I membri del gruppo dei Battuti sono convinti di aver vissuto un’esperienza bella e importante, anche se faticosa e impegnativa. Questa vicenda nacque agli inizi degli Anni 2000, come spesso succede, quasi per caso. È stata un’avventura entusiasmante che dura da più di vent’anni.
Gli anni passano e nuove domande incombono, impietose. Da un po’ di tempo un interrogativo aleggiava tra noi, ineludibile: “Noi abbiamo ancora voglia”, riflettevamo, “tuttavia gli anni passano e noi, fatta qualche eccezione, abbiamo tutti una certa età che lascia poco spazio alla fantasia. Quindi, cosa capiterà dopo di noi, visto che siamo anche pochi ormai ?”
Decidiamo di porre il quesito al Don per esplorare una possibile soluzione che garantisca continuità. Chi scrive e Giancarlo Ameglio vengono incaricati della missione.
Da quell’incontro scaturisce l’idea, di don Alessandro, di tentare la costituzione di un organismo che si occupi della valorizzazione, del recupero e di un certo tipo di utilizzo, compatibile con la loro natura, delle chiese casellesi: San Giovanni, Santa Maria e Battuti. Senza dimenticare le altre realtà, aggiungiamo noi.
In queste brevi e sintetiche note ripercorriamo gli aspetti essenziali della vicenda Battuti. Siamo agli inizi degli Anni 2000 quando nasce, quasi per caso, questo percorso.
Prima di procedere, bisogna fare un’opportuna precisazione. In quegli stessi anni, altri due progetti stavano iniziando a realizzare ambiziosi traguardi: la Madonnina e la borgata Sant’Anna, due importanti realtà del territorio in cui sono presenti significative testimonianze e opere d’arte.
Inoltre, è opportuno ricordare che nei decenni precedenti erano stati compiuti importanti interventi in Santa Maria, ai Battuti, con ripristini architettonici, e i Lions avevano promosso il restauro della pala del Defendente.
Queste vicende ci dicono che a Caselle non siamo all’Anno Zero. Sicuramente ci sono ritardi da recuperare, anche in ambiti diversi da quelli del patrimonio ecclesiastico.
Le esperienze pregresse sono un punto da cui ripartire. Perché? Quei percorsi furono possibili perché dei casellesi avevano gettato il cuore oltre l’ostacolo. Ci si rimboccò le maniche e si cominciò a lavorare, sporcandosi davvero le mani. Una lezione di cui tener conto.
In quegli anni, il gruppo dei Battuti ruotava intorno a Giovanni Aghemo, che garantiva la presenza di questa importante istituzione nella vita della città. La chiesa era sempre aperta. Vorrei ricordare qui alcune persone che nel corso degli anni sono state costantemente presenti. Mi scuso per eventuali dimenticanze: Maurizio Baracco, Mario Ballari, Umberto Di Lorenzo, Mauro Pregnolato, Antonio Di Lecce, Giuseppe Cipriani, Giancarlo Ameglio, Mara Milanesio, Enzo Amici, Pierangelo Schiavon, Pasquale Agrippino, Orlando Anile. Più altre presenze occasionali. Purtroppo alcuni non sono più tra noi.
Come abbiamo già detto, le avventure, spesso, nascono per caso. Eravamo nei Battuti, io e Aghemo. Guardavamo sconsolati le opere: i quadri erano davvero mal messi. Tuttavia, era tutto l’apparato decorativo, organo compreso, a presentarsi in una situazione demoralizzante.
“Che fare, cosa possiamo fare?”, disse Giovanni. Lo ricordo come fosse ora.
“Semplice,” dissi, “cominciamo dall’inizio. Chiediamo un preventivo per capire di che morte dobbiamo morire.” Testuale. Ovviamente chiedemmo e ottenemmo il consenso del Don.
Ci mettemmo in contatto con la signora Calza di Ciriè, responsabile organizzativa dello studio di restauro Rocca di Balangero. Le chiedemmo un preventivo per il restauro delle quattro tele. Tuttavia, nessuno di noi aveva conoscenze o esperienza su come si prepara la documentazione da presentare in Curia e alla Soprintendenza. Anche in questo caso, i consigli della Calza si rivelarono preziosi.
Ben presto la pratica fu pronta e inoltrata agli enti interessati. Nel giro di qualche mese arrivò l’autorizzazione a procedere con i restauri.
