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martedì, Novembre 5, 2024

    I muri quelli di ieri e quelli di oggi


    Era il 1961. Torino sceglieva l’abito più bello per prepararsi a festeggiare il centenario dall’Unità d’Italia. Ma in una città della vecchia Europa, la sorte di migliaia di persone veniva improvvisamente segnata da un atto di potere, che condizionò la loro esistenza per un’intera generazione. Successe che 43 km di filo spinato vennero posati sul suolo, seguiti dalla rapida costruzione di un muro perimetrale, altrettanto lungo e alto fino a 3.6 metri. Il muro doveva semplicemente impedire che la Repubblica Democratica Tedesca (DDR) diventasse deserta, senza abitanti. Questo perché la gente fuggiva verso i 3 settori della città di Berlino sotto l’egemonia americana, inglese e francese, attirata dalle luci del miracolo economico. Berlino ovest era un’oasi consumistica mentre tutt’intorno la condizione economica era decisamente più modesta. Una città spaccata in due è una tragedia immane; sono rimasto impressionato quando sono stato a Gorizia e ho dormito nell’hotel della stazione, in Italia, mentre la stazione posta di fronte era in territorio iugoslavo. A Berlino, quel giorno, il 14 agosto 1961, molte persone cercarono di raggiungere rapidamente i congiunti sulla sponda occidentale. I più audaci saltavano dai balconi, o dai tetti dei caseggiati, che stavano per essere tagliati dalla nuova linea di demarcazione. Altri scavavano tunnel come talpe, sperando di poter approfittare della confusione. Quel muro aveva deciso che amici o parenti improvvisamente si ritrovassero in Paesi diversi e ostili. Era molto giovane, la prima persona uccisa mentre tentava di attraversare quella barriera artificiale nell’agosto del ’61, si chiamava Gunter Litwin. Dopo di lui, altre 239 persone furono uccise dalle guardie schierate lungo il perimetro; l’ultimo, il 6 febbraio 1989, era ancora un giovane, si chiamava Chris Gueffroy. Malgrado i cani, circa 300 torrette di guardia e una illuminazione a giorno su tutto il perimetro del muro 5043 persone riuscirono nell’intento, di cui 574 militari. La storia e la geografia dell’Europa hanno dovuto aspettare fino al 9 novembre 1989 per ricomporsi. L’ottantanove è stato l’anno più importante per l’intero continente, dopo la fine della guerra e la sconfitta del nazismo. Quel muro che cadde sotto i colpi di piccone dei cittadini, quelle mani che strapparono il filo spinato, comporteranno non solo l’unificazione della Germania, sotto un regime democratico, ma saranno la scintilla che, 2 anni dopo, causerà la fine dell’Unione sovietica e l’autonomia da Mosca di Polonia, Ungheria, Romania, Bielorussia, Lituania, Estonia, Lettonia. Sarebbe bene ricordare ai potenti, che continuano tutt’oggi, in diverse parti del mondo, a costruire muri, che prima o poi verranno sicuramente abbattuti dai popoli oppressi. Berlino purtroppo non ha insegnato nulla; oggi si contano nel mondo più di 70 muri in 65 paesi, Europa inclusa. Negli ultimi tre decenni la crescita è stata esponenziale. Il paradosso è che questo si sta verificando nel mondo globalizzato, ove anziché abbattere le divisioni si passerà alla storia come l’era dei nuovi muri. Sono molto simili le motivazioni che spingono i capipopolo a esaltare la chiusura verso l’esterno. Più che la paura di un attacco militare c’è il timore delle ondate migratorie. I grandi flussi di persone in cerca di dignità, nella parte più fortunata del mondo, fanno paura, e generano la diffusione di sentimenti ostili. Nella visione di governi a caccia di quell’entità nazionale, nessun’ arma difensiva è più efficace di un muro, il miglior deterrente per far svanire i sogni di chi viaggia per disperazione. Ma dove si trovano queste barriere? Le più note sono: quella tra USA e Messico; quella tra le 2 Coree, quella che divide l’isola di Cipro; quella del Sahara occidentale; ma ce ne sono molte altre in aree di confine, dove la tensione è molto alta. India/Bangladesh; è uno dei confini più pericolosi del mondo. Israele/Palestina; una diatriba territoriale esplosa dopo il secondo conflitto mondiale. Yemen/Arabia Saudita; qui i sauditi hanno iniziato a erigere una barriera per proteggere le proprie ricchezze. Ungheria/Serbia; una barriera alzata nel 2015, nella Serbia del Nord. A pochi metri, sul confine con l’Ungheria, troviamo il muro eretto dal governo ungherese per bloccare il passaggio degli immigrati, che desiderano proseguire il viaggio verso il Nord Europa. Dopo Berlino è la prima barriera costruita tra due Paesi dell’Unione Europea: 3,5 metri di altezza e 175 chilometri di filo spinato. Poco dopo è iniziato il muro sulla frontiera croata ed è in progetto quello verso la Slovenia che, nel frattempo, ha iniziato ad alzare un muro sul versante croato. Nessuno sa quando si potrà dire basta. Tutto questo è veramente assurdo. Basta!

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    Ernesto Scalco
    Ernesto Scalco
    Sono nato a Caselle Torinese, il 14/08/1945. Sposato con Ida Brachet, 2 figli, 2 nipoti. Titolo di studio: Perito industriale, conseguito pr. Ist. A. Avogadro di Torino Come attività lavorativa principale per 36 anni ho svolto Analisi del processo industriale, in diverse aziende elettro- meccaniche. Dal 1980, responsabile del suddetto servizio in aziende diverse. Dal '98 pensionato. Interessi: ambiente, pace e solidarietà, diritti umani Volontariato: Dal 1990, attivista in Amnesty International; dal 2017 responsabile del gruppo locale A.I. per Ciriè e Comuni To. nord. Dal 1993, propone a "Cose nostre" la pubblicazione di articoli su temi di carattere ambientale, sociale, culturale. Dal 1997 al 2013, organizzatore e gestore dell'accoglienza temporanea di altrettanti gruppi di bimbi di "Chernobyl". Dal 2001 attivista in Emergency, sezione di Torino, membro del gruppo che si reca, su richiesta, nelle scuole.

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