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giovedì, Gennaio 23, 2025

    L’anarchico Masetti, primo cicloturista

    Un libro di Luigi Rossi sulla straordinaria vita del cicloviaggiatore veneto

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    “I am a philosopher, riding on a bicycle from San Francisco to Costantinople”.

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    Tra la vasta bibliografia di libri dedicati al cicloturismo, ce n’è uno che amo più di tutti gli altri. Si tratta di “L’anarchico delle due ruote”, di Luigi Rossi, che racconta la vita del cicloviaggiatore Luigi Masetti.

    Masetti nasce a Trecenta, nel Polesine, nel  1864. Lo scenario della sua gioventù è quello delle lotte contadine nelle campagne venete. A vent’anni si trasferisce a Milano. Dando lezioni di lingue, mette da parte quanto gli occorre per comprarsi la prima bicicletta, anzi, il primo “bicicletto”, perché a quei tempi il velocipede era maschietto. Nel 1892, parte per il suo primo viaggio: 3.500 chilometri attraverso l’Europa. L’esperienza gli cambia la vita. I dieci anni successivi sono tutti consacrati a quelli che, a quei tempi, vengono chiamati “viaggissimi”. A cavallo tra mondo arcaico e modernità, viaggiare era un’arte, soprattutto quella, per pochi eletti, in bicicletto. Masetti aveva capito, già allora, che la dueruote è il mezzo migliore per conoscere il mondo. L’unico che gli permettesse di entrare in contatto diretto con l’umanità. Più precisamente, con quella fascia di umanità che gli sta a cuore e con cui si identifica: i minatori, gli italiani emigrati all’estero che incontra negli angoli più remoti del pianeta, i contrabbandieri braccati sui monti della Spagna, i disperati che affollano i porti in cui sbarca con il suo bicicletto e il suo striminzito bagaglio.

    Appena tornato dal tour europeo, riesce a farsi sponsorizzare dal “Corriere della Sera” una spedizione di 7.000 chilometri, con destinazione la World Columbian Exposition, l’esposizione mondiale di Chicago. In cambio, si impegna a spedire ogni settimana al giornale un resoconto del suo viaggio. Parte da Milano a metà luglio. Sembra di vederlo, mentre pedala nella polvere della Padania torrida e desolata a bordo del suo arnese, assurdo per i tempi, e poi mentre si inerpica fra gli sterrati alpini, sotto lo sguardo sbigottito dei montanari. Arriva alla meta due mesi dopo, ricevuto addirittura da Stephen Grover Cleveland, presidente degli Stati Uniti.

    Nel 1897, come Napoleone, è la volta di un viaggio dalle Alpi alle piramidi, con ritorno a Milano dopo una “puntatina” in Medio Oriente. Poi altri tour attraverso l’Italia, la Grecia, i Balcani e l’Austria e dal Monte Bianco fino alla Foresta Nera. Il primo maggio del 1900 parte da Milano per un giro di 18.000 chilometri, che lo porta a Ceuta, in Marocco; da lì, attraverso tutta l’Europa, giunge a Capo Nor. Poi attraversa tutta la Russia, incontra Tolstoj, giunge in Turchia a Costantinopoli. Masetti non pedalava per la gloria, che pur trovò, anche se breve ed evanescente. Non pedalava neppure per un anelito muscolare o per il desiderio di primeggiare, ma piuttosto per quella che, molto tempo dopo, Chatwin definirà l’“horror du domicile”. Si nota, leggendo le cronache dei suoi viaggi, un’evoluzione della sua filosofia. Mentre nei primi viaggi i si dimostra fiero e onorato dalle entusiastiche accoglienze che riceve al suo passaggio, via via questo aspetto perde rilevanza e il tour in bicicletta diventa un’esperienza intima: “Viaggio ormai sempre da solo”, annota. “E come potrei trovare un compagno che abbia la pazienza di stare con me, di spingere la macchina su e giù, di proseguire a piedi, di addentare quello che si trova?”. E aggiunge, in un altro passo: “Sono lontani i tempi degli interminabili festeggiamenti… Ora è importante la strada che ho davanti, meno quella percorsa. Spesso penso a quanto sarebbe bello che la strada non avesse più fine”.

    Durante il viaggio verso la Russia del 1900, l’ultimo di cui abbiamo testimonianza, il “viaggiassimo” è ormai un’esperienza quasi metafisica, come quando, superata Helsinki, si ferma nei pressi di una fontana e, perdendosi con lo sguardo nelle acque, gli sembra di penetrare in un mondo sommerso e misterioso, il luogo dove nascono i sogni. Qui, bevendo l’acqua che la sua amata Ada (ormai lontana da lui nello spazio e nella vita) gli porge dalle mani, trova una pace e una serenità mai conosciuta prima. Poco dopo, un tale di passaggio gli riferirà che quell’antica fontana viene chiamata “il sangue della terra” e che le sue acque avrebbero il potere di cancellare ogni dolore dallo spirito e dal cuore.

    Dai suoi diari emerge una figura straordinaria, una sorta di Kerouac ante litteram. A chi lo aveva sorpreso a dormire in un fienile, in uno sperduto villaggio nei pressi di Washington, Masetti dice di essere un filosofo, che sta viaggiando in bicicletta da San Francisco a Costantinopoli.

    “Di lui”, scrive Luigi Rossi, “scompaiono improvvisamente le tracce nei primi anni del Novecento.

    Qualche tempo fa, tuttavia, sono andato a cercare notizie su Wikipedia, il tempio del sapere globale contemporaneo, e ho trovato una sorpresa inaspettata: apprendo che il grande cicloviaggiatore “morì all’età di 75 anni il 22 maggio 1940 e i suoi resti mortali riposano nel cimitero di Milano (la tomba è visibile al reparto 26 zoccolatura, numero manufatto 0487)”.

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    Luigi Bairo
    Luigi Bairo
    Autore, giornalista e musicista. Ha pubblicato libri dedicati alla “cultura della bicicletta”, resoconti di viaggio, testi di argomento pedagogico, di narrativa per ragazzi e di storia locale. Ha scritto di musica per il settimanale Il Risveglio ed è autore per la rivista Canavèis.

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