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mercoledì, Maggio 15, 2024

    L’abbazia di Fruttuaria a San Benigno

    Fu un importante centro di riforma monastica

    Arduino, governatore della Marca d’Ivrea, avversario dei vescovi eporediese e vercellese nonché re d’Italia dal 1002 al 1014 in opposizione all’imperatore germanico, con la consorte Berta presenziò nel 1003 alla posa della prima pietra dell’abbazia di Fruttuaria. Il monastero, fondato dal Santo Guglielmo da Volpiano nel territorio appartenente al feudo di famiglia, sorgeva presso un villaggio di nome Vigolfo (poi San Benigno) posto fra i fiumi Orco e Malone ed immerso tra le selve Gerulfia, Walda e Fullicia.
    Il fondatore, figlio del nobile svevo Roberto da Volpiano e di Perinzia (probabilmente sorella di Arduino), ebbe quale padrino di battesimo l’imperatore Ottone I di Sassonia; ancora oblato, Guglielmo rifiutò di ricevere il diaconato dal vescovo di Vercelli, che considerava irrispettoso dei precetti evangelici, quindi preferì l’abbazia di Cluny e, dopo la nomina ad abate di St-Bénigne (Digione), diede origine ad una quarantina di monasteri e chiese, divenendo promulgatore in tutta Europa della riforma cluniacense ed occupandosi finanche di architettura.
    Fruttuaria, le cui proprietà comprendevano gli attuali comuni di San Benigno, Lombardore, Feletto e Montanaro, poteva considerarsi uno Stato indipendente avente proprie leggi, il diritto d’asilo, la facoltà di battere moneta ed era, come Cluny, sottoposta esclusivamente al diretto potere papale, libera quindi da autorità laiche oppure ecclesiastiche, che spesso cadevano nella corruzione.
    L’abbazia, nel periodo di massimo splendore, contava oltre cento dipendenze fra possedimenti immobiliari, priorati ed abbazie minori, in Piemonte, Lombardia, Liguria, Germania ed accoglieva fino a milleduecento monaci.
    Nel 1014, sconfitto dall’imperatore Enrico II, pure Arduino si ritirò a Fruttuaria, ove depose la corona e concluse la vita un anno dopo. Le spoglie del re sono conservate però nel castello di Masino.


    Le “Consuetudines” dell’“Ordo Fructuariensis”, regole mutuate dal modello benedettino, si diffusero in Italia, Polonia e Germania, mentre il monastero fu centro di studio per agricoltura, pittura, musica e scultura.
    L’impostazione architettonica, dalle navate ridotte rispetto agli spazi presbiteriali e contraddistinta da molteplici absidi ed altari, fu scelta da Guglielmo in base ai principi cluniacensi e permetteva a tutti i monaci di soddisfare all’obbligo della messa quotidiana.
    Durante una campagna di scavi condotta tra il 1979 e gli anni Novanta emersero i resti dell’antico edificio, che fu sostituito quasi integralmente da una nuova struttura settecentesca mentre la torre campanaria romanica fu invece mantenuta; all’interno del campanile esistono due cappelle sovrapposte.
    Ai lati dell’altare centrale, le riscoperte pavimentazioni (probabilmente dono dell’imperatrice Agnese, madre di Enrico IV di Sassonia) presentano decorazioni a mosaico -le più antiche dell’area piemontese- in forme geometriche, vegetali ed animali quali leoni, aquilotti e riferimenti cristologici in foggia di grifone.
    Sono altresì conservati i resti della “rotonda del Santo Sepolcro”, copia simbolica della tomba di Cristo realizzata in occasione dell’acquisizione di reliquie provenienti da Gerusalemme.
    Successivamente ad un periodo di decadenza ed alla soppressione del monastero nel 1477, furono nominati abati “commendatari”, ossia vescovi oppure cardinali non residenti nell’abbazia; ad inizio Settecento, i Savoia inoltre sottomisero militarmente le terre di Fruttuaria.
    Nel 1749, l’abate cardinal Carlo Ignazio Vittorio Amedeo Delle Lanze (priore di San Giusto di Susa e di Lucedio, cappellano della corte sabauda nonché consacratore della basilica di Superga), in seguito ad una serie di tentativi per restaurare l’ormai cadente abbazia decise di demolirla quasi interamente, salvando però la torre e parte del chiostro, con il fine di edificare una nuova chiesa che ricalcasse la basilica di San Pietro in Vaticano: il baldacchino posto dietro l’altare maggiore riproduce infatti, sebbene in dimensioni più contenute, quello berniniano.
    Il cardinale affidò la commessa a Bernardo Antonio Vittone, architetto e trattatista tardo-barocco caratterizzato da “prodigiosa capacità di sperimentare sistematicamente conformazioni assurgenti alla sublimazione della forma. Leggerezza di tocco e massimo di luminosità quasi ai limiti del diafano e dell’incorporeo” (A. Cavallari Murat). Alla morte di Vittone, il cantiere passò agli allievi e collaboratori Mario Lodovico Quarini, già neoclassico, e Pietro Bonvicini, che portarono a termine il complesso architettonico generando uno stile che Cavallari definì “benignista”.
    Nel chiostro settecentesco a pianta ottagonale sono emersi altresì elementi romanici.
    Il cardinale Delle Lanze commissionò inoltre per l’abbazia opere pittoriche ad artisti quali Mariano Derossi, Giuseppe Cades, Francesco Pagi d’Urbino ed Angelo Banchero; i dipinti ottocenteschi delle volte e della cupola sono di Francesco Gautier.
    Gli abitanti dei territori vicini a Fruttuaria possono dunque vantare un monumento di valenza storica ed artistica che in passato collocò il verde Canavese al centro della spiritualità europea.

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