Cesare Zavattini è stato uno dei più poliedrici artisti che il nostro ‘900 abbia prodotto. Scrittore, giornalista, commediografo, sceneggiatore, pittore, poeta è stato uno dei massimi protagonisti di quella straordinaria stagione cinematografica chiamata “neorealismo”.
Cantore della “ bassa emiliana”, ha lasciato racconti che sono veri “ dipinti con le parole”. Come quello che segue, dedicato a bici e tabarro, che poi si fa poesia.
I padani inventarono un capo d’abbigliamento leggendario, forse il più adatto al ciclista: il mantello padano, o meglio, tabarro. Veniva avvolto intorno al corpo e, una volta montati in bici, il suo lembo andava a coprire il manubrio. Così, un unico capo riusciva a proteggere in modo efficace corpo, mani e gambe del ciclista. Un’idea straordinaria.
Riesco ancora a recuperare, fra le memorie dell’infanzia, l’immagine di alcuni di questi anziani ciclisti. Sebbene il luogo in cui sono cresciuto sia alla periferia estrema della pianura, dove questa comincia a snaturarsi e a inerpicarsi verso le Alpi, di ciclisti col mantello se ne vedevano parecchi: figure quasi oniriche, avvolte nel loro tabarro, con l’ampio cappello nero calato sulla testa, a cavallo di arcaiche e pesantissime biciclette anch’esse nere, per lo più cigolanti. Questi antichi pedalatori fendevano le solide nebbie procedendo ad una lentezza quasi inammissibile, che sembrava sfidare le più elementari leggi della fisica.
I porta ancora al tabar da li me bandi
I porta ancora al tabar
da li me bandi.
A ghè an vèc dal Ricovar Buris-Lodigiani
c’al sgh’invoia dentr’in fin i oc
cme s’al vrès dir
a vöi pö vedr’ansön.
I par usei
la gent in bicicletta.
Apena al pé
al toca ancor la tera
a turna in ment
col c’i evum vrü smangà.
Traduzione:
Portano ancora il tabarro dalle mie parti
Portano ancora il tabarro
dalle mie parti.
C’è un vecchio del Ricovero Buris-Lodigiani
che vi s’involta dentro fino agli occhi
come volesse dire
non voglio più vedere nessuno.
Sembrano uccelli
la gente in bicicletta.
Appena il piede
tocca ancora la terra
torna in mente
quello che avevamo voluto scordare.
Cesare Zavattini