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martedì, Luglio 8, 2025

    Pepe Mujica: “Io non sono povero”

    La morte d'un grande uomo e di un grande presidente

    “Non sono povero, sono sobrio. Sono poveri quelli che lavorano solo per mantenere uno stile di vita costoso e per accumulare cose su cose. Non siamo nati solo per consumare, siamo nati per creare, per amare, per sognare, per costruire. La felicità non sta nell’avere, ma nell’essere. Non si è felici se si vive per procurarsi cose inutili. La libertà si conquista riducendo i bisogni superflui. Il vero lusso non è avere tante cose, ma avere tempo per ciò che conta: la famiglia, gli amici, la natura. Purtroppo ci hanno insegnato a consumare, e il consumo ci domina. Ma dobbiamo capire che non è questa la vera essenza della vita. Il denaro può comprare comfort, ma la vera ricchezza è disporre di ciò di cui si ha davvero bisogno. Se devo trascorrere la mia vita a lottare per i soldi, se ho bisogno di molti mezzi materiali, se devo cambiare auto ogni anno, e così via, dovrò spendere il mio tempo a lavorare per tutto questo, e poi ancora lavorare, fino a quando non diventerò un vecchio pieno di malanni. Essere frugale, essere sobrio, è una strategia calcolata, premeditata, che mi consente di avere tempo per essere libero. Ogni ora della mia esistenza che devo spendere a risolvere le cose materiali della vita è un’ora che non posso dedicare a ciò che più mi appassiona, a quel che mi rende felice e libero.”
    Questo era quanto usava ripetere Josè Mujica, chiamato Pepe, ex presidente dell’Uruguay, dal 2009 al 2015, morto recentemente, all’età di 89 anni. Usava ripeterlo a tutti quelli che gli chiedevano perché era l’unico presidente della Repubblica al mondo che aveva rinunciato al palazzo, al lusso, a essere servito, e, dettaglio non trascurabile, anche alla rinuncia al 90% dello stipendio che competeva la funzione. Nato il 20 maggio 1935 nella periferia di Montevideo, quasi campagna, ha vissuto fino alla fine in una masseria, col pavimento di terra, insieme a Lucía Topolansky, compagna di lotta e amore di una vita. Prima di diventare il “presidente più povero del mondo”, passò da contadino a guerrigliero, da prigioniero politico a parlamentare che si muoveva in Vespa fino alla sede istituzionale. Papà basco, madre ligure, piccoli coltivatori, entrambi del Partito Blanco che combatte il Partito Colorado dal tempo di Garibaldi, la politica è stata nella vita del Pepe fin da ragazzo. Dal 1964 entrò in clandestinità e visse appieno l’epopea tupamara, una guerriglia antimperialista non marxista, con tratti libertari, che conquistò la generazione del Sessantotto praticando la guerriglia urbana.
    «Appartengo a una generazione che voleva cambiare il mondo, schiacciata, sconfitta, polverizzata, ma continuo a sognare che le persone possano vivere meglio e con più uguaglianza». Durante la guerriglia Pepe venne ferito più volte, catturato tre volte, evaso due, in un Paese dove le lotte sindacali portarono al golpe del giugno del 1973. La dittatura durò fino al 1985 e i dirigenti tupa la vissero in condizioni atroci, in celle minuscole o in pozzi con l’acqua fino al ginocchio. Uscì dal carcere l’8 marzo del 1985, due mesi prima di compiere 50 anni, amnistiato senza essere mai stato processato. Ritrovò Lucia che venne dal carcere femminile di Punta Rieles. «Sono stato quasi 14 anni in galera. La prima notte in cui ho dormito su un materasso ho capito che se non sei felice con poco non sarai felice neanche con tanto». Nel 1994 divenne deputato: «Entro in parlamento da fioraio», rinunciando a quasi tutto il suo stipendio parlamentare, per vivere continuò a vendere fiori. Nel 1999, venne eletto senatore. Nel 2004 la sinistra trionfò in Uruguay, con l’oncologo socialista Tabaré Vázquez e Pepe Mujíca diventò ministro dell’agricoltura, dell’allevamento e della pesca. Un ministero che vale l’80 per cento dell’export del paese. Nel 2007 gli toccò ricevere, a Montevideo, George Bush; mentre tutti i suoi protestavano. «Se non fossi ministro starei con voi, ma il mio mestiere adesso è vendergli la nostra carne». E ci riuscì, anche perché quell’America Latina dei Lula, dei Kirchner, Morales, Chávez, a George Bush sapeva tener testa. Così nel 2009 venne decretato il candidato naturale alla presidenza della Repubblica, rompendo una mentalità piccolo-borghese parte della storia politica e sociale uruguayana. Da presidente sciolse nodi come l’aborto, i matrimoni egualitari, la marihuana di stato. Nel 2012 pronunciò, a Rio de Janeiro, uno storico discorso contro il consumismo, durante una conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile. L’anno successivo, all’assemblea generale delle Nazioni Unite, denunciò il saccheggio delle risorse della Terra e il “dio mercato”. Poi, passò gli ultimi anni a raccontarsi fino a che, già malatissimo, a fine dell’anno scorso, accompagnò il suo erede politico Orsi alla presidenza. Per lui, nella masseria con Lucía, ha avuto tutto quello che sognava. Il guerrigliero, detenuto, presidente e filosofo, José Pepe Mujica è morto un mese fa. Per quasi novant’anni ha vissuto con una semplicità e una coerenza rare, impegnandosi per un mondo più giusto. Mujica ha raggiunto una popolarità senza precedenti per un presidente dell’Uruguay, un paese di 3,4 milioni di abitanti stretto tra l’Argentina e il Brasile. Cosa aveva di speciale quel signore pieno di rughe, con i baffetti, i capelli e la barba trascurati, la pancia prominente, le occhiaie e il cappello che lo faceva somigliare più a un bracciante che a un aspirante Che Guevara? Perché, in un mondo che disprezza i politici, era amato? Qualcuno l’avrà sicuramente deriso, ma, se ciascuno di noi facesse tesoro, anche in minima parte, dei suoi principi, il mondo sarebbe molto migliore di come lo conosciamo.

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    Ernesto Scalco
    Ernesto Scalco
    Sono nato a Caselle Torinese, il 14/08/1945. Sposato con Ida Brachet, 2 figli, 2 nipoti. Titolo di studio: Perito industriale, conseguito pr. Ist. A. Avogadro di Torino Come attività lavorativa principale per 36 anni ho svolto Analisi del processo industriale, in diverse aziende elettro- meccaniche. Dal 1980, responsabile del suddetto servizio in aziende diverse. Dal '98 pensionato. Interessi: ambiente, pace e solidarietà, diritti umani Volontariato: Dal 1990, attivista in Amnesty International; dal 2017 responsabile del gruppo locale A.I. per Ciriè e Comuni To. nord. Dal 1993, propone a "Cose nostre" la pubblicazione di articoli su temi di carattere ambientale, sociale, culturale. Dal 1997 al 2013, organizzatore e gestore dell'accoglienza temporanea di altrettanti gruppi di bimbi di "Chernobyl". Dal 2001 attivista in Emergency, sezione di Torino, membro del gruppo che si reca, su richiesta, nelle scuole.

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