Se dovessimo dire con quale biglietto da visita s’è presentato il nuovo anno, dovremmo rimettere mano a discorsi già fatti e fortemente intristenti: su di noi la permacrisi, la crisi permanente, a spiegare tutto e nostro orizzonte.
Per fortuna e parziale consolazione, Caselle ha invece cominciato il 2023 con alcuni messaggi positivi.
Tony Lo Muscio ha ricevuto il premio come “Casellese dell’Anno” per la straordinaria opera che ha saputo svolgere in favore dei suoi ragazzi, cercando sempre il buono anche laddove e quando il dolore sembrava doversi prendere tutta la scena. In più, saperlo fare sempre col sorriso è la lezione che ci lascia in dote. Una dote grande e da non sprecare.
Di sicuro non l’hanno sprecata né Salvo Cesarano, né Livio e Antonella Castelli che hanno devoluto il premio vinto nel concorso “ Caselle si colora di gentilezza” a La Stella Polare, a quei ragazzi che “ non possono scegliere”: un gesto alto e nobile, che rasserena e ti fa credere che non proprio tutto sia arido e spento come troppe volte crediamo. In questi atti possiamo trovare il germe che genera una comunità sana, propositiva, capace di diventare coesa, in grado di affrontare e superare le difficoltà che sicuramente ci attendono.
All’interno di questo numero troverete tanti articoli estremamente interessanti, ma vorrei segnalare alla vostra attenzione particolarmente alcuni di questi, capaci di lasciarci intendere dove possiamo approdare.
Ogni anno la Caritas cittadina invia a Cose Nostre “ la fotografia” dello stato di indigenza di tante, troppe famiglie casellesi. Il consuntivo del 2022 dovrà essere letto con estrema attenzione perché rappresenta uno spaccato che ci pone sicuramente e impietosamente di fronte a responsabilità. L’osservatorio “Caritas” ci dice che sempre più spesso c’è sempre più gente che smette di curarsi semplicemente perché non riesce a sostenere le cure mediche, che “l’anello debole” sono diventati i giovani. Tremendo.
Mentre lo stato sociale non può che appoggiarsi allo strenuo, splendido mondo del volontariato, visto che fa acqua per l’enorme evasione fiscale, il gigantesco debito pubblico, l’ormai trentennale scarsa natalità, c’è un’Italia che, forse scollata dal nostro quotidiano, viaggia a velocità doppia e pone problemi legati allo sviluppo e alla pervasività dell’intelligenza artificiale nelle nostre scuole e nel mondo del lavoro: c’è un aspetto che sicuramente affascina perché propone miglioramenti nelle nostre vite, ma ce n’è un altro che inquieta, visto che l’intelligenza artificiale potrebbe concorrere a sostituire tanta forza lavoro odierna.
Certo, il progresso non va osteggiato: gli strumenti nascono neutri, è lo sviluppo che l’uomo può farne a renderli positivi o non.
Però, in una società italiana che pare frammentata in una galassia di sfuggenti polarizzazioni, rischiamo veramente di avere però due categorie principali: un’Italia, per pochi, che agisce; un’Italia, per molti, che subisce.
Correremo il pericolo di vederci trasformati in individui spenti, senza potere di pensiero critico e autocosciente? Senza la percezione di ciò che stiamo vivendo realmente, sino a confondere il vero con la rappresentazione sempre più banale di esso?
A noi e non ai posteri l’ardua sentenza.
L’unica via per cercare di continuare a essere protagonisti e non comprimari nelle nostre vite sta in quello che Gaber cantava: la libertà è partecipazione. Per non essere sudditi.
Due velocità
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