TikTok, Instagram, Discord, Reddit. Il nuovo mondo degli adolescenti si muove su questi canali, e in essi idee, sfide, teorie e informazioni trovano terreno fertile per diffondersi, indipendentemente dal messaggio o dal valore che portano, positivo o negativo che sia. Fin dalla sua uscita sulla piattaforma Netflix, “Adolescence” è diventata un fenomeno globale, conquistando pubblico e critica. Con soli quattro episodi, si propone come uno specchio delle inquietudini dell’adolescenza nell’era digitale. Un crime drama che segue l’arresto, le investigazioni, le analisi psicologiche e le conseguenze emotive e familiari dopo l’accoltellamento di una ragazza, Katie, da parte di Jamie, un suo compagno di classe tredicenne. La serie non è né un documentario né un poliziesco. Stephen Graham, co-sceneggiatore e attore nei panni del padre di Jamie, l’ha ideata con Jack Thorne a seguito delle percentuali crescenti di crimini misogini in Inghilterra. Insieme hanno scelto di non raccontare un caso specifico ma unire elementi di più eventi reali, facendo di Katie una rappresentazione simbolica di tutte le vittime. Nonostante il tempo limitato dettato dai 4 episodi, vengono trattate le diverse cause che hanno portato alla realizzazione di questo tremendo crimine. Oltre a una critica al sistema scolastico, la serie mette in luce alcune ideologie pericolose che negli ultimi anni si sono diffuse online all’interno della “manosphere”, promosse da figure come Andrew Tate, citato anche nella serie. Vengono portati alla luce i contenuti “red pill”, ispirati dalla pillola rossa di Matrix che permette di vedere la verità dietro la realtà che li circonda, che idealizzano un certo tipo di mascolinità e una convinzione che la cultura progressista abbia sviluppato solo odio nei confronti degli uomini. Nella serie sentiamo parlare di cultura “incel”, ovvero del celibe involontario, e della regola 80-20, basata sul principio di Pareto, che predica che l’80% delle donne sia attratto al 20% degli uomini scelti secondo la teoria LMS (Look-Money-Status). Queste teorie che riducono le donne a stereotipi di “viziate schizzinose arrampicatrici sociali che se la sono cercata” sono ampiamente diffuse online e spesso si intrecciano con le ideologie di movimenti di estrema destra contribuendo alla loro circolazione. ”Adolescence” diventa quindi una dimostrazione del divario che si sta creando tra i genitori e i loro figli adolescenti in questa era sempre più digitale, presentandosi come un commentario sociale. Ad aiutare il successo della serie sono state le prestazioni attoriali del cast, in particolare quelle di Stephen Graham, del giovane Owen Cooper nella sua prima apparizione televisiva e di Erin Doherty; ma anche lo stile di regia di Philip Barantini. Ogni episodio è stato girato in piano sequenza, senza tagli. Gli attori si muovono tra le scenografie in una coreografia precisa che non lascia spazio ad errori, seguiti da operatori che registrano con una DJI Ronin 4D, scelta dal direttore della fotografia Matthew Lewis, per permettere movimenti di camera fluidi senza essere d’ingombro nella scena. Ciò crea un’esperienza immersiva che porta lo spettatore a sentirsi intrappolato in quelle dinamiche tanto quanto i personaggi stessi in una spirale di sensi di colpa e vergogna. Grazie a questi elementi, “Adolescence” diventa un punto di partenza per un dibattito necessario, che costringe genitori, educatori e giovani a riflettere sulle insidie del nuovo mondo digitale.
