La terra piemontese è ricca di leggende: tra quelle che attirano di più la curiosità della gente troviamo le celeberrime gesta dei briganti, molti dei quali, col passare dei secoli, vengono raccontati come eroi, un po’ alla Robin Hood, generosi giustizieri che rubavano ai ricchi per dare ai poveri.
Uno di questi è Mayno della Spinetta, il brigante più famoso che Alessandria e le proprie terre abbiano conosciuto. Era la notte tra il 14 e il 15 giugno del 1800, i momenti della Battaglia di Marengo. Sabato 14 le truppe austriache si mossero da Alessandria verso il sobborgo di Spinetta Marengo e attaccarono le truppe francesi; la cascina della Pederbona (ancora presente, davanti alla fabbrica dell’azienda di saponi e profumi Paglieri) diventò un punto cruciale del conflitto. Fino a poche ore prima aveva piovuto abbondantemente e la pianura “mandrogna” era un acquitrino. I soldati si scontrarono in mezzo al fango e la melma finì per penalizzare gli austriaci. Le condizioni ambientali permisero così ai francesi di attaccare con risultati vincenti un esercito austriaco appesantito, con mezzi che si bloccarono nel fango.
Lo scenario che la mattina del 15 giugno si presentò sui campi tra Spinetta e Castelceriolo (frazioni alle porte di Alessandria) fu tremendo: i morti furono circa tremila, molti vennero accatastati, i lamenti dei feriti diedero vita a uno straziante e pietoso vociare. Gli abitanti della zona, che da giorni si erano rintanati nelle rispettive case impauriti dalla battaglia, uscirono dalle dimore e girarono tra i corpi e le macerie lasciate dal combattimento vinto dalle truppe dell’armata di riserva del primo console, Napoleone Bonaparte. Tra questi c’era il sedicenne Giuseppe Mayno, che da lì a breve diventerà il temuto e spietato bandito “Mayno della Spinetta”, autoproclamatosi “Re di Marengo e Imperatore delle Alpi”, in sfregio all’odiato Napoleone.
Mayno conobbe la giovanissima Maria Cristina, si innamorò e la sposò nel febbraio del 1803. Nel pomeriggio delle nozze tra gli invitati sbucò un certo Lanzone, zio paterno di Giuseppe Mayno, da tempo fuorilegge e appartenente alla banda del terribile Arragon. Quest’ultimo era inseguito e ricercato in tutta la Francia e si rifugiò per delinquere sulle colline attorno a Serravalle Scrivia, al confine tra Piemonte e Liguria, fondando una propria compagnia.
Durante il banchetto, Lanzone e il nipote Giuseppe iniziarono a sparare in aria per festeggiare le nozze, peccato che la gendarmeria francese avesse vietato l’uso in qualsiasi occasione delle armi. Così le forze dell’ordine intervennero, ne nacque una sparatoria dove trovarono la morte alcuni gendarmi napoleonici. Mayno e lo zio scapparono e si rifugiarono nella dimora serravallese di Arragon. Dopo qualche mese Arragon morì e Mayno ne prese l’eredità. Volle dare subito un carattere sacro al gruppo di banditi dandogli il nome di “Compagnia di San Giovanni”. La leggenda parla di Mayno come personaggio quasi mitologico col dono dell’ubiquità. Tra le gesta che la leggenda definisce eroiche e le cronache ridimensionano come efferate, citiamo l’aggressione nei pressi di Mergozzo, nel Verbano, alla carrozza colma di denaro dell’esercito francese scortata dal colonnello Martin de la Tourniere. Poi ci fu l’aggressione ai convogli che scortavano Papa Pio VII, che da Roma si stava portando a Parigi per incoronare a Notre Dame Napoleone.
Lo scrittore Stendhal cita Maino in un suo scritto titolato “I briganti in Italia”, in cui afferma: “Mayno di Alessandria è stato uno degli uomini più notevoli di questo secolo, si faceva chiamare Imperatore delle Alpi”.
Ma la vita di Mayno era destinata a finire presto: il suo grande cruccio, sotto la sua crosta di uomo temuto e spietato, era il fatto di non avere al proprio fianco la moglie Cristina e la figlia, nata nel 1804. E proprio mentre si recava dai suoi cari, i francesi misero in atto un assalto a casa del brigante, in cui Mayno venne ucciso.
Storia o leggenda? Il temutissimo brigante Mayno della Spinetta
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