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giovedì, Maggio 16, 2024

    Attacco ai diritti umani

    Oggi 23 marzo 2024, mentre scrivo si susseguono le notizie, sempre più tragiche, dell’attentato al teatro di Mosca; in questo preciso momento i morti si avvicinano a centocinquanta, ma temo che il numero aumenterà ancora. Naturalmente nessuna persona con il cervello in ordine può approvare azioni di questo tipo, sono fatti sconvolgenti, anche se, purtroppo la storia recente né ricorda numerosi.

    Sono passati più di ventun anni da un altro attentato del tutto simile all’odierno, proprio nel cuore della capitale russa. Tra il 23 e il 26 ottobre del 2002 al teatro Dubrovka di Mosca, vennero sequestrati e tenuti in ostaggio circa 850 civili, da parte di un gruppo di 40 militanti armati ceceni, che rivendicavano il ritiro immediato delle forze russe dalla Cecenia e la fine della seconda guerra cecena. Dopo oltre due giorni, le forze speciali russe pomparono un misterioso agente chimico all’interno del sistema di ventilazione dell’edificio, provocando la morte di 129 ostaggi e di 39 combattenti ceceni.

    Sempre a Mosca, nel febbraio del 2004, è avvenuto un attentato, attribuito ancora ai ceceni, che colpì la metropolitana, uccidendo 41 persone. Ma il ricordo più struggente va alla tragedia di Beslan, quando, il primo settembre dello stesso 2004, primo giorno di scuola, un gruppo, di una trentina di indipendentisti ceceni, irrompe in una scuola della città di Beslan, nell’Ossezia del nord, una repubblica autonoma caucasica russa. I terroristi prendono in ostaggio quasi 1000 persone, insegnanti, personale della scuola, genitori, e 132 bambini, minacciando di far saltare la scuola in caso di irruzione. Per 2 giorni e 2 notti, nessuno può muoversi di un solo passo. Intorno alle 13, del 3 settembre, una bomba collocata dai terroristi scoppia per errore e alcuni ostaggi tentano di scappare, inseguiti dagli spari dei sequestratori. A questo punto parte il blitz delle forze di sicurezza russe. Al termine dell’operazione i morti sono 394. “Nessuno mette in dubbio – disse Visarion Aseiev, un insegnante sopravvissuto – che la colpa sia dei terroristi e di chi li ha mandati. Ma tutti hanno capito anche, che quel giorno l’obiettivo delle forze russe era uccidere trenta banditi, non salvare centinaia di bambini e civili innocenti”. La stessa identica tattica era stata usata nel suddetto attentato al teatro Dubrovka di Mosca. La giornalista Anna Politkovskaja non ebbe timore di denunciare questo comportamento e altre nefandezze del regime, ma pagò con la sua vita.

    Ma anche la democratica Europa occidentale non si può dire sia immune da questi episodi. Fra quelli che hanno fatto più “notizia” ricordo che:

    Il 13 novembre 2015, a Parigi, si contano 130 morti (tra cui l’italiana Valeria Solesin) in attentati multipli in contemporanea, presso la sala concerti Bataclan, in diversi bar e ristoranti nel X e XI ‘arrondissement’ parigini e allo Stade de France.

    Il 22 marzo 2016, a Bruxelles, i morti sono 32 (tra cui la belgo-italiana Patricia Rizzo) e 340 feriti a seguito dell’esplosione di due bombe all’aeroporto una alla stazione della metropolitana di Maelbeek, nel cuore del quartiere europeo.

    Come sempre a pagare il costo più alto sono coloro che hanno meno colpe. Per quanto si tenti di trovare una pur minima giustificazione non se ne viene a capo. Non ha alcun senso logico reagire in quel modo, contro gente innocente, per rivendicare un qualsiasi torto subito. Chi compie questi atti è mosso solo dal suo fanatismo? E’ drogato? E’ pagato? E’ pazzo? E’ stato costretto? Non è facile rispondere a queste domande. Questi atti li abbiamo etichettati come “terroristici”, mentre fingiamo di non sapere che qualsiasi guerra odierna non è altro che una somma di atti terroristici, a spese delle popolazioni civili. Atti che colpiscono i più basilari diritti umani: primo fra tutti il diritto alla vita, ma anche alla salute, alla casa, a una condizione di vita serena e dignitosa.

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    Ernesto Scalco
    Ernesto Scalco
    Sono nato a Caselle Torinese, il 14/08/1945. Sposato con Ida Brachet, 2 figli, 2 nipoti. Titolo di studio: Perito industriale, conseguito pr. Ist. A. Avogadro di Torino Come attività lavorativa principale per 36 anni ho svolto Analisi del processo industriale, in diverse aziende elettro- meccaniche. Dal 1980, responsabile del suddetto servizio in aziende diverse. Dal '98 pensionato. Interessi: ambiente, pace e solidarietà, diritti umani Volontariato: Dal 1990, attivista in Amnesty International; dal 2017 responsabile del gruppo locale A.I. per Ciriè e Comuni To. nord. Dal 1993, propone a "Cose nostre" la pubblicazione di articoli su temi di carattere ambientale, sociale, culturale. Dal 1997 al 2013, organizzatore e gestore dell'accoglienza temporanea di altrettanti gruppi di bimbi di "Chernobyl". Dal 2001 attivista in Emergency, sezione di Torino, membro del gruppo che si reca, su richiesta, nelle scuole.

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