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giovedì, Maggio 1, 2025

    Il rito del cioccolato tra storia, arte e cultura

    Nobili collezioni per " il nettare degli dei "

    In occasione della manifestazione CioccolaTò, nella bella cornice settecentesca delle sale del Palazzo dei Marchesi Saluzzo di Paesana, in via della Consolata 1 bis, a Torino, si potranno ammirare “Nobili collezioni per la cioccolata. Il rito del cioccolato tra storia, arte e cultura”.
    E’ una incantevole mostra, visitabile sino a domenica 2 marzo dalle 11 alle 19, con ingresso libero, dedicata alla storia della degustazione del cioccolato dal ‘700 al ‘900 attraverso una raccolta di splendide ceramiche, testimoni del ruolo centrale che questa prelibatezza ricopriva nei salotti aristocratici del passato. Sono esposte una selezione di opere provenienti da collezioni private che illustrano l’esclusivo utilizzo della cioccolata come bevanda prediletta dalle élite europee, simbolo al tempo stesso di lusso e raffinatezza.
    L’evento è curato da Enrico Debandi, direttore artistico di Palazzo Saluzzo Paesana, in collaborazione con Anna Cremonte Pastorello di Cornour e Gian Giorgio Massara.
    La cioccolata calda ha avuto una grande rilevanza nelle tradizioni culinarie di molte culture, rappresentando non solo una bevanda di lusso, ma anche un rituale di condivisione sociale. I contenitori usati per servire la cioccolata, come tazze, tazzine, cioccolatiere, cucchiai e fontane, hanno seguito l’evoluzione della storia sociale, culturale ed economica.
    Più grandi delle tazze da caffè e più alte e strette di quelle utilizzate per il tè, le tazze da cioccolata tra il XVIII e il XIX secolo si distinguono per forme uniche e raffinatissime. Vi sono tazze coperchiate per mantenere calda la bevanda, tazze biansate studiate appositamente per evitare accidentali versamenti della cioccolata sugli abiti preziosi dell’epoca, e allo stesso tempo per facilitarne la degustazione. Spiccano le tazze trembleuse (tremolanti), dotate di un piattino a mancerina che consentiva di bere la cioccolata comodamente anche in carrozza. Le tazze Litron, invece, si caratterizzano per dimensioni più abbondanti e una forma “quadrata”, ovvero con altezza pari al diametro della tazza.
    Sempre arricchite da una decorazione che alterna motivi floreali e naturalistici a scene galanti, vedute paesaggistiche, temi mitologici, esotici e persino scientifici, queste tazze presentano spesso dettagli in oro, che impreziosiscono i bordi e talvolta anche l’interno, esaltando ancor di più la preziosa “bevanda degli dèi”.
    Il percorso espositivo attraversa le principali manifatture europee di porcellana: Meissen, Sèvres, Ginori, Limoges, Nyon, solo per citarne alcune, rappresentando la pluralità e la ricchezza della produzione ceramica nei secoli scorsi.
    L’esposizione si completa con due cioccolatiere, la cui forma è generalmente più grande di una caffettiera e leggermente più panciuta, poiché all’interno la miscela di cacao, zucchero di canna e latte doveva essere continuamente mescolata. Inoltre, sul coperchio è presente un foro che permetteva l’introduzione del molinillo, un bastoncino solitamente di legno utilizzato per mescolare la bevanda, all’epoca particolarmente densa e soggetta a depositarsi sul fondo.
    Infine, la diffusione della cioccolata come bevanda “democratica” è illustrata nell’ultima vetrina, dove una bizzarra cioccolatiera/lattiera futurista evoca, con le sue forme antropomorfe, un animale dalle linee esotiche. Attorno a essa, le tazze raccontano un’epoca in cui la cioccolata, da status symbol aristocratico, si è trasformata in un piacere quotidiano, da gustare in un caffè o nell’intimità della propria casa.
    L’albero del cacao è così prezioso che il suo nome scientifico, Theobroma cacao, significa letteralmente “cibo degli dèi”.
    Le origini del cacao affondano nella leggenda: secondo gli Aztechi, fu un dono del dio Quetzalcoatl agli uomini. Con i suoi semi si preparava lo xocolatl, una bevanda amara aromatizzata con vaniglia e peperoncino. Nel 1519, Montezuma la offrì a Hernán Cortés, che, dopo la conquista del Messico, portò il cacao in Europa nel 1554. Inizialmente poco apprezzato, divenne popolare quando venne addolcito con zucchero, forse su iniziativa del vescovo Juan de Zumárraga.
    Carlo V affidò la lavorazione del cacao ai monaci, che ne sperimentarono nuove ricette arricchendolo con anice, cannella e acqua di rose. Il naturalista Alexander von Humboldt lo descrisse come un elisir benefico. Tuttavia, il cioccolato suscitò accesi dibattiti religiosi: i Gesuiti lo consideravano compatibile con il digiuno, mentre i Domenicani lo ritenevano peccaminoso. Un intervento papale stabilì infine che, in forma liquida, non lo infrangeva.
    Dalla Spagna, il cioccolato si diffuse rapidamente nelle corti europee, trovando particolare fortuna presso i Savoia. Nel 1557, Emanuele Filiberto lo introdusse a corte dopo averlo ricevuto in dono da Carlo V. Il matrimonio tra Carlo Emanuele I e Caterina Michela d’Asburgo ne favorì ulteriormente la diffusione. Nel 1698, la corte sabauda istituì l’Ufficio della Cioccolata per gestire l’approvvigionamento del cacao.
    Torino divenne un centro d’eccellenza nella lavorazione del cioccolato. Nel 1678, Maria Giovanna Battista di Savoia Nemour concesse a Gio Antonio Ari la licenza per aprire il primo locale torinese dedicato alla cioccolata. Secondo la tradizione, i diablottini (diavoletti), considerati i primi cioccolatini della storia, vennero inventati proprio a Torino da Cagliostro nel XVII secolo. Qui videro la luce anche le prime uova di Pasqua e la Bavareisa, antesignana del bicerin.
    Il gianduiotto nacque a Torino agli inizi dell’800, quando il Blocco Continentale napoleonico rese il cacao raro e costoso. Il suo creatore, Michele Prochet, sostituì parte del cacao con la pregiata nocciola tonda delle Langhe. Nel 1865, Caffarel lo presentò ufficialmente durante il Carnevale, ispirandosi alla maschera torinese Gianduja per il nome. L’impasto, a base di nocciole tostate e macinate, cacao amaro, burro di cacao e zucchero, diede vita a un cioccolato dal gusto unico, diventato simbolo della tradizione dolciaria torinese.

