“È un bambino con l’argento vivo addosso!”, con questa frase un tempo venivano descritti i bambini che oggi hanno una diagnosi di sindrome da deficit di attenzione e iperattività, nota con la sigla ADHD.
In questo articolo mi riferirò al maschile con il termine bambino, perché l’ADHD è presente nei maschi quattro volte rispetto alle femmine.
Un bambino iperattivo, come farebbe intendere il nome, ha caratteristiche quali difficoltà nel dormire, a concentrarsi, sembra essere sempre agitato. Tutto ciò mette a dura prova chi si occupa di lui. Questa inquietudine può essere notata già dai primi giorni di vita. Può essere difficile l’allattamento al seno perché sono neonati con i muscoli della bocca che faticano, sbavano molto e hanno maggiore vulnerabilità di stomaco ed intestino.
I genitori sono stressati per la fatica a seguire un bambino ADHD, tanto che possono perdere il controllo per poi sentirsi in colpa. Stremati, urlano per farsi ascoltare, possono scappare schiaffi e sculaccioni per l’esasperazione di non essere ubbiditi. Questo bambino è a maggior rischio di incorrere in incidenti importanti. Alla scuola materna, le insegnanti sanno che se lo perdono di vista potrebbero trovarlo un istante dopo in una situazione di pericolo, a esempio in piedi su un davanzale. Nelle femmine l’ADHD è meno presente, si manifesta non tanto con l’iperattività ma più con la disattenzione. Sono bambine che parlano tanto, sembrano sempre “con la testa tra le nuvole”, poco presenti, e hanno difficoltà a stringere delle amicizie per il loro modo di fare.
Andando alla scuola primaria i problemi diventano ancora più grandi, perché i bambini ADHD faticano a concentrarsi, non riescono a stare seduti al banco tante ore, perdono il materiale scolastico e spesso faticano a socializzare. Sono simpatici ed empatici, ma richiedono un’attenzione esclusiva, continuano a ricercare un amico e gli chiedono di stargli sempre accanto, parlano molto, interrompono. Le insegnanti sentono lo stress di avere un alunno che richiede tanta attenzione. Sovente sono bambini vittime di bullismo. Il disagio può essere tanto da portare una fobia scolare, e così si iniziano a fare troppe assenza per l’ansia legata al frequentare. A volte si decide di cambiare scuola, pensando che un nuovo ambiente possa aiutare, ma spesso non è la soluzione al problema. I genitori perdono la pazienza quando è ora di fare i compiti perché il loro figlio pare essere non motivato nell’eseguirli. La situazione di tensione può portare a conflitti tra i genitori, che non si trovano d’accordo su quale metodo educativo utilizzare con un bambino così complicato. Possono provare imbarazzo per non riuscire a gestirlo. Un bambino ADHD non è sempre agitato o disattento, in quanto se qualcosa cattura la sua attenzione, riesce ad essere completamente focalizzato sul compito, a esempio quando gioca ai videogiochi oppure gli si parla vis a vis.
Terminata l’infanzia, il problema però non è risolto perché l’ADHD è un modo di essere. Così in adolescenza l’agitazione motoria lascia lo spazio all’impulsività: il bambino diventa un ragazzo che provoca, accende discussioni, risponde male, anche ai professori se lo ritiene. I genitori si scontrano quotidianamente con lui, ci possono essere liti infuocate anche con i fratelli. Non è facile integrarsi nella classe e avere amici, perché l’impulsività può portare a comportamenti poco graditi socialmente, come fare battute inopportune, parlare senza lasciare spazio agli altri, interrompere le conversazioni.
Diventati adulti, con tutte le difficoltà descritte, non è certo facile, perché si ha la sensazione di essere diversi dagli altri, a volte di non essere accettati. Da adulti si sente la fatica di soddisfare le richieste lavorative e sentimentali. È complicato organizzarsi, si dimenticano gli impegni, a volte non si sa gestire in modo adeguato il denaro e se ne spende troppo. A questa età ora è il partner a sentire la stanchezza di sopperire alle mancanze del compagno, a ricordargli quotidianamente gli impegni e le scadenze. Gli adulti ADHD consapevoli delle proprie difficoltà possono sviluppare ansia, depressione o disturbi ossessivi legati al bisogno di avere il controllo sulla quotidianità. La necessità di spegnere il cervello può portare ad avere delle dipendenze.
Nel caso dell’ADHD è fondamentale una diagnosi precoce, non perché l’ADHD sia una malattia da curare, ma perché è un modo di essere che, se compreso in tempo, consente di incanalare la propria energia in attività di successo. Gli ADHD hanno grande empatia e competenze sociali elevate, non sentono la paura, se supportati si caricano di sfide enormi e hanno successo nella vita. Il rischio è lasciarsi guidare dalle scariche di energia che, se usate male, possono portare a fare investimenti sbagliati in ambiti infruttuosi per poi abbandonarli e rilanciarsi anima e corpo in un’altra attività senza progettare prima.
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