Pablo Picasso
“Volto”, 1960
Ceramica con decorazione a ingobbio
Colección Serra, Maiorca
Fra le attraenti proposte culturali estive valdostane, al Museo Archeologico Regionale di Aosta si può visitare l’esposizione “L’altro Picasso. Ritorno alle origini”, curata da Helena Alonso, J. Óscar Carrascosa e Daria Jorioz e accompagnata dal catalogo edito da Silvana Editoriale; la mostra ha inoltre ricevuto il patrocinio dell’Ambasciatore di Spagna a Roma Miguel Fernández-Palaciosa.
Pablo Ruiz Picasso (Malaga, Spagna, 1881 – Mougins, Francia, 1973), figlio del pittore José Ruiz Blasco e di Maria Picasso y Lopez, assorbe gli stimoli creativi dei luoghi in cui vive e fin da bambino dimostra grande talento artistico, tanto da aprire il primo atelier a 15 anni; un anno dopo riceve una menzione all’Esposizione Nazionale di Madrid per il dipinto “Scienza e carità”.
Il percorso del museo aostano approfondisce le influenze sull’artista che provengono dalle tradizioni mediterranee di località quali Malaga, Barcellona e il sud della Francia; si possono contemplare opere dell’autore condotte attraverso differenti mezzi espressivi.
Tra il 1927 e il 1931, Picasso illustra, su commissione di Ambroise Vollard, il racconto di Honoré de Balzac “Il capolavoro sconosciuto”: nelle incisioni esposte emerge l’interesse per classicismo greco-romano, analisi della relazione fra pittore e modella, introspezione psicologica e ricerca della perfezione esecutiva.
Durante l’occupazione nazista di Parigi (1940-1944) l’artista è invece considerato un esponente dell’“arte degenerata” e, a causa altresì del regime spagnolo di Francisco Franco, è costretto a lavorare in privato mentre continua a sostenere la Resistenza culturale: sono esempi del suo impegno contro le dittature l’acquaforte “Femme assise”, frontespizio della raccolta “Contrée” di componimenti del poeta Robert Desnos -deportato e ucciso nel 1945-, e le incisioni per “Six contes fantasques” di Maurice Toesca, scrittore e Responsabile della Prefettura parigina nonché collaboratore della Resistenza.
Con la stessa tecnica è realizzata la serie “La sepoltura del conte di Orgaz” -riferimento al dipinto di El Greco-, opera testuale e illustrata (di cui sono altresì presenti litografie del manoscritto) ideata dal pittore, con richiami al metodo surrealista, negli anni 1957-59 e 1966-67 quale tentativo di superare il dolore causatogli in passato sia dalla morte della sorella Concha sia da quella dell’amico Casagemas.
Numerose opere fittili, vasi e piatti raffiguranti animali, volti, figure stilizzate e motivi astratti costituiscono inoltre una reinterpretazione picassiana di forme tratte dalle culture greca, fenicia, etrusca, romana e iberica. L’autore si dedica particolarmente alla ceramica quando si trasferisce nel 1946 a Vallauris (Provenza) ove, in un’area a lui riservata nel laboratorio Madoura gestito dai coniugi Ramiè, grazie alla sua spontanea e giocosa creatività unisce scultura e pittura mentre esegue incavi e rilievi nella creta; viene in tal modo nobilitata l’arte della terracotta: tale esempio ispirerà Braque, Chagall, Matisse e Mirò.
Picasso s’interessa finanche di teatro: il suo amico Jean Cocteau, poeta, nel 1916 gli propone di collaborare nell’ideazione del balletto “Parade” e successivamente Sergej Djagilev lo incarica di curare scenografie e costumi per “Il cappello a tre punte” (1919) con musiche di Manuel de Falla, compositore a cui il pittore dà suggerimenti riguardo alle tradizioni spagnole.
In seguito al grande successo della rappresentazione, Picasso realizza con tecnica a “pochoir” i bozzetti dei costumi, raffigurazioni che il visitatore può ammirare ad Aosta.
La mostra termina con il video tratto da un allestimento contemporaneo dello spettacolo di danza, in cui si possono percepire le influenze culturali che favorirono la fioritura del geniale artista andaluso.
Pablo Picasso
“Il mugnaio”
Il cappello a tre punte, 1920
Pochoir
Fundación Archivio Manuel de Falla, Granada







