Storia della Salumeria Peralli

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Dopo molti anni la targa faceva ancora bella mostra di sé. Era costituita da una lamiera su cui c’era scritto, con bei colori: Peralli Antonio Dal 1920 Alimentari, Drogheria e Generi Di Conforto.

La salumeria occupava un ampio locale, con retrobottega; faceva parte di un’antica costruzione che stava nella raccolta piazzetta della borgata di S. Anna al Campo, facente parte di una fiorente città di provincia.

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Assieme ad un bar-trattoria la Salumeria Peralli costituiva l’unico punto di rifornimento degli abitanti della borgata. Era gestita dalla signora Mariuccia, figlia di Antonio Peralli, il fondatore.

Antonio ebbe l’idea di aprire il negozio nei lontani Anni Venti del ‘900. Nella frazione di S. Anna al Campo dov’era nato, abitata da una cinquantina di famiglie più un certo numero di cascine, una salumeria era necessaria. Altrimenti gli abitanti dovevano andare in città con il calesse per fare provviste. Cosa faticosa e che richiedeva tempo.

Antonio aveva lavorato alcuni anni in città, proprio in una salumeria. Si era impadronito del mestiere.

Quando si decise a mettere su famiglia, sposando una bella e brava ragazza della borgata che si chiamava Giovannina, decise di tornare a S. Anna e, sfruttando la sua esperienza cittadina,  ebbe l’idea di aprire una salumeria.

Agli inizi era un negozio semplice. Un bancone di legno più un paio di scaffali. Era possibile acquistare i prodotti locali, più generi alimentari vari di cui Antonio andava a rifornirsi in città col suo carretto.

L’iniziativa fu salutata con grande favore: era una vera comodità non solo per la spesa, ma anche come punto di riferimento.

Con il tempo il negozio crebbe, divenne una salumeria ben fornita dove era possibile comperare anche cose sfiziose e non alimentari.

Il successo fu tale che Antonio dovette comperare un piccolo autocarro con cui andava a fare rifornimenti in città. In queste occasioni c’era chi gli affidava qualche commissione extra: ritirare un pacco, acquistare medicinali o libri. C’era poi il curato che gli diceva: “Antonio, comprami il giornale, così rimaniamo informati.”

 La sera, con il giornale sotto il braccio, il curato andava all’osteria a leggere le notizie agli uomini che giocavano a carte e bere qualche bicchiere. Questi sbuffavano un po’, ma poi ascoltavano. Il parroco diceva loro: “Teste di rapa che siete, queste notizie anche se arrivano da lontano ci interessano. Ci fanno conoscere il mondo!”

Antonio, aiutato dalla moglie Giovannina, gestì il negozio per molti anni. Anni in cui, tra l’altro, la coppia fu allietata dalla nascita di una bella bimba che chiamarono Maria. Per tutti Mariuccia. Mariuccia  rimase l’unica figlia perché il secondogenito, un maschio, morì appena nato. Una mancanza che Mariuccia si porterà dietro per sempre.

Gli abitanti di S. Anna quando entravano nella salumeria erano accolti dalle figure sempre sorridenti di Antonio e Giovannina. Quando i clienti avevano terminato la spesa, Giovannina dava sempre un lecca lecca, una caramella o un’altra ghiottoneria ai bimbi attaccati alle gonne della mamma, dicendo: “La vista di certe cose fa brillare gli occhi ai bimbi, non possiamo deluderli.”

Il negozio era diventato un punto d’incontro tale che c’era persino chi vi si recava avendo bisogno di un consigio,  tanto che si diceva: “Andiamo a chiedere ad Antonio, è uomo di buonsenso.”

Venne il tempo della pensione per Antonio e Giovannina. Non avrebbero voluto smettere: quello era il loro mondo. Erano ormai stanchi e vecchi. Avevano guadagnato un meritato riposo.

Il loro vuoto fu riempito da Mariuccia ormai adulta,  che da tempo si era sposata. Il marito era un bravo artigiano falegname e  non poteva aiutarla che di tanto in tanto.

La cosa non dispiaceva a Mariuccia che considerava il negozio il suo regno. Guardava compiaciuta i sacchi di legumi sfusi che, spesso, acquistava direttamente dai contadini, le parate dei salumi, i formaggi , le caramelle variopinte. La salumeria sembrava un affresco multicolore di un pittore amante della natura. Il pane profumava di lievito madre che gli donava una fragranza inconfondibile. Essendo una brava cuoca preparava, su richiesta, piatti speciali. Soprattutto nelle ricorrenze festive.

Un garzone l’aiutava nella gestione e se necessario portava a casa la spesa a qualche mamma indaffarata.

Continuò la tradizione di famiglia. La borgata ormai si era ingrandita, pur conservando sempre il suo aspetto campagnolo. Inoltre in quegli anni era stata costruita una grande arteria che partendo dalla città collegava tutti i paesi della zona.

Mariuccia era diventata, anche lei, una sorta di confessore laico: le chiedevano consigli e suggerimenti.

Come suo padre Antonio e Giovannina sua mamma, era diventata una figura istituzionale. Era sempre lì pronta ad accogliere e sorridere a tutti.

Un bel giorno entrò un suo amico Beppe della cascina S. Rocco, che in gioventù l’aveva pure corteggiata: aveva il volto triste ed abbacchiato.

“Cos’è successo Beppe, perché sei mogio tu che hai sempre un bel sorriso?”

“Vedi Mariuccia, io ormai sono vecchio e della cascina si occupano i miei figli. Ora i proprietari sono loro. Giorni fa si sono presentati due signori eleganti e dai modi gentili, avevano anche la “ventiquattrore”. Chiesero di parlare con i proprietari. I miei figli li fecero accomodare e questi dissero: “Siamo i rappresentanti di una grande società internazionale di distribuzione. Abbiamo pianificato di realizzare un grande centro commerciale in questa zona. Ci saranno anche molti negozi e punti di svago. Per noi il luogo ideale è dove sorge la vostra cascina. Il prezzo di vendita lo fate voi, inoltre ci impegniamo ad assumervi come impiegati. Farete una vita più comoda. Al centro daremo il nome della cascina. Inoltre ci impegniamo a conservare e restaurare l’antica cappella di famiglia. Sappiamo che è importante per voi.”

Dopo aver riflettuto alcuni giorni i miei figli hanno accettato l’offerta. Erano stanchi di fare i contadini. La prospettiva di una vita comoda era troppo allettante.”

“ È tutto finito, disse Beppe, quel luogo era la mia vita, lì sono nato, lì sono nati i miei i nonni. Così da molte generazioni.”

Trascorsero un paio d’anni.

Una mattina S. Anna al Campo si svuotò, c’era un grande via vai sulla strada: c’era l’inaugurazione del “Centro S. Rocco”. C’era una folla enorme. C’erano tutte le autorità in prima fila, c’era anche il parroco a benedire la nuova realtà.

Il centro era bello, enorme, sfavillante di mille luci e colori: aveva un aspetto seducente e ammaliante.

Passarono alcuni mesi. Sant’Anna si svuotò. I clienti erano spariti dalla “Premiata Salumeria Peralli”, solo alcuni anziani continuavano ad andare da Mariuccia.

Stanca e sfiduciata prese la decisione.

Dopo qualche giorno sulle serrande abbassate affisse un biglietto: “ La Salumeria Peralli cessa l’attività. Mariuccia va in pensione”.

Dopo cento anni la piazzetta di S. Anna Al Campo tornò ad essere vuota.

Aveva perso la sua anima.

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