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domenica, Maggio 25, 2025

    Un condominio chiamato Europa


    Quelli che hanno vissuto parte della loro vita in condominio, sanno che comporta uno spirito di sopportazione. Ci si trova a convivere, a utilizzare spazi comuni, abitudini, con il pacifico e l’aggressivo, con l’educato e quello molto meno; non si può scegliere i nostri vicini, e spesso la sopportazione sfocia in conflitto. Un conflitto che vede prevalere quello che è più prepotente o quello che avvalendosi di una quota di proprietà maggiore può determinare le decisioni. Questa premessa per dire che mi sembra abbastanza calzante paragonare a un condominio l’insieme dei 27 Stati che, al momento, costituiscono l’Unione Europea. Ciascuno di loro possiede una quota di proprietà di peso diverso, di un edificio ristrutturato, benché possa vantare fondamenta molto antiche. Un edificio dall’aspetto insolito, che mostra evidenti segni di “assemblaggio forzato” come se strutture poco omogenee fossero state saldate a mala pena per stare insieme. Altra questione assolutamente non trascurabile è l’idioma; provate ad immaginare 27 condòmini che si esprimono ciascuno con la propria lingua. A Babilonia da qualche anno sono cadute le rigide barriere di confine, ora è relativamente facile, possedendo un documento valido, transitare da uno all’altro dei 27 luoghi. Ma, esistono ancora barriere ideologiche, gusti, costumi, religioni diverse e soprattutto una sopita tendenza alla conflittualità interna ed esterna. Dopo l’apocalisse dei due conflitti mondiali, in Europa sembrava tramontata l’era dei conflitti armati. Nel dopoguerra si concretizzò un’idea europeista di ispirazione confederale, orientata verso graduali forme di cooperazione, non solo economica, fra le nazioni sovrane. Ma l’Unione Europea è l’arena ideale della guerra economica tra gli Stati membri, e non solo. Perché vi sia questa guerra economica c’è bisogno della frammentazione e dell’assenza di solidarietà tra i cittadini europei. Nel 1979 si fecero due passi importanti: l’istituzione del sistema monetario europeo (SME) al fine di stabilizzare i cambi delle valute e nello stesso anno venne approvata l’elezione diretta dei parlamentari europei. Occorre poi attendere il 1992 per la firma del trattato di Maastricht, istitutivo dell’Unione Europea, così com’è ora. Quell’anno, tra i provvedimenti più significativi vi fu l’intenzione di adottare una moneta comune per tutti gli Stati. Ma, l’Euro in tasca l’abbiamo avuto soltanto il 1° gennaio del 2002. Ora, dopo tutti questi anni di relativa pace (salvo la parentesi ex Jugoslavia) tutti sanno che tira una brutta aria. Le priorità dell’UE per il periodo 2024-2029 sono: promuovere un’Europa libera e democratica, sviluppare un’Europa forte e sicura, creare un’Europa prospera e competitiva. Queste belle parole, purtroppo, si concretizzano soprattutto in forti investimenti per il settore militare, per competere con le grandi potenze nucleari. Tutte le volte che i politicanti hanno sostenuto l’idea dell’unione degli Stati europei, l’hanno fatto rivolgendola, esplicitamente o implicitamente, contro il “pericolo giallo”, il “continente nero”, le “razze inferiori”, ed ora contro la vicina Russia. Quando si ha intenzione di fare la guerra, è indispensabile, qualora non esistesse, crearsi un nemico. Il sistema che funziona ovunque per convincere l’opinione pubblica si chiama propaganda. Una propaganda becera che contiene sempre soltanto una minima parte di verità. Se il consenso alla guerra può con tanta facilità diventare maggioritario, occorre intervenire per allargare una solida base di disposizione alla pace ed alla convivenza, disintossicando cuori e cervelli. Se è giusto fare tutto il possibile per fermare aggressioni, ingiustizie e soprusi, a partire dal chiamarli per il loro nome e identificarli come tali, non mi sembra invece né giusta, né risolutiva l’idea di farne derivare con una sorta di automatismo la sanzione bellica. La guerra comunque, coi mezzi di oggi ancor più di ieri, è una sconfitta dell’umanità, che finisce per provocare mali maggiori di quelli che pretende di curare. I vertici europei divisi su tutto, tranne che sulla retorica bellicista, hanno velocemente sepolto il sogno di pace dei padri fondatori di una Europa unita e pacifica, facendo propria la locuzione “Se vuoi la pace, prepara la guerra”. Una corsa al riarmo (pardon, prontezza) in una prospettiva di nuovi e più devastanti conflitti armati. Uno scenario vantaggioso solo per l’industria militare europea e statunitense; quello che le porta più ordinativi, più profitti e la fa volare in borsa. L’amministratrice del “condominio” ha preso una decisione; l’assemblea dei condòmini, pur con molti distinguo ha approvato, e gli oltre 700 milioni di esseri umani che vi risiedono debbono subire e tacere, per non essere etichettati come partigiani. Termine che si vuol cancellare dal dizionario.

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    Ernesto Scalco
    Ernesto Scalco
    Sono nato a Caselle Torinese, il 14/08/1945. Sposato con Ida Brachet, 2 figli, 2 nipoti. Titolo di studio: Perito industriale, conseguito pr. Ist. A. Avogadro di Torino Come attività lavorativa principale per 36 anni ho svolto Analisi del processo industriale, in diverse aziende elettro- meccaniche. Dal 1980, responsabile del suddetto servizio in aziende diverse. Dal '98 pensionato. Interessi: ambiente, pace e solidarietà, diritti umani Volontariato: Dal 1990, attivista in Amnesty International; dal 2017 responsabile del gruppo locale A.I. per Ciriè e Comuni To. nord. Dal 1993, propone a "Cose nostre" la pubblicazione di articoli su temi di carattere ambientale, sociale, culturale. Dal 1997 al 2013, organizzatore e gestore dell'accoglienza temporanea di altrettanti gruppi di bimbi di "Chernobyl". Dal 2001 attivista in Emergency, sezione di Torino, membro del gruppo che si reca, su richiesta, nelle scuole.

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