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Comune di Caselle Torinese
giovedì, Maggio 16, 2024

    Bar Garibaldi

    Un caffè al volo al bar Garibaldi, dopo aver acquistato il giornale, e via al lavoro verso Leinì.
    Per Francesco era diventata una consuetudine giornaliera.
    Quando era ancora buio, quel caffè era diventato come un colpo di gong che dava il via alla nuova giornata.
    A quell’ora gli avventori erano frettolosi e ancora intorpiditi di sonno, il caffè avrebbe dato una scossa elettrica fornendo la necessaria sferzata.
    Il locale era ancora avvolto in un’atmosfera sonnacchiosa e straniante come in un quadro di Edward Hopper; più tardi si sarebbe riempito di una varia umanità che si dava appuntamento al Garibaldi per una partita a carte o per lunghe discussioni soprattutto calcistiche.
    Quell’abitudine mattiniera col tempo, per molti casellesi, è diventata un’irrinunciabile tradizione.
    È rimasto il primo gesto all’inizio di un nuovo giorno. Del resto la posizione del bar è strategica: è collocato al centro della città ed è un vero presidio dell’incrocio cittadino collocato in un punto che ne fa l’ombelico della nostra cittadina.
    Il Garibaldi, come tanti altri bar e osterie, oramai quasi tutte scomparse eccetto qualcuna, è un esercizio nato nella seconda metà dell’Ottocento, il suo nome fornisce una chiara indicazione sulla sua data di nascita. Gran parte di questi luoghi di incontro e ristoro sono nati proprio in quel periodo. Questa diffusione fu favorita dalla presenza sul territorio della città di numerosi opifici. Al mattino ci si incontrava al bar prima di andare al lavoro. Anche alla fine del turno di lavoro si andava a bere un bicchiere e fare quattro chiacchiere prima di far ritorno a casa.
    Per Francesco, fin dagli inizi, la sosta in questi luoghi era diventata lo strumento per conoscere la gente e per integrarsi.
    Francesco attendeva con piacere il sabato e la domenica. In quei giorni avrebbe potuto sostare qualche ora al bar Garibaldi a sfogliare i giornali. Nel fine settimana il locale appariva per quello che era: un crocevia di incontro delle persone. Le discussioni erano sempre animate. Soprattutto se si parlava di calcio. I tifosi delle varie squadre, soprattutto le più importanti, si accapigliavano e si accaloravano intorno a presunte ingiustizie subite da parte degli arbitri. Il gestore cercava di far da paciere, giusto per darsi un tono, ma essendo anche lui un appassionato tifoso non disdegnava di partecipare alla discussione. Non si trascendeva mai.
    Finite le discussioni calcistiche iniziavano le trattative per formare le necessarie coppie per giocare a scopa, briscola o tressette . Di norma le coppie erano sempre le stesse e ogni tavolo finiva col presentare sempre la stessa composizione. La posta in gioco era simbolica: una birra, un caffè o un litro di rosso.
    In breve tutti i tavoli del salone venivano occupati e iniziava tutto un altro tipo di vociare. Il fumo delle sigarette si tagliava a fette. D’estate bastava aprire le finestre, quando faceva freddo sembrava di essere immersi in una giornata nebbiosa. Gli inviti alla moderazione erano lettera morta.
    Francesco si avvicinava a qualche tavolo per assistere al gioco. Lui non aveva mai avuto la passione per il gioco delle carte; rimaneva comunque affascinato dalla bravura di certi giocatori nel tessere vere strategie, dalla loro capacità di capire che giocate avevano in mano gli avversari, analizzando le loro mosse di gioco.
    A volte assisteva a scene turche: se per errore un componente di una coppia sbagliava la giocata, magari non avendo letto correttamente i criptici segni di intesa del socio, allora erano veri urlacci: aveva fornito agli avversari l’occasione per la mossa vincente.
    Quando si avvicinava l’ora del pranzo tutti si avviavano verso casa. Ma la discussione mica era finita: continuava anche per strada. Si chiedeva la rivincita, magari nel pomeriggio dello stesso giorno.
    Nel corso degli anni il bar ha conosciuto diversi gestori, tuttavia il Garibaldi non ha mai smarrito la sua anima popolare. Forse è l’unico locale dove tuttora si tramanda il clima di luogo di incontro dove è possibile parlare un po’ di tutto, giocare a carte e fare discussioni animate senza che nessuno senta la necessità di andare via lamentandosi. In questo assomiglia al rimpianto locale da barbiere gestito per molti anni da Mauro Agostino, proprio ad un tiro di schioppo dal Garibaldi.
    Oggi la maggior parte dei bar, non solo a Caselle, sono diventati semplici luoghi di consumo o brevi soste. Le caratteristiche che una volta facevano sì che bar e osterie fossero anche luoghi di vita sono sparite quasi ovunque. Sopravvivono poche oasi.
    A metà degli Anni ’90, precisamente nel 1994, ai tradizionali motivi per sostare al bar se ne aggiunse un altro che fu una vera rivoluzione delle abitudini. Nel 1990 era stata fondata la rete televisiva Telepiù. Questa rete, a pagamento, oltre ai film trasmetteva la domenica sera una partita di calcio in diretta di serie A: una novità assoluta che rivoluzionava il modo di vivere il campionato. Ai match proposti dalla radio e alle partite allo stadio si aggiungeva una possibilità che da quel momento avrebbe trasformato radicalmente la vita degli appassionati.
    In occasione delle partite che vedevano protagoniste le squadre più seguite, soprattutto Toro, Milan, Napoli, Inter, Juve ecc., il salone si riempiva all’inverosimile di tifosi. Il Garibaldi diventava un bar-sport vociante con il pubblico diviso in due fazioni più agguerrite delle contrade di Siena durante il palio.
    Le azioni più ficcanti venivano accompagnate da urla di entusiasmo o delusione.
    Quando l’arbitro fischiava qualche fallo, i più esagitati scattavano in piedi e ne dicevano di tutti i colori.
    Insomma una vera bolgia. Il salone diventava particolarmente incandescente durante il derby Juve-Toro e Juve-Napoli.
    Durante le partite il barista andava trafelato avanti e indietro a servire birre e altri beveraggi. A fine partita, però, si fregava le mani.
    Anche quella stagione ebbe termine a causa della diffusione capillare della possibilità di vedere le partite a casa. Pratica che ci ha portato all’attuale bulimia.
    Ma l’anima popolare del Garibaldi non è mai venuta meno.
    In tempi di pandemia Francesco guarda sconsolato il salone il cui ingresso è sbarrato: si presenta vuoto, buio e tristemente vuoto.
    Gli avventori del bar, nonostante l’attuale situazione, non si sono arresi. Aspettano fiduciosi, pronti a tornare intorno agli amati tavoli da gioco e riprendere le vivaci discussioni.
    Non appena Natale, attuale gestore, potrà riaprire questo gesto sarà il segnale del ritorno all’attesa normalità. Ci si accalorerà di nuovo per le mosse sbagliate, si tornerà a parlare con passione di meravigliose facezie. Riprenderanno le interminabili discussioni, calcistiche e politiche, dove ognuno sosterrà, il più delle volte, tesi improponibili.
    Tranquilli, finita la discussione tutti andranno al bancone per brindare dandosi pacche sulle spalle. Il Garibaldi tornerà a vivere e tornerà ad essere quello che è sempre stato: la casa di tutti.

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