Già, i lavori potevano iniziare. Domanda: con quali soldi, visto che in cassa non c’era nulla?
Non ci perdemmo d’animo. Pregnolato fu incaricato di preparare dei biglietti da sottoscrizione per dar vita a una raccolta fondi, senza premi ovviamente.
Con un po’ di faccia tosta e la collaborazione dei casellesi mettemmo insieme i fondi necessari al restauro de “La Madonna dei Battuti”. Ci furono cittadini che portarono spontaneamente la loro offerta. Non vollero nemmeno la ricevuta, dicendo: “Ci fidiamo di voi, andiamo avanti.” Anche l’Amministrazione collaborò.
Precisazione importante: le varie Amministrazioni che si sono succedute non hanno mai fatto mancare il sostegno, in varie forme.
Il restauro di quest’opera ci restituì un quadro sorprendente sotto molti punti di vista. Molti dettagli diventarono leggibili; l’eliminazione delle sovrapitture consentì di ridefinire il messaggio dell’opera. Era possibile collocare con precisione il quadro nella storia dei Battuti.
Fu l’inizio di un percorso vorticoso. Nel giro di pochi anni riuscimmo a restaurare tutte le tele. Facemmo tutto da soli, noi dei Battuti? Ovviamente no.
Il gruppo Alpini di Caselle ci consegnò il ricavato di una delle loro mitiche “bagna cauda”. Questo contributo ci permise di completare l’importo necessario a restaurare “Il Martirio di S. Orsola”, un’opera splendida e importante sotto molti aspetti. Inoltre, gli stessi Alpini si impegnarono a realizzare il ponteggio necessario al restauro della pala d’altare “La Gloria della Croce”. Il risparmio sul costo del ponteggio si rivelò successivamente importante.
Il restauro di questa pala d’altare era il più costoso, poiché comprendeva sia la tela che la scenografica cornice. Arrivò una telefonata provvidenziale: la ditta ICEP, guidata da Beppe Vigna, si offriva di restaurare l’opera in memoria dell’ingegner Mattiotto, assieme ai congiunti dell’ingegnere stesso. Vogliamo qui ricordare Beppe, che da poco ci ha lasciati. Beppe e sua moglie Olga ci sono stati vicini in più occasioni. Come tanti altri. Gigi Manina, ad esempio.
Questi provvidenziali risparmi giunsero come il cacio sui maccheroni. Utilizzammo questi fondi per ripulire la facciata, che era davvero molto sporca. Inoltre, riuscimmo a integrare molte lacune della muratura. La facciata acquistò nuova luce.
Grazie alla sensibilità delle Amministrazioni e alle possibilità offerte dalla legge regionale 15, fu possibile montare un impianto antivolatili e fare diversi lavori al tetto e al campanile.
Venne poi la straordinaria vicenda dell’organo Concone. Una scommessa vinta, nonostante lo scetticismo di molti. Un altro pregevole patrimonio tornò a nuova vita.
Accanto a questi interventi, nel corso degli anni, abbiamo promosso molte iniziative culturali di vario tipo, grazie alla disponibilità di artisti e gruppi, cercando di andare oltre il semplice intrattenimento. Un solo esempio: il programma realizzato in occasione delle finali PGS in collaborazione con la Don Bosco.
Questo è stato il nostro percorso, descritto in una sintesi ridotta all’osso. Noi dei Battuti siamo convinti di essere andati oltre i nostri limiti. Perché è stato possibile? Due sono le risposte possibili: abbiamo avuto la fortuna di operare in un periodo molto favorevole sotto molti aspetti e, soprattutto, il nostro era, ed è, un insieme di persone semplici, provenienti dagli stessi strati sociali. Gente conscia dei propri limiti. Un gruppo orizzontale. Tra di noi non ci sono mai stati VIP. Siamo tutti NIP, no important person, come ironizzava Patrizio Roversi con la moglie Syusy Blady.
Questa soluzione era, ed è, funzionale a una realtà circoscritta come i Battuti. Ora bisogna alzare la posta e le ambizioni. Accettiamo questa nuova sfida con umiltà, rimboccandoci ancora le maniche. Bisogna mettersi al servizio della città senza grilli per la testa.
Quello che abbiamo sempre fatto ai Battuti.
Battuti, un’esperienza irripetibile
Negli ultimi decenni la Confraternita ha ottenuto risultati incredibili
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