Mattia Moreni
“Immagine quasi travolta”
1960
olio su tela
195×114 cm
Alla Fondazione Accorsi–Ometto (via Po, 55) è allestita la mostra “Torino anni ’50 – La grande stagione dell’Informale”, a cura di Francesco Poli, accompagnata dal catalogo pubblicato da Silvana Editorale e Fondazione Accorsi-Ometto, con testi del curatore e di Francesca B. Filippi, Luca Motto e Stefano Turina.
L’esposizione presenta opere di oltre cinquanta autori che, dal Secondo Dopoguerra agli inizi degli anni Sessanta, sono protagonisti -sia nell’ambito torinese e piemontese sia nel contesto internazionale- del rinnovamento artistico che conduce all’affermazione di tendenze quale l’arte informale grazie altresì all’intensa attività del critico e collezionista Michel Tapiè (1909-1987) e inoltre per il rilevante ruolo di Gallerie tra cui “La Bussola”, diretta da Luigi Carluccio, “Notizie”, avviata nel 1957 da Luciano Pistoi e dell’International Center of Aesthetic Research (ICAR) di Ada Minola.
La città sabauda si propone in quel periodo come centro propulsivo di una nuova cultura contemporanea mentre si evolve urbanisticamente attraverso la costruzione di differenti opere architettoniche: il Museo dell’Automobile, la Galleria d’Arte Moderna (GAM), il Palazzo a Vela e il salone B del Palazzo di Torino Esposizioni.
Fra gli autori in mostra si trova Pierre Alechinsky, che si unisce al gruppo CoBrA nato per volontà di Espressionisti informali tra cui Karel Appel e Asger Jorn.
Jorn fonda insieme a Enrico Baj (uno dei promotori del Movimento Arte Nucleare) il Movimento Internazionale per un Bauhaus Immaginista e, in accordo con Pinot Gallizio, dà origine sia al Laboratorio Sperimentale di Alba sia al Movimento Situazionista Internazionale; Gallizio critica l’arte moderna e vende “al metro” la sua “pittura industriale”.
Alberto Burri, che come Lucio Fontana (esponente dello Spazialismo) è considerato a livello internazionale uno dei più significativi autori italiani nel campo dell’Informale, lavora con svariati materiali -catrame, pietra pomice e sacchi di iuta- ed è noto per “Combustioni” e “Cretti”.
Mario Calandri è abilissimo incisore e Romano Campagnoli predilige il tema degli elementi naturali, mentre Francesco Casorati, figlio di Felice e di Daphne Maugham, fin da giovane conosce Nino Aimone, Mauro Chessa, Piero Ruggeri, Sergio Saroni, Giacomo Soffiantino e Francesco Tabusso.
Paola Levi Montalcini si avvicina invece al movimento Arte Concreta (MAC) –tra i fondatori vi sono Gillo Dorfles e Bruno Munari- a cui aderiscono Annibale Biglione, Adriano Parisot, Albino Galvano, Filippo Scroppo e Carol Rama. Scopo del movimento è andare “alla ricerca di forme pure, primordiali, […] senza che la loro possibile analogia con alcunché di naturale [abbia] la minima importanza”.
Jean Fautrier è indicato da Tapiè quale capostipite della pittura informale europea, mentre Franco Garelli crea sculture attraverso la saldatura di elementi metallici ed Ezio Gribaudo, artista ed editore, collabora con eccellenti personalità del mondo dell’arte ed elabora innovative tecniche pittoriche.
Gli autori appartenenti al gruppo giapponese Gutai perseguono una ludica creatività e la libertà estrema; Hans Hartung è invece il precursore dell’”Informale segnico” e Umberto Mastroianni, insignito nel 1989 a Tokyo del Praemium Imperiale, si pone quale artista anticasoratiano.
Se Georges Mathieu, importante esponente dell’astrazione lirica e pioniere della pittura segnica informale, è tra i primi a utilizzare il colore sulla tela direttamente dal tubetto, Mattia Moreni sviluppa cadenze ricche di cromatismi e di violenta gestualità ma successivamente riapproda a forme figurative.
Ennio Morlotti, che il critico Francesco Arcangeli include nella tendenza dell’”Ultimo Naturalismo”, a inizio anni Cinquanta partecipa al “Gruppo degli Otto” con Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Santomaso, Turcato e Vedova; Piero Rambaudi infine cerca di porre in dialogo i campi tecnico-matematico e umanistico.
L’esposizione è dunque un’occasione per approfondire un genere di creatività che ha caratterizzato un significativo periodo storico per Torino e per l’arte internazionale, un tipo di espressività che tuttora dimostra persistente fascino.
Hans Hartung
Senza titolo
1961
olio su tela
95×150 cm