8.2 C
Comune di Caselle Torinese
lunedì, Novembre 10, 2025

    La cantina dei Rista

    Lino Pastore e quell'anno memorabile fra Borgaro e Caselle

    - Advertisement -

     

    - Advertisement -

    Lino Pastore continua a essere un grande musicista ma è stato all’inizio degli Anni ’70 che Lino si propose come uno dei protagonisti della nostra scena musicale. Anni in cui il rock psichedelico cercava un’identità nel progressive e nel quale Rory Gallagher si poneva come qualcosa di assolutamente unico e diverso da tutto il resto.
    Chi è Rory Gallagher?!
    “Cosa si prova a essere il chitarrista più bravo del mondo?”, chiesero una volta a Jimi Hendrix. E lui rispose: “Non lo so, chiedetelo a Rory Gallagher.”
    E per Lino Rory fu profonda fonte di ispirazione. Ripensando a quegli anni, Pastore ci ha voluto regalare questa testimonianza, con un pensiero speciale rivolto a chi da un po’ ci ha lasciato, come Censin Faletti e un po’ di nostalgia per il tempo in cui era la cantina di “Ciano” Rista a ospitare e far fiorire i sogni.

    “La finta Gibson da 100.000 lire di Laiolo, gli amplificatori Steelphone, Rory Gallagher e altre meraviglie.
    Inverno 1972/73 – Con Vincenzo Faletti si andava a Borgaro da Caselle in autostop, ma alla fine la facevamo sempre a piedi.
    All’epoca Borgaro era un buco, quattro case che passando sullo stradone potevi passarci senza vederla. La casa dei Rista era all’estrema periferia in via Santissimi Cosma e Damiano, proprio a fianco della chiesetta a essi dedicata. Noi passavamo da una strada di campagna che partiva dallo stradone e andava lì senza passare dal paese.
    Era la sera delle prove e io e Censin ogni volta eravamo eccitatissimi, amavamo la musica come si ama una donna, eravamo veramente in orbita. emozioni sempre al limite dell’euforia. Durante quell’inverno stavo creando “L’uomo di Zero”, che a luglio avremmo presentato al festival pop di Caselle, ma prima di lavorare su quello ci si scaldava suonando tre o quattro pezzi di Rory Gallagher, altro grande amore di quel periodo. Erano esecuzioni possenti dove l’energia sprigionata, se catturata da un apposito convertitore, avrebbe potuto illuminare Torino per un paio di giorni.
    Quando tornavamo a casa, ancora rigorosamente a piedi, eravamo abreati, ripuliti di qualsiasi scoria o tossina, insomma… soddisfatti, appagati e felici.
    Ma il 1972 fu un anno di forti emozioni per tanti motivi, purtroppo non tutti positivi:  la preparazione del grande festival con “i ragazzi della stazione”: Fefè Zavatteri, Enzo e Maria Di Vara, Carlo Santini, Roby Galasso e tanti altri. La creazione De “L’uomo di Zero” (opera rock dai profondi contenuti esistenziali da presentare al festival stesso), il mio primo grande amore per una ragazza, le serate al bar della stazione insieme ai musicisti anziani, in primis Giovanni Gremo (Giouanin Grem), chitarrista virtuoso che suonava in stile manouche le canzoni italiane degli anni ’30 (ma lui Django Reinhard lo aveva conosciuto sui dischi che arrivavano dalla Francia quando Django era vivo). Un pezzo anteguerra loro, un pezzo di Rory Gallagher noi e un pezzo tutti insieme, il tutto accompagnato da salame, gorgonzola e tokaji. Giovani e vecchi tutti insieme, serate memorabili.
    Ma quell’anno, purtroppo il nostro gruppo fu anche colpito da una tragedia. Una domenica dei primi di giugno, a un mese dal festival, uscito dal cinema Roma di Caselle con la mia fidanzatina, la gente mi venne incontro gridando “Faletti è morto! Faletti è morto!” . Censin, il bassista dell ” Opera dello Spazio”, mio compagno inseparabile di tante avventure, era volato fuori strada con la moto sulla via di Malaghero. Ma non era morto, si era spezzato la spina dorsale.
    Quando andai al CTO a vederlo, era steso su un’impalcatura che lo teneva come in croce con tiranti e contrappesi, tre mesi restó così e altri tre mesi con un busto di gesso. Aveva 18 anni. Rimase con le stampelle per tutta la vita, ma ne combinammo ancora più che Bertoldo.
    Il festival del 7 luglio si fece, chiamai Luciano Devietti a suonare il basso. L’uomo di Zero fu infine presentato e dentro l’opera, oltre la sua parabola socio-esistenziale, c’era anche tutto quell’anno memorabile, con le sue gioie e suoi dolori, gli amici, il vino , gli amori, la cantina dei Rista, le risate e i pianti.”

    LASCIA UN COMMENTO

    Per favore inserisci il tuo commento!
    Per favore inserisci il tuo nome qui
    Captcha verification failed!
    Punteggio utente captcha non riuscito. Ci contatti per favore!

    Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

    Luigi Bairo
    Luigi Bairo
    Autore, giornalista e musicista. Ha pubblicato libri dedicati alla “cultura della bicicletta”, resoconti di viaggio, testi di argomento pedagogico, di narrativa per ragazzi e di storia locale. Ha scritto di musica per il settimanale Il Risveglio ed è autore per la rivista Canavèis.

    - Advertisment -

    Iscriviti alla Newsletter

    Ricevi ogni giorno, sulla tua casella di posta, le ultime notizie pubblicate

    METEO

    Comune di Caselle Torinese
    cielo sereno
    7.9 ° C
    8.3 °
    7 °
    81 %
    1kmh
    4 %
    Lun
    14 °
    Mar
    14 °
    Mer
    13 °
    Gio
    14 °
    Ven
    12 °

    ULTIMI ARTICOLI

    Guida del “Gambero Rosso 2026”: Di Maggio, tra le prime 10...

    0
    Creare dolci è molto di più del saper eseguire perfettamente una qualsivoglia ricetta: è un vero e proprio gesto d’amore. Proprio quell’amore che percepisci...

    Un uomo fortunato