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    L’iniziativa prevede inoltre due golosi appuntamenti a ingresso libero su prenotazione (posti limitati, massimo 50 partecipanti):
    giovedì 27 febbraio alle 18.30, “Cioccolato cibo degli Dei, dalla pianta del cacao alla lavorazione a crudo”, Conferenza e degustazione a cura del Laboratorio ChocoM’ama della Val Chiusella, con l’intento di unire la spiritualità nativa all’autenticità del cioccolato, coniugando il rispetto per la materia prima ad una lavorazione etica e contemporanea che valorizza l’alta qualità degli ingredienti utilizzati.
    domenica 2 marzo alle 16.30, “Giovani gianduiotti crescono”, a cura dell’Associazione culturale Piece, durante il quale giovani talenti delle scuole torinesi presenteranno i loro gianduiotti artigianali, affiancati dalla celebre cioccolata calda della storica pasticceria Ghigo. Un appuntamento imperdibile che celebra il gusto e l’eccellenza della tradizione torinese.

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    INFO E PRENOTAZIONI:
    E-mail: info@palazzosaluzzopaesana.it
    Web: http://www.palazzosaluzzopaesana.it
    Facebook: https://www.facebook.com/palazzosaluzzopaesana
    Instagram: https://www.instagram.com/palazzosaluzzopaesana

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    Elis Calegari
    Elis Calegari
    Elis Calegari è nato a Caselle Torinese il 24 dicembre del 1952. Ha contribuito a fondare " Cose Nostre", firmandolo sin dal suo primo numero, nel marzo del '72, e, coronando un sogno, diventandone direttore responsabile nel novembre del 2004. Iscritto all' Ordine dei Giornalisti dal 1989, scrive di tennis e sport da sempre. Nel corso della sua carriera giornalistica, dopo essere stato collaboratore di prestigiose testate quali “Match Ball” e “Il Tennis Italiano”, ha creato e diretto “Nuovo Tennis” e “ 0/15 Tennis Magazine”, seguendo per più di un ventennio i più importanti appuntamenti del massimo circuito tennistico mondiale: Wimbledon, Roland Garros, il torneo di Montecarlo, le ATP Finals a Francoforte, svariati match di Coppa Davis, e gli Internazionali d'Italia per molte edizioni. “ Nuovo Tennis” e la collaborazione con altra testate gli hanno offerto la possibilità di intervistare e conoscere in modo esclusivo molti dei più grandi tennisti della storia e parecchi campioni olimpionici azzurri. È tra gli autori di due fortunati libri: “ Un marciapiede per Torino” e “Il Tennis”.

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