Giovanni Graneri , interno del Teatro Regio, olio su tela, 1752
Giuseppe Toselli (Atrio di reggia -fondale per teatrino di marionette San Martiniano di Torino), 1840 – 1844 Tempera su tela, 160 x 230 cm
Nella Corte medievale di Palazzo Madama, in piazza Castello a Torino, è stata allestita una mostra dedicata alla storia del teatro: dai raffinati teatri di corte ai teatrini di marionette, alla messa in scena degli spettacoli nel Settecento e nell’Ottocento “Teatri e teatrini. Le arti della scena da Sette e Ottocento nelle collezioni di Palazzo Madama”. L’esposizione, curata da Clelia Arnaldi di Balme e visitabile sino al prossimo 9 settembre, è occasione, oltre che per illustrare disegni e bozzetti scenografici realizzati da prestigiosi architetti e pittori quali Giuseppe Bertoja, Giovanni Venere, Giuseppe Maria Morgari, i fratelli Galliari, è motivo per celebrare il centenario della nascita della studiosa torinese Mercedes Viale Ferrero (1924-2019), appassionata di storia del teatro; infatti, a lei si deve la sistemazione storica e bibliografica delle opere esposte.
La mostra si apre con il dipinto di Giovanni M. Graneri che ritrae il Regio nel 1752, con attori, cantanti e orchestra in primo piano; accanto si può ammirare un ventaglio raffigurante i Teatri Regio e Carignano con i palchi e i nomi degli occupanti nella stagione teatrale del 1780-81.
Nel Settecento le mutazioni di scena, definite “comparse” dovevano essere “molte, meravigliose e varie”, erano quindi elemento essenziale di richiamo nei teatri di corte, come in quelli pubblici. Le più antiche testimonianze esposte sono due incisioni di Ferdinando Galli da Bibiena (Bologna 1657-1743) nelle quali utilizza la sua innovativa visione “per angolo”: non è la facciata di un edificio ad apparire in primo piano, ma un suo spigolo. L’asse centrale è eliminato, i punti di fuga prospettici si moltiplicano e lo spettatore non deve necessariamente porsi al centro della platea per cogliere al meglio lo spazio scenico del palco.
L’attività scenografica del Bibiena a Torino inizia nel carnevale 1694, e viene ancora richiesto nel 1699, ma risulta già impegnato a Napoli; rinnova il Teatro Regio di Torino, fondato da Amedeo di Castellamonte nel Seicento e rifatto “a potersi recitare l’opera” da Filippo Juvarra nel 1722. La gestione dei teatri torinesi è affidata, dal 1727, alla Società dei Nobili Cavalieri che riuniva un gruppo di aristocratici che si assumevano il ruolo di impresari. La costruzione di un nuovo Teatro Regio, con una sala di ben 2500 posti, è affidata a Benedetto Alfieri e viene inaugurato nel 1740. Ogni stagione ha inizio il 26 dicembre e si conclude con la fine del carnevale. I Cavalieri scelgono i libretti per l’anno successivo e decidono l’ingaggio degli scenografi che, tra luglio e agosto, devono presentare i bozzetti al direttore di scenario; in autunno inizia il montaggio e il 26 novembre, un mese prima della serata inaugurale, è il giorno delle prove” (da C.Balme di Vesme).
Anche il teatro di marionette era una forma di spettacolo molto amata nel corso del XIX secolo e che riscosse un grande successo, oltre ad essere un emblema della torinesità. Occorre considerare che nell’Ottocento i teatri non erano più privilegio per pochi: gli spettacoli venivano rappresentati in sedi e città diverse. La guida di Torino di Modesto Paroletti del 1819 elenca tre teatri di marionette: il teatro di San Rocco presso l’omonima chiesa, quello del conte Paesana e quello di San Martiniano (in via san Francesco d’Assisi e ora demolito).
Il successo delle marionette è immediato e si protrae nel tempo. Risale a fine Settecento la dinastia dei marionettisti Lupi, tra le più antiche in Italia. La compagnia, inizialmente itinerante si stabilisce a Torino nel 1816 presso il teatro di palazzo Paesana; in seguito Luigi Lupi affitta quello di San Martiniano, abbandonandolo nel 1884 per acquistare il teatro D’Angennes, in via Principe Amedeo, capace di contenere 1200 spettatori. Dal 1848 compare in scena Gianduja e nel 1891 la sala viene ribattezzata “Teatro Gianduja”, in onore della maschera torinese.
Edmondo De Amicis nel 1896 scrive un articolo “Un piccolo teatro celebre” in cui descrive con ammirazione il Teatro Gianduja e l’attività del fratelli Lupi; ancora nel 1929 Augusto Monti ricorda che “rideva a scatarosci …divertircisi come al San Martiniano”.