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giovedì, Maggio 16, 2024

    Il mito di Venezia

    Da Hayez alla Biennale

    L’autunno a Novara sarà particolarmente ricco: infatti nelle sale del possente castello Visconteo Sforzesco sarà visitabile dal 30 ottobre al 13 marzo 2022 la mostra “Il mito di Venezia. Da Hayez alle Biennale”. L’esposizione, promossa dal Comune di Novara, dalla Fondazione Castello Visconteo e dall’Associazione METS Percorsi d’Arte, è stata organizzata per celebrare i 1600 anni della città di Venezia, la cui fondazione è stata tradizionalmente datata al 421. Il mito della città lagunare è qui raccontato attraverso gli occhi di alcuni dei più grandi artisti che hanno operato nel periodo compreso tra i primi decenni e la seconda metà dell’Ottocento, influenzando significativamente, con il loro insegnamento e i loro lavori, lo svolgersi della pittura veneziana. Il percorso si articola tra ottanta opere esposte in otto sale tematiche. La prima è dedicata alla pittura di storia (genere considerato “più nobile”) e inizia con cinque importanti lavori di Francesco Hayez (Venezia 1791 – Milano 1882): uno dei maggiori esponenti del romanticismo storico, che con i suoi dipinti ben ha rappresentato gli ideali del Risorgimento. Accanto ad Hayez si trovano le opere di Ludovico Lipparini (1800-1856) e Michelangelo Grigoletti (1801-1870), due figure chiave nella formazione di artisti emblematici della generazione successiva come Marino Pompeo Molmenti (1819-1894) e Antonio Zona (1814-1892), anch’essi presenti in mostra.
    La seconda sala ospita quegli autori, veneziani e non, che hanno contribuito alla trasformazione del genere della veduta in quello del paesaggio: tra questi il grande pittore Ippolito Caffi (1809-1866) con due splendide vedute veneziane: Festa notturna a San Pietro di Castello (1841 circa) e Venezia Palazzo Ducale (1858), Giuseppe Canella (1788-1847), Federico Moja (1802-1885) e Domenico Bresolin (1813-1899) che fu tra i primi ad interessarsi anche di fotografia. Già nel 1854 era socio dell’Accademia come “pittore paesista e fotografo”, quindi titolare della cattedra di Paesaggio, Bresolin fu il primo a condurre gli allievi a dipingere all’aperto, affinché potessero dipingere in un ambiente stimolante, diverso da quello codificato dai grandi vedutisti del passato. Tra loro sono presenti in mostra Gugliemo Ciardi (1842-1917), Giacomo Favretto (1849-1887), Luigi Nono, Alessandro Milesi (1856-1945) e Ettore Tito (1859-1941).
    La terza sala è dedicata ad uno dei più amati paesaggisti veneti, Guglielmo Ciardi, del quale sono esposte ben dodici opere che, partendo dagli anni sessanta, per giungere fino ai primi anni novanta dell’Ottocento documentano l’evoluzione della sua pittura: ne è un esempio la magnifica Veduta della laguna veneziana (1882), che con i suoi brillanti colori avvolge di luce tutta la sala.
    La mostra prosegue con le belle opere dedicate alla pittura del vero con scene di vita quotidiana, legate agli affetti, agli idilli amorosi e alla famiglia come Il bagno (1884) di Giacomo Favretto, Mattino della domenica (1893 circa) e La signorina Pegolo (1881) di Luigi Nono; Girotondo (1886) di Ettore Tito. Anche il mondo del lavoro diventa protagonista con opere vivaci e ricche di dettagli aventi come soggetto contadini, lavandaie, raccoglitrici di riso, venditori di animali, sagre e mercati, come La raccolta del riso nelle terre del basso veronese (1878) e Il mercato di Campo San Polo a Venezia in giorno di sabato (1882-1883) di Giacomo Favretto.
    La settima sala è interamente dedicata a Luigi Nono (1850-1918) e offre un focus su una delle sue opere più celebri: il Refugium peccatorum.
    Il percorso espositivo si conclude con l’ottava sala dedicata alle opere realizzate in un periodo che si affaccia ormai sul Novecento: sono tele che riflettono il rinnovamento e il cambiamento di gusto indotti nella pittura veneziana dal confronto diretto con la cultura figurativa dei numerosi pittori stranieri che partecipavano alle nostre Biennali Internazionali d’Arte.
    Una mostra dunque, come un libro di storia che racconta Venezia e l’evolversi della pittura italiana dalla metà alla fine dell’Ottocento, verso i fervori che caratterizzeranno i primi del Novecento.

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