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martedì, Maggio 14, 2024

    Il Conte, il giallo, il verde

    VenticinqueGocceNell’Ottobre del  1872,  Phileas Fogg e il suo cameriere Passepartout, scommisero 20.000 sterline sulla possibilità di circumnavigare il globo in ottanta giorni.
    Mi chiedo se avrebbero scommesso anche la sola metà della cifra sulla possibilità che in Italia, dopo più di ottanta giorni, avremmo avuto un governo. Ovviamente non sarebbero stati così pazzi, ed infatti siamo arrivati a ottantotto, ma a caro prezzo: è stato un continuo ringhiare contro l’italico voto, che continua anche ora, tanto da farci chiedere a questo punto a cosa serva votare, se poi la politica vera la fanno i mercati con le loro minacce e i loro ricatti continui. Parole pronunciate da tanti, da tutti.

    Tutti contro, dal Ministro dell’Economia francese che ha pronunciato parole pesanti ricordando che “ci sono impegni che vanno al di là di ognuno di noi”. Forse tradotto significa che i cittadini poco contano, qualunque voto esprimano e qualunque sia la loro speranza.

    Europa: è un po’ come quando vivi in condominio: le spese si pagano, i debiti si saldano senza caricarli sulle spalle di altri, non si sporca e non si fa rumore, ci si comporta decorosamente e magari un buon rapporto con i vicini non guasta. Solo che il regolamento di condominio riesco a leggerlo, quello che invece governa l’Europa è già più complicato. Emerge però una sorta di insofferenza nei confronti di questa matrigna sempre pronta a riprenderci e a castigarci.

    Contro anche le agenzie di rating: Moody’s, Standard & Poor’s, Fitch, per nominarne alcune, appaiono come cani rabbiosi pronti a mordere e a minacciare, e lo spread, il maledetto spread tornato in vita dopo tanto tempo. Un mostro uscito dalla fantasia di Tolkien che divora i nostri risparmi, mette a rischio il nostro lavoro, le nostre vite, uccide le speranze.

    Aggiungiamo anche il tedesco Gunther Oettinger che abbaia: “I mercati insegneranno agli italiani a votare nel modo giusto”.

    L’ennesimo tedesco che usa metodi e toni di alcuni suoi predecessori usi a sbattere i tacchi e salutare col braccio teso. Fateci caso, le grane arrivano sempre dalla Germania. Certo, lo vedo anche io che in casa siamo messi veramente male, ma ingerenze di questo tipo rendono odiosi anche i turisti teutonici (spesso ubriachi) sulla spiaggia di Jesolo.

    Di solito, quando tutto ci è avverso, riusciamo a fare qualcosa di buono; e lo stiamo sperando tutti, perché mai come questa volta il voto è stato un urlo di protesta contro il sistema: quello delle banche, quello che delocalizza il lavoro, quello che ci toglie diritti, quello che ci lascia senza difese, quello che l’ingiustizia diventa la regola, quello che i tuoi risparmi me li prendo comunque. Quindi ora proviamoci! Il voto è andato grosso e grasso come un oleodotto a coloro che in questi mesi hanno promesso e gridato slogan che hanno fatto presa tra la gente, ed ora guai a deluderla. Tutti abbiamo aspettative, giovani e meno giovani, lavoratori e anziani, aspettiamo che almeno una percentuale delle promesse diventi realtà.

    Abbiamo chiuso gli occhi pure sul curriculum del premier, che certo non pare un trascinatore di masse popolari. L’aver frequentato le più prestigiose biblioteche del mondo non avrebbe dovuto essere messo nel curriculum vitae, e pazienza anche sul fatto che appaia assai imbranato. E pazienza se Salvini in gioventù è passato da Scienze politiche a Scienze storiche dando solo cinque esami, e se è apparso su Canale 5 a “Doppio slalom” e su Rete 4 a “Il pranzo è servito”, in fondo anche l’altro Matteo, Renzi, ha partecipato a “La ruota della fortuna”, lasciando libero sfogo al suo ego che oggi ben conosciamo.

    E pazienza pure se il perennemente abbronzato Luigi Di Maio (color Carlo Conti) non è nemmeno lui laureato ed ha dimestichezza con i congiuntivi così come Angelino Alfano padroneggia l’inglese, e sorvoliamo anche sul fatto che non abbia mai lavorato e non si sia mai laureato. Così come altri ministri odierni e passati la laurea ormai poco conta. Probabilmente perché i laureati scappano all’estero, chissà.

    Pazienza, ma adesso, caro Governo del cambiamento, veniamo ai fatti: non abbiamo nemmeno la scusa dei mondiali in Russia a distrarci! Vi guardiamo, vi giudichiamo. Non deludeteci e non fateci incazzare.

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    Luciano Simonetti
    Luciano Simonetti
    Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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