Giacinto Corsi di Bosnasco descrive un’atmosfera pastorale ove persone, animali ed ambiente naturale divengono un tutt’uno.
Marco Calderini offre invece la sensazione di ammirare un rasserenante specchio d’acqua contornato da alberi e rocce; è impostato altresì su analoghe geometrie, seppur dominato da vibratili contrasti divisionisti, il dipinto di Angelo Barabino, allievo di Giuseppe Pellizza da Volpedo.
Quattro opere di Lorenzo Delleani sono poste a confronto: nel 1881 l’artista crea un imperturbabile paesaggio campestre ove s’inserisce una rustica abitazione, mentre dieci anni più tardi la presenza di due figure femminili che si dirigono “Verso casa” sottolinea l’ampiezza di un prato inondato dai raggi del sole calante. La “Strada di campagna sotto il sole” (1894) è rappresentata invece attraverso gesti rapidi, “tormentati” e colore “pastoso”; “Ottobre in Piemonte” (1903) coglie infine una donna china sull’erba, sul limitare del paese.

Il valdostano Italo Mus interpreta un sentiero tracciato dopo una “Nevicata” e gioca sulla divergenza fra le ombre dai toni freddi ed il chiarore del manto nevoso, ravvivato dall’approssimarsi del tramonto.
Giovanni Battista Carpanetto riunisce, nell’opera “I fiori della mamma” (pastello su carta), madre e figlia in una scena delineata con accenti d’affetto.
Nel dipinto di Luigi Spazzapan “Canale Michelotti a Torino” (1934), il figurativo volge all’astrazione, mentre le nitide forme preferite da Pippo Oriani sono definite da cromie in contrapposizione; Angelo Garino riesce d’altro canto a trasmettere lo stato d’animo di una “governante” bisognosa di riposo.
Andrea Tavernier, invece, ambienta la propria opera a Chioggia, modellando personaggi ed edifici attraverso un caleidoscopico rincorrersi di colori, stesi con palpabile vitalità.
L’originalità nell’uso della tecnica grafica è -in conclusione- testimoniato dall’opera di Felice Vellan “Torino, il traghetto di Millefonti” (1923), in cui l’atmosfera invernale viene resa con maestria.