
Negli ultimi anni, la figura di Brian Johnson, imprenditore milionario della Silicon Valley, ha catalizzato l’attenzione dei media con il suo progetto “Blueprint”, un programma di biohacking radicale finalizzato a rallentare l’invecchiamento e mantenere il corpo in uno stato di giovinezza biologica ottimale. Johnson si è sottoposto a centinaia di test medici, segue una dieta ultra-strutturata da meno di 2.000 kcal al giorno, assume oltre 100 integratori quotidianamente, e si affida a un team di medici per monitorare in tempo reale ogni parametro fisiologico. Il suo obiettivo dichiarato è “ringiovanire ogni organo del corpo”.
Come medico di famiglia, mi trovo spesso a riflettere sull’impatto che simili modelli estremi possono avere sulla popolazione generale. Se da un lato è positivo che si parli di prevenzione, dall’altro è necessario distinguere ciò che è utile e sostenibile da ciò che rischia di diventare una deriva ossessiva, lontana dalla realtà quotidiana della maggior parte delle persone.
Il “Blueprint” è un protocollo di longevità che si basa su dati, algoritmi e pratiche cliniche per ottimizzare la salute. Johnson segue una routine maniacale: si sveglia ogni giorno alla stessa ora, consuma pasti controllati al grammo e cronometra anche l’esposizione alla luce solare. Tutto è registrato, analizzato e aggiustato per minimizzare l’invecchiamento cellulare. Secondo i suoi test, avrebbe “l’età biologica” di un individuo molto più giovane in vari organi (cuore, fegato, cute).
Ma a quale prezzo? L’idea di “sconfiggere l’invecchiamento” affascina da sempre l’essere umano. Tuttavia, il rischio è quello di trasformare la prevenzione in una nuova forma di ansia sociale. Molti dei comportamenti di Johnson, come il controllo ossessivo dei biomarcatori, l’assunzione massiva di integratori, le ore trascorse in ambulatori per micro-prelievi o test epigenetici, sono fuori portata per il 99% delle persone. E, soprattutto, non sono ancora supportati da evidenze scientifiche di lunga durata.
Ad esempio, non esistono oggi studi solidi che dimostrino che l’assunzione di centinaia di supplementi o il costante monitoraggio di sé porti a una maggiore aspettativa di vita rispetto a uno stile di vita equilibrato, attivo e sereno. Al contrario, l’ansia da performance e l’eccesso di controllo possono aumentare il rischio di disturbi psichici, alimentari e di isolamento sociale.
La medicina di famiglia insegna che ogni persona ha una storia, un contesto, delle fragilità. Non possiamo proporre protocolli identici per tutti, né possiamo illudere i pazienti che il segreto della salute risieda in una checklist di abitudini “da biohacker”.
La vera prevenzione si gioca su quattro pilastri fondamentali:
1. Alimentazione sana e flessibile, basata sulla dieta mediterranea, sul consumo prevalente di alimenti vegetali e la riduzione di zuccheri e cibi ultra-processati.
2. Attività fisica regolare, anche solo camminare 30 minuti al giorno o fare 1.000 passi in più rispetto al giorno prima, come suggeriscono recenti studi.
3. Sonno di qualità: dormire almeno 7 ore per notte, in modo regolare, aiuta a prevenire diabete, obesità e malattie cardiovascolari.
4. Relazioni sociali e gestione dello stress, elementi troppo spesso sottovalutati ma fondamentali per il benessere generale.
Certo, la tecnologia può essere una grande alleata: smartwatch, app per il conteggio delle calorie, tracciatori del sonno e dell’attività fisica possono aiutare a prendere consapevolezza. Tuttavia, quando il monitoraggio diventa una prigione e l’algoritmo prende il posto del buon senso, è tempo di fermarsi.
La salute non è una gara a chi ha la glicemia più bassa dopo i pasti o l’infiammazione sistemica più contenuta. È un equilibrio dinamico, fatto anche di piaceri, imperfezioni, flessibilità.
Il caso di Brian Johnson ha il merito di riportare l’attenzione sul tema della longevità e sull’importanza della prevenzione. Ma il messaggio da veicolare come professionisti della salute è che non serve vivere da monaco per vivere meglio.
La prevenzione vera è sostenibile, personalizzata, equilibrata. Non c’è bisogno di 100 pillole al giorno, ma di 3 pasti semplici, 2 buone risate e 1 camminata all’aria aperta. È in questa somma di piccoli gesti che possiamo costruire una lunga vita in salute, non in una corsa disperata alla “giovinezza perfetta”.







