Riprendo un concetto molto dibattuto in questo periodo: l’estate, le montagne, in particolare i suoi frequentatori, che negli ultimi tempi hanno fatto molto parlare di sé in termini diversi da quelli che siamo abituati a conoscere.
È un argomento che mi sta molto a cuore, da amante e frequentatrice delle montagne. Montagne: baluardo da conquistare con fatica e costanza, dove alcune regole sono ancora consolidate: lasciare il passo, salutare, scambiare brevi dialoghi con sconosciuti per il solo fatto di averli incontrati.
A proposito, in montagna ci si saluta sempre, per ragioni di cortesia, sicurezza e solidarietà. Un’antica tradizione che nasce dalla condivisione di un ambiente difficile e potenzialmente pericoloso. Il saluto è un riconoscimento reciproco, una forma di attenzione e un legame di comunità tra escursionisti che condividono fatiche e pericoli, ma anche una forma di riconoscimento di anime affini e un modo per rompere il ghiaccio e chiedere informazioni sul percorso.
Solitamente, le montagne sono poco frequentate: sentieri dimenticati e poco battuti, rifugi poco frequentati, bivacchi inutilizzati… Invece gli ultimi periodi hanno rappresentato un cambio di rotta dandoci da leggere notizie a cui non eravamo abituati e di cui avremmo fatto volentieri a meno. Sentieri con presenze in sovrannumero, frequentati anche da persone poco educate e male attrezzate. Rinnovato appello per affrontare il problema dell’abbandono dei rifiuti: problema annoso e irrisolvibile, nonostante le costanti raccomandazioni che si trovano ovunque, l’animo umano non ce la fa: sulle nostre montagne mezzo chilo di rifiuti ogni chilometro di sentiero, mentre Himalayan Clean Up parla di tonnellate di rifiuti sulle vette più alte del mondo.
Rifugi troppo affollati: un tempo erano punto di sosta per camminatori e scalatori esperti oggi sono spesso trasformati in ristoranti, per accontentare richieste e pretese che li hanno un po’ snaturati.
In montagna si va, si dovrebbe sempre andare, con umiltà, la giusta attrezzatura, in primis le calzature, non certo infradito o similari. Non ci si avventura in imprese impossibili per poi mettere a repentaglio vite altrui, o sottrarre ai soccorsi chi ne ha veramente bisogno.
Andare in montagna è misurarsi con noi stessi, con le nostre paure, sfidare e cercare di superare i nostri limiti, affrontare e confrontarsi con la fatica, regolare il respiro, stringere i denti per poter arrivare alla meta, non fare passi falsi, sotto ogni punto di vista.
Tutto questo perché siamo più vicini al cielo.
Nella psicanalisi junghiana, soprattutto nei sogni, la montagna ha un forte significato simbolico, in relazione alla crescita psichica, psicologica e individuale. Simbolizza gli ostacoli, ma anche la volontà che si ha per superarli, con tutti i mezzi.
Si preferisce la montagna al mare per il ritmo più lento e rilassato, l’aria pulita e ricca di ossigeno, la possibilità di praticare attività fisica e sportiva a contatto con la natura, per avere paesaggi mozzafiato, godere di un ambiente meno caotico e più tranquillo, e per scoprire una gastronomia semplice, genuina e locale.
Gli animali selvatici che vivono in montagna stanno diventando sempre più notturni. Anche quelli che non lo erano affatto e che secondo natura non dovrebbero esserlo. Tutta colpa del turismo e dell’invasione dell’uomo in questi ambienti un tempo decisamente più tranquilli. Negli ultimi anni il territorio alpino, infatti, è molto cambiato: l’abbandono delle pratiche di agricoltura e pastorizia, in molte aree, ha consentito una rigenerazione naturale delle foreste e molte specie di mammiferi hanno ritrovato nel bosco il loro habitat naturale. Al contempo però, la frequentazione turistica di queste aree è aumentata, creando un potenziale disturbo per gli animali selvatici.
Ricordo sempre l’insegnamento di mio padre, grande camminatore: “Inizia con passo lento e costante, non fermarti per non “rompere” il fiato: ti troverai in fondo alla fila ma sicuramente arriverai”
In Tibet, quando qualcuno lascia un campo e si avvia verso le montagne è usanza dire: “kalipé”, che significa “camminare sempre con il passo corto e lento”.
Le montagne invocano rispetto
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