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giovedì, Aprile 18, 2024

    Castelli in Valle

    Si deve a Andrea Longhi lo studio attento e sistematico delle strutture fortificate nelle valli di Lanzo; attraverso la “lettura” di edifici e di ruderi ancora esistenti, di documenti d’archivio, Longhi ha ricostruito la realtà di undici insediamenti a far data dal 1292 allorché Margherita di Savoia ( + 1349 ) – consorte di Giovanni I° del Monferrato – ottiene in controdote le terre di Caselle, San Maurizio, Lanzo e Ciriè; proprio in quest’ultima località stabilisce la propria residenza.
    I siti delle Valli – testimonianze ora castellane ora difensive – riguardano castelli, torri-porta, ricetti, il ponte del Diavolo e la “casaforte” di Balme utilizzata quale rifugio per beni e persone.
    Due sono le località più importanti, Ciriè e Lanzo, terre di lotta fra i marchesi del Monferrato e i conti di Savoia. Nella prima ritroviamo sia la torre di San Rocco a fusto cilindrico il cui coronamento si apre in finestre ad arco quanto il castello di La Piè che sorge vicino alla pieve di Liramo. Nel 1854 Clemente Rovere disegna – ancora intatto – questo edificio con la presenza di un fregio che corre sul fronte est quanto sul fronte sud, nonchè merlature sul cammino di ronda.
    Anche Lanzo vanta due monumenti assai importanti nel quadro delle architetture castellane in Piemonte; si tratta del Ponte del Diavolo ( 1378 ) che vediamo rappresentato in un disegno del Vanello ( sec XVII ) e che reca al centro una porta da chiudersi in caso di epidemia ( 1564 ) e la grandiosa torre-porta che prende il nome da Aimone di Challant. Alta venti metri, si conclude con merli bifidi; l’interno “é suddiviso da orizzontamenti voltati e da tre solai lignei”.
    Un pregevole disegno chiaroscuro del d’Andrade raffigura la torre e le adiacenti costruzioni. Piace ricordare che negli anni settanta del XX secolo Augusto Cavallari Murat ( autore altresì della fondamentale pubblicazione “Lungo la Stura di Lanzo” ) aveva sollecitato importanti finanziamenti per gli interventi di restauro della costruzione.
    Figurano stemmi sabaudi sia nella casa della Dogana di Ala di Stura sia nella casa Goffo di Cantoira. La casa di Ala risulta alta e stretta, presenta ancora tracce di decorazioni lungo il coronamento, mentre l’edificio di Cantoira comunemente detto “Il castello” è caratterizzato dalla presenza di finestre crociate nel piano alto; si tratta di aperture tardomedievali modificate all’interno per una nuova definizione degli spazi.
    Dei ricetti del Canavese e delle Valli di Lanzo si era ampiamente occupata Micaela Viglino Davico nel 1978; due sono gli esempi nella piana, Nole e Mathi. Nuovamente riaffiora il nome di Margherita di Savoia che concede alla comunità di Nole di costruire, con ciottoli disposti a spina di pesce, un “recetum con fossati, ponti levatoi, saracinesche” al fine di realizzare un insieme di difesa collettiva; la muratura ancor esistente è alta circa quattro metri dal piano, mentre a Mathi nella zona centrale dell’insediamento è presente un nucleo fortificato del quale persistono parti di mura accostate alle recenti costruzioni.
    Ma è il torrione esterno al ricetto a destare interesse per la presenza di finestre ad arco, bifore, trifore e il coronamento ad arcatelle; nonostante il torrione risulti riplasmato, conserva un certo fascino nel panorama della località che vanta l’imponente parrocchiale di San Giacomo dall’interno fastoso.
    Al torrione di Mathi fanno riscontro i soli resti del castello di Balangero ( tratti di cinta muraria al Trucco ) sede della castellania Savoia-Acaia a far data dal 1313; anche qui viene realizzata – quasi un ricetto – una fortificazione collettiva affinchè la popolazione possa raccogliere i beni e trovare rifugio in caso di guerra.
    Tralasciando il castello di Viù poichè già s’è avuto modo di considerarne i resti, l’ultima località delle valli risulta Balme con il “Rociass” e i suoi affreschi che avevamo studiato giusto vent’anni or sono con Cinzia Cargnino; risalgono al 1591 le prime notizie su questo complesso difensivo legato al nome della famiglia Castagneri Ljinch. Si tratta di un edificio compatto con piccole aperture ma anche con loggiati aperti sulla valle, il cui insediamento di borgata alpina risale al secolo XIV.

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