I tempi grami incentivano il mugugno. E se fino a qualche decennio fa non c’erano che le pareti di un alloggio a testimone, o le relazioni delle case di ringhiera a raccogliere gli sfoghi, oggi i “ social” offrono una platea planetaria e sembrano fornire il più giusto e il più democratico dei mezzi per esprimere il proprio pensiero, come del resto vuole la nostra Costituzione, all’Articolo 21: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E, aggiungiamoci pure:“Tutti hanno il diritto e anche il dovere di sentirsi parte d’una comunità, locale o globale, che sia”. E i social, nel modo più comodo e prossimo che esista, sanno soddisfare ampiamente la bisogna.
Per ora, pare che i ragazzi continuino a preferire il raccontarsi attraverso TikTok e le stories su Instagram. Facebook? È diventato il social di noi boomers e della Generazione Z, quelli nati tra il ’46 e il ’64 e poi negli Anni ’70 del secolo scorso. Insomma, girala come vuoi, ma Facebook è diventato il “ social” di quelli che vecchi lo sono già e/o di quelli che lo stanno diventando.
E si sa che l’umarel che è dentro ognuno di noi fa sì che si attuino immediatamente due principali condizioni: automatico, per gli uomini, che dopo i sessanta scattino inconsciamente le mani incrociate in basso dietro alla schiena, sia in posizione di ponderosa attesa nell’osservazione di un qualsivoglia evento, che durante il lento cammino; giudizio ubiquo, sprezzante e malmostoso nei confronti di buona parte delle cose che ci propone ‘sto mondaccio che non riusciamo più a capire.
Senza il freno inibitore del confronto diretto, tranquillamente assisi di fronte a una provocante tastiera, e provocati da un incessante, torrentizio profluvio di commenti sugli argomenti più disparati e giudizi espressi sull’universo mondo, difficilmente riusciamo a resistere a non dire la nostra. A volte senza rileggere, regalando all’immediato, un pensiero nel modo più sgrammaticato e ortograficamente scorretto ( del resto, chi ci fa più caso ?), ma con la certezza d’aver saputo menare il più giusto, il più lacerante e definitivo dei fendenti, senza essere visitati dal dubbio d’aver appena espresso una cazzata cosmica o una frase di cui il mondo/mondaccio avrebbe potuto fare a meno.
Un esempio recente, la riasfaltatura di via alle Fabbriche: compare una foto con l’inizio del lavori, mezza carreggiata con asfalto nuovo steso e metà no. Davvero troppo poter immaginare che la macchina addetta alla lavorazione abbia solo una certa larghezza d’intervento e che, colmato il lato destro, poi si sarebbe provveduto al lato sinistro. Per cui, ecco implacabili i post che gridano scandalo e vergogna, senza temere un involontario umorismo.
I social, Facebook tra questi, sono strumenti potentissimi, che vanno maneggiati con estrema cura e valutandone bene bene gli effetti.
La vicenda legata alla manutenzione delle nostre scuole può essere presa a ulteriore esempio: indifferibili ma tutto sommato normali lavori di adeguamento, a causa di due comunicati contrastanti dati in pasto, hanno invece lasciato immaginare a molti scenari, a torto, inquietanti.
Prima di non riuscire a non definire i social “ il nuovo oppio dei popoli”, si riconsideri Padre Dante: “ Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza”.
Ricordarsene, non sarebbe male.