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Comune di Caselle Torinese
giovedì, Maggio 16, 2024

    La sconfitta dell’indifferenza


    Quella sera Marta era decisamente stanca. Non fisicamente: mentalmente.
    Come spesso capitava, nel suo lavoro, era lo stress a giocarle brutti scherzi.
    Purtroppo anche quando era stanca e vuota dentro non poteva darlo a vedere.
    Il suo era un lavoro che esigeva continuamente il sorriso stampato sul volto. La cortesia, la disponibilità e la predisposizione a soddisfare anche richieste strampalate erano doti indispensabili.
    Era il tipo di lavoro che lo richiedeva. Marta era la responsabile di un elegante negozio situato al primo piano di un prestigioso palazzo di Via della Spiga a Milano.
    Una strada brulicante di gente a ogni ora del giorno.
    Il negozio di cui era responsabile era il punto di riferimento di una clientela esigente ed esclusiva che pagava gli esosi conti senza battere ciglia.
    Da ragazza aveva ben altri sogni: diventare una storica dell’arte o artista impegnata essa stessa.
    Per esigenze economiche aveva dovuto cercarsi un lavoro. Accettò di diventare commessa in quel negozio. Da subito aveva dimostrato di saperci fare con le facoltose e viziate clienti, aiutata in ciò dal suo innato buon gusto. Tutto sommato anche questa attività era contigua all’arte, il suo sogno nascosto.
    Nonostante lo stress e la pesantezza del lavoro era sostanzialmente soddisfatta.
    Al sabato sera, quando la boutique chiudeva, si sentiva svuotata. I due giorni di chiusura erano lo spazio giusto per svagarsi e ritemprarsi assieme al marito e all’amata figlioletta Stella. Si riapriva il martedì.
    Era sempre l’ultima ad uscire. Anche in quella sera di Aprile, con gli incipienti tepori primaverili, fu lei a spegnere le luci.
    Si immerse nel via vai incessante e caotico di Via della Spiga di Milano. Una delle arterie più eleganti della città e chiusa al traffico. Questo ne faceva una meta del passeggio serale. Quella via pullulava di negozi e boutique esclusivi, vi passeggiava gente proveniente da ogni dove.
    Si avviò con passo lento tra la folla. Aveva bisogno di svagarsi. Le piaceva osservare le persone, cercava di capire che tipo di gente fossero, dove andavano. Sapeva che era impossibile indovinare i caratteri a colpo d’occhio. Tuttavia le piaceva pensare che fossero tutti felici.
    In realtà tutti andavano veloci ed erano frettolosi, magari ansiosi di tornare a casa o non tardare a un piacevole appuntamento.
    Mentre andava notò che, fermo e disorientato, in quel caos c’era un uomo di età avanzata. Aveva un foglietto in mano che cercava, disperatamente, di mostrare ai frettolosi passanti.
    Molti lo scansavano. Qualcuno sbirciava il foglio, faceva un cenno di diniego e procedeva. Un uomo dalla parlata straniera si fermò, cercò di capire ma l’ostacolo linguistico era un vero muro.
    Marta si fermò a osservare. Anche lei aveva fretta, l’aspettavano il suo uomo e l’amata figlioletta. Tuttavia decise di capire cosa stesse succedendo.
    L’uomo, vestito dignitosamente, continuava a guardarsi intorno disperatamente. Nonostante quella via fosse affollata, per quell’anziano signore, era come una landa deserta.
    A un certo punto abbassò la mano con il foglietto e chinò la testa. Si sentì sconfitto. A che pro insistere se nessuno prestava attenzione? Evidentemente si sentiva perso.
    Marta, istintivamente, si avvicinò e chiese:” Ha bisogno di aiuto, sta bene? Si sieda. Le vado a prendere un bicchiere d’acqua. Posso aiutarla?”
    L’uomo la guardò con il suo viso angosciato e rispose:”È Dio che la manda. Mi sono perso, per giunta non trovo più il portafoglio. Devo averlo perso oppure me lo hanno rubato. Sono rimasto senza un soldo e sono lontano da casa. Nel tentativo di ritrovare la via di casa mi sono ritrovato in questo caos. Non so più che fare. Ho scritto l’indirizzo su questo foglietto ma tutti hanno fretta.”
    Marta lesse l’indirizzo e lo rincuorò :” Non è troppo lontano, l’accompagno io. Facciamo due passi assieme se le va, io ne ho bisogno. Come si chiama lei? Io Marta.”
    “Io mi chiamo Giacinto.” rispose l’uomo. Si avviarono. “Se vuole può appoggiarsi a me mentre andiamo”, propose Marta.
    Giacinto rispose con un sorriso e appoggiò la mano sul braccio della donna. “ Grazie, – disse – ne ho bisogno mi fa sentire sicuro. Sa, a una certa età si ritorna un po’ bambini. Si avverte il bisogno del contatto umano, trasmette calore.”
    Si posero in cammino, sembravano padre e figlia. Cominciarono a chiacchierare.
    Giacinto si sciolse, evidentemente Marta gli ispirava fiducia. Le raccontò le vicende della sua vita coniugale vissuta assieme all’amata moglie Viola, scomparsa già da alcuni anni. La loro era stata una vita faticosa ma felice. Era stata allietata da due figli. Un maschio e una femmina oramai adulti. Erano due affermati professionisti che vivevano in città lontane.
    Rimasto vedovo, aveva deciso di vivere da solo. Troppo struggente era il ricordo della sua amata Viola per accettare altre compagnie.
    Anche Marta parlò delle sue vicissitudini, i suoi sogni di ragazza idealista. Un idealismo, come spesso accade, abbandonato ma che, ostinatamente, le tornava in mente e la spingeva ad assumere posizioni radicali davanti alle ingiustizie.
    Mentre andavano Marta si accorse che stavano passando vicino ad un bar dove lei si fermava sovente :” Senta Giacinto, penso che lei sia digiuno dal mattino. Sicuramente non ha mangiato nulla, fermiamoci a mangiare qualcosa e bere un caffè.”
    In effetti Giacinto era a pancia vuota da un bel po’. L’uomo mangiò due cornetti, anche Marta ne divorò uno. Fece uno strappo alla dieta. Si era tolta una voglia. Il caffè diede una bella scossa di allegria. Si sentirono rincuorati. Giacinto guardò la donna con gratitudine e le sorrise. Quella bella e giovane donna era stata mandata dalla sua buona stella: Viola. Non c’erano dubbi.
    Ripresero il cammino. Anche il racconto delle loro vicissitudini divenne più allegro e libero.
    Giacinto si guardò intorno e disse:” Ecco ci siamo. Abito qui. Lei, signora Marta, mi ha ridato la vita e la fiducia verso gli altri che stavo smarrendo. Ora che ci siamo conosciuti dobbiamo rimanere in contatto. Le lascio il mio numero di cellulare. Lei mi ricorda la mia figliola che vive lontano.”
    Marta acconsentì e le diede il suo numero di telefono. Istintivamente pensò:” Ecco, Giacinto può essere il nonno per Stella.”
    Mentre Giacinto si allontanava Marta gli disse:” Domenica venga a pranzo da noi, le faccio conoscere Stella, mia figlia. Desidera tanto un nonno.”
    Giacinto si voltò con un bel sorriso e chinò la testa in senso di accettazione.
    A casa i suoi aspettavano con ansia a causa del ritardo. Raccontò loro la vicenda vissuta. Stella la abbracciò e suo marito le rivolse un sorriso carico d’orgoglio e andò ad apparecchiare.
    Vittorio Mosca

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