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giovedì, Maggio 1, 2025

    Una spremuta di… Stivali di gomma!

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    Siamo nel 1983, nel parcheggio del centro commerciale Westfield Paramatta di Sydney, in Australia.

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    La folla si accalca nel piazzale, ma non per i saldi. Sta per iniziare una delle ultramaratone più massacranti mai concepite: la “Westfield Sydney to Melbourne Ultra Marathon”, una corsa di 893 km che collega le due città più importanti dell’Australia. Ai blocchi di partenza si schierano atleti d’élite da tutto il mondo, sponsorizzati dai grandi marchi sportivi. Hanno una media di 30 anni, fisici scolpiti e team di supporto pronti a seguirli passo dopo passo.

    Tutti, tranne uno.

    Nel parcheggio c’è anche Cliff Young, un agricoltore di 61 anni, proveniente da Beech Forest, Victoria. Cresciuto durante la Grande Depressione, Cliff ha vissuto in una capanna di corteccia con i suoi fratelli e sorelle. Si presenta alla gara con una semplice tuta da lavoro e un paio di stivali di gomma.

    I giornalisti, incuriositi, gli chiedono cosa ci faccia lì. Cliff, con naturalezza, risponde:

    “Sono cresciuto in una fattoria. Non avevamo cavalli o fuoristrada, così, quando arrivava una tempesta, dovevo radunare le nostre 2.000 pecore a piedi, correndo per giorni. Credo di poter correre questa gara; sono solo due giorni in più.”

    I cronisti ridono, i favoriti si preparano. Nessuno dà peso a quel contadino dal passo incerto.

    Lo sparo di partenza dà il via alla corsa. Ben presto, i professionisti accumulano vantaggio su Cliff, che con il suo stile di corsa sgraziato – quello che sarà poi chiamato “Young Shuffle” – resta indietro.

    Alla prima notte, gli atleti si fermano a dormire, esausti dopo oltre 17 ore di corsa. Tutti, tranne uno.

    Cliff non sapeva che fosse previsto riposarsi. Così, come aveva fatto per tutta la vita rincorrendo le sue pecore, continua a correre. Giorno e notte, con brevi pause per bere e mangiare qualcosa. Sorretto solo da cioccolate calde e tazze d’acqua, avanza ininterrottamente.

    Dopo cinque giorni, 15 ore e 4 minuti, Cliff Young taglia il traguardo a Melbourne. Non solo ha vinto, ma ha battuto il record della corsa con un margine di dieci ore sul secondo classificato.

    Quando gli consegnano il premio di 10.000 dollari australiani, sembra sorpreso: non sapeva nemmeno ci fosse una ricompensa. Così, decide di dividerlo tra i cinque corridori successivi.

    “Hanno lavorato duro come me”, spiega ai giornalisti.

    Quel giorno, un umile agricoltore ha riscritto la storia delle ultramaratone, con un paio di stivali di gomma e una forza di volontà senza pari.

    Bella storia, vero?

    Sì, e come tutte le storie potrebbe avere una morale: se un contadino australiano tignoso può correre da Sydney a Melbourne con dei cavolo di stivali di gomma, senza mai fermarsi, probabilmente noi tutti potremmo già da oggi fare qualche stramaledetta semplice azione per riprenderci il mondo tra le mani e renderci felici,e non intendo certo parlare di una maratona di 893 km.

    No, penso che senza particolari sforzi, e pure con degli stivali di gomma se ci fa piacere, potremmo dire a gran voce che non abbiamo assolutamente l’intenzione di dotarci di una borsetta di sopravvivenza in caso di guerra o catastrofe europea, come gentilmente propostoci dalla commissaria europea per gli Aiuti Umanitari, Hadja Lahib.

    Che senza particolari sforzi di fantasia sapremmo benissimo come utilizzare 800 miliardi di Euro in mille e più modi utili e alternativi alla diabolica produzione di armamenti.

    Che senza particolare fatica potremmo essere disposti a costruire un solido tavolo di pace, con relative sedie su cui far accomodare, con gentile fermezza, chi da più di tre anni avrebbe dovuto avviare credibili e definitive trattative di pace.

    Così come potremmo con estrema semplicità riempire in un attimo tutte le piazze d’Europa e del mondo intero per pretendere che si agisca, da subito, per far cessare tutte le stragi di uomini, donne e bambini, di ogni colore, etnia, religione e nazionalità.

    E soprattutto, a casa nostra, in Italia, leggere a voce alta dai nostri balconi, l’articolo 11 della Costituzione: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

    Sono sicuro che sia molto più semplice che correre una maratona di ottocento km, con degli stivali di gomma.

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