica.
Se Toti Scialoja pone in connessione gestualità e automatismo, Gastone Novelli introduce nella sua pittura scritte e segni, mentre Giulio Turcato scopre materiali non convenzionali e oggetti comuni (“Composizione con tranquillanti”).
Piero Manzoni negli “Achrome” si concentra sulla materia priva di colore e nega qualsiasi espressione soggettiva.
“I visitatori” e “Un giovanotto” di Michelangelo Pistoletto, artista tra gli esponenti più noti dell’Arte Povera, invitano alla riflessione sul contrasto fra la staticità della pittura e il continuo mutare della realtà circostante.
Emilio Isgrò, famoso per le “cancellature” (“Enciclopedia Treccani. Vol. XXXII, Apparizioni”) analizza le relazioni tra testo e immagine e richiama i metodi persuasivi dei mezzi d’informazione (“Volkswagen nera in campo neutro”).
I cartelloni pubblicitari sono altresì fonte d’ispirazione per Mario Schifano, che riproduce la modalità comunicativa emotivamente asettica dei “media” durante la trasmissione di drammatiche notizie (“Incidente D662”).
Infine, le opere di Pino Pascali -scomparso nel 1968 a soli trentatré anni- affrontano temi quali le immagini proposte da cinema e televisione (“Primo piano labbra”) e inoltre evidenziano il rapporto tra rappresentazione, natura, mitologia e materiali industriali (“Bachi da setola”, “Ricostruzione del dinosauro”).
La mostra offre dunque una ricercata selezione di opere e suscita l’interesse di conoscere la prestigiosa ed eterogenea Collezione della GNAM.
Mimmo Rotella
Senza titolo, 1962
Décollage, 64×54,5 cm
© Rotella Mimmo, by SIAE 2024