Alla tomba di Matolda

Nelle Alpi Graie, in Val di Viù

0
2429

Risalendo il corso del torrente Stura di Viù vi è un punto dove la valle si apre in una ridente conca ospitando sulle pendici sud orientali dell’Uia di Calcante (1614m s.l.m.) l’abitato di Viù (785m s.l.m.).
Attraversato il nucleo principale sulla strada provinciale SP32 si scende alla borgata Fucine (728m s.l.m.), pare che il nome derivi dalla lavorazione nei tempi antichi del ferro ricavato nelle miniere della valle. Oltre la strettoia della chiesa la strada si allarga, presentando alla sinistra l’imbocco della strada provinciale SP197 che al di là del ponte si dirige al Colle del Lis, valico che collega la Valle di Viù con la bassa Valle di Susa.

Il nostro itinerario prosegue diritto per altri quattro chilometri raggiungendo il caratteristico ponte ad arco, in pietra, con baldacchino al centro, risalente al 1477 per mezzo del quale la mulattiera proveniente da Viù raggiungeva il borgo di Forno di Lemie (848m s.l.m.) che un tempo ospitava maestranze della Val Sesia e bergamasche, sede di magazzini e laboratori inerenti all’attività mineraria della zona dove argento, rame e ferro vennero lavorati per secoli, almeno fino al Settecento.

- Adv -

Nella seconda metà del XIX secolo al ponte ne è stato affiancato uno nuovo in occasione della costruzione in valle della carrozzabile. Attraversato il corso d’acqua si continua diritto sul rettilineo per circa settecento metri fino a deviare alla sinistra per imboccare la strada comunale che, snodandosi per circa quattro chilometri nel fitto bosco di betulle, castani, roveri e faggi, supera Molar, Borgial, Borgialetto raggiungendo Sant’Antonio (1211m s.l.m.) ultimo borgo della Valle Orsiera.
Al termine della strada asfaltata si parcheggia l’auto per iniziare una piacevole escursione continuando a percorrere la strada divenuta sterrata.
Abituati ai sentieri, il passo risulta un po’ monotono fino al Colle del Colombardo, ma  risulta ampiamente appagante il panorama tutto attorno.

A quota 1680 m, quattro chilometri dalla partenza l’ennesima curva a sinistra, al suo esterno si trova solitario uno sperone di roccia sul quale è stata collocata una statua della Madonna. Ai piedi della roccia su una targa ricordo in bronzo si legge: “Perchè ‘l ricòrd dij nòsti mòrt a svanissa mai e l’amor dla muntagna n’ ten-a sempi unì” ‘N grop d’amis” ann 2000. L’opera è stata ideata e materialmente eseguita nella primavera del 2001 da un gruppetto di pensionati che appassionati di montagna ancora oggi si trovano settimanalmente per salutari escursioni. Terminati i lavori la statua fu benedetta in loco il 30 giugno 2001 da Don Caccia, parroco di Lemie. Ormai prossimi al colle (1,6 Km) acceleriamo il passo raggiungendo in breve l’ampio pianoro erboso del Colle del Colombardo (1887m s.l.m.).

Sul colle sorge il santuario dedicato alla Madonna degli Angeli. Sopra il colonnato della facciata una targa ricorda che fu eretto per voto nel 1704-5 da un certo Giovanni Battista Giorgis del Forno di Lemie poi ampliato nel 1869-70 dai parrocchiani di Lajetto. Rivolti alla Val di Susa – maestoso il panorama se non vi è nebbia -, alla nostra sinistra, diparte il sentiero per Punta Imperatoria (2302m s.l.m.) del Monte Civrari, svoltando a destra si prosegue sulla sterrata che scende nella valle della Dora Riparia passando per il Colle Colombardino (1901m s.l.m.) (0,9 Km) e nei pressi del Monte Tomba di Matolda (2080m s.l.m.) (1,6 Km).
Una leggenda risalente al secolo XVI negli anni delle lotte tra Carlo V di Spagna e Francesco I di Francia per la conquista della Lombardia e del Piemonte, narra che a fronteggiare in Torino la minaccia francese, Carlo III detto il Buono incaricò uno dei suoi più fidi capitani e vassallo mentre lui si defilava dalla città portando seco la Sacra Sindone. Per sottrarre all’imminente attacco la moglie e la figlia il capitano le affidò alla nutrice con la quale ripararono nel suo casolare in Val Orsiera. Nella leggenda compare un duca traditore e spia il quale per gelosia e proprio tornaconto riuscì ad ordire un infame inganno che devastò l’amore tra il capitano e la consorte. Quest’ultima pazza di dolore vagò per i monti fino alla morte. Raccolta pietosamente da pastori si racconta che la tumularono su questo monte.

 

Cartografia: Fraternali 1:25.000 Valli di Lanzo n°8

- Adv bottom -

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.