Sembra incredibile, ma alcune date sono state un susseguirsi di tragedie.
Una di questa è senz’altro il 26 aprile. Ne ricordo alcune successe in tempi e luoghi diversi:
Il 26/04/1852: a Torino, una scintilla scatenò un incendio nel laboratorio della Polveriera, che operava in Borgo Dora, già allora quartiere popolare che ospitava circa 24.000 abitanti. La tremenda esplosione fu udita a chilometri di distanza. La fabbrica, situata ove ora c’è il Sermig, saltò in aria, in un’ecatombe di vetri, polvere e sangue. Vicino al fuoco innescato dall’esplosione c’era un deposito più grande, con ben 40.000 chilogrammi di polveri da sparo, che se raggiunto dal fuoco avrebbe potuto far saltare in aria tutta la città. Per fortuna intervenne un coraggioso “furiere”, Paolo Sacchi (a cui è dedicata l’omonima via) che incurante del pericolo coprì i barili di polvere con coperte impregnate d’acqua. Il bilancio finale fu di venti morti e altrettanti feriti, alcuni gravi. Gravissimi anche i danni materiali: tutte le abitazioni del Borgo furono danneggiate, le più vicine completamente distrutte.
Il 26/4/1859: l’Austria dichiarò guerra al Regno di Sardegna, causando lo scoppio della Seconda guerra d’indipendenza italiana.
Il 26/04/1933: venne istituita la Gestapo, la polizia segreta ufficiale del regime nazista. Se questa non è una tragedia…
Il 26/04/1937: bombardamento di Guernica, città della Spagna. Con questa tragedia la guerra cambiò radicalmente, perché l’obiettivo, da allora, non è più l’esercito avversario, quanto la nazione. Attaccare la nazione, i luoghi nevralgici e produttivi, bombardare le industrie, le infrastrutture e distruggere le città è diventata la nuova strategia di guerra. Da allora la guerra, purtroppo, si fa così, direttamente contro le popolazioni civili. Le bombe lanciate dagli aerei distruggono oltre alle infrastrutture, anche il morale e l’identità della gente. I civili non sono più un effetto collaterale, ma i destinatari della guerra. Distruggere la nazione vuol dire soprattutto annientare i luoghi di cultura, di lavoro, gli spazi di condivisione delle persone e la popolazione stessa. Quel pomeriggio, giorno di mercato, la città di Guernica (che contava 7.000 abitanti ed aveva dato rifugio a oltre 3.000 profughi) venne totalmente distrutta dall’aviazione tedesca, spalleggiata da squadriglie italiane. In poco più di tre ore vennero uccise più di 2000 persone. Picasso espresse tutto il suo dolore per questo fatto con “Guernica” una tela dipinta ad olio delle dimensioni di 3,49 x 7,76 mt che ora si trova esposta al Museo di Madrid.
Il 26/04/1942: Manciuria: nell’esplosione di una miniera rimasero uccisi oltre 1500 lavoratori.
Il 26/04/1945: in Italia la tragedia della seconda guerra mondiale è ufficialmente terminata, ma da un giorno al seguente non si possono cancellare dolori, lutti e rancori. Dopo un momento di gioia partirono le vendette. Per quanto si sia voluto girare pagina l’antagonismo di opinione rimane tutt’ora, dopo quasi ottant’anni.
Il 26/04/1986: occorre diffidare di chi possiede la certezza assoluta. Fino a quel disgraziato giorno la centrale nucleare di Chernobyl, nel nord dell’Ucraina, era considerata un successo. La produzione di energia superava le più rosee aspettative e la sua sicurezza sembravano indiscutibile. Il capo degli ingegneri del progetto si vantava della sicurezza di quel tipo di reattore, sostenendo che lo si potesse costruire anche a Mosca, persino sulla Piazza Rossa. Tutti sappiamo però che quel giorno avvenne il più grave disastro della storia delle centrali nucleari; purtroppo provocato da un imprudente esperimento, il reattore numero 4 saltò in aria. Dopo l’esplosione, la nube di fumi, contenenti isotopi radioattivi, si diffuse per oltre mille metri sopra la centrale; mentre i componenti pesanti di questi fumi caddero a terra nelle vicinanze, quelli leggeri, ovvero i gas, iniziarono la loro marcia verso l’Europa. Quando si diffuse la notizia, si scatenò il panico; ci si rende conto che il mondo non era poi così grande e ciò che succede a migliaia di chilometri si ripercuote anche da noi. La nube invisibile che si espanse causò danni irreparabili alla salute delle persone. Le vittime immediate, forse, sono state appena una trentina, ma, quelle successive migliaia. Le conseguenze sulle popolazioni locali, dureranno per decenni. Ancor ora, dopo quasi quarant’anni, una vasta aerea è ancora disabitata e preclusa alle visite di estranei, salvo permessi speciali.
Il 26/04/1994: Giappone: un Airbus A300-600R della China Airlines si schianta all’aeroporto di Nagoya, causando 264 vittime. E la storia continua.
Una data tragica
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