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martedì, Dicembre 3, 2024

    Oggi flessioni e parallele

    VenticinqueGocceIl servizio del talk show, riguardava un  luogo di lavoro che non era certo l’ Apple Campus 2 di Cupertino, e nemmeno la Microsoft di Redmond, bensì uno stabilimento in Germania: ebbene, in detto luogo di lavoro, si sono proprio presi a cuore la salute del personale. Si vedono dei lavoratori che si allontanano dalla catena di montaggio, ma non per andare alla pausa caffè: li attendeva una personal trainer (giovane e carina) che faceva fare loro degli esercizi rilassanti, tonificanti, su di un morbido tappetino o alle parallele, o esercizi a corpo libero; la voce fuori campo sottolineava quanto questi lavoratori fossero fortunati rispetto a noi.

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    Ha omesso però che l’azienda non stesse pensando alla salute dell’ormai anziano operaio, ma alla propria: e deve, anche nella tanto ammirata Germania, cercare di far tirare la carretta anche a coloro che avanti con gli anni, e lontani dalla pensione, si ritrovano addosso quelli che comunemente chiamiamo acciacchi. Così, istintivamente, mi sono tornati alla mente gli eserciti di persone che prima di entrare al lavoro in uno stabilimento cinese, perfettamente allineati e sincronizzati e vestiti rigorosamente tutti uguali, fanno l’ora di ginnastica.

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    Dubito sia facoltativa. Dubito che qualcuno si azzardi ad assentarsi. O a riderne. Mi ricorda vagamente il  sabato fascista, quando il pomeriggio veniva dedicato ad attività ginniche con prove di ardimento. Se non ricordo male, anche lì non era ad invito! Quale orrore vedere che in un posto di lavoro si viene spinti a tenersi in forma, a tenere il tempo, delle macchine ovviamente, con la cadenza degli esercizi e di conseguenza quella degli orari, a tenere sulle spalle il peso degli anni di lavoro.

    Mantieniti sano e in forma che devi lavorare ancora a lungo. Quanto al campare di più, mi dà l’idea dell’ennesima fake news. Visto il crescente malcontento, i nostri politici sono stati costretti ad evidenziare i lavori usuranti, prima qualcuno, poi altri, ma le categorie sono tutte in allarme, così è nata una commissione per studiare tutti coloro che sostengono l’usura dovuta al proprio lavoro.

    Siamo topi da laboratorio. Là dove invece basterebbe il buon senso: ad una certa età, ogni lavoro diventa insostenibile, faticoso, anche perché le aziende non tendono a far crescere professionalmente, anzi, al primo tentennamento isolano, spostano, demansionano. Anche la civilissima Svezia, che ci ha invasi con la sua IKEA, qui da noi trova terreno fertile, e licenzia, cambia turni ed orari ogni sei mesi. E cosa dire dell’americana Amazon, i cui dipendenti vengono sottoposti a pressioni e ritmi insostenibili: solo ora iniziano con qualche timida protesta.

    Come si fa a non parlarne:  in un panorama di perenne campagna elettorale come nel nostro Paese, è il tema del momento, e lo sarà ancora. Oltre il voto, oltre il Governo che verrà, se verrà.Al termine del servizio sugli esercizi per mantenersi efficienti, Elsa, ormai ospite fisso del programma, memore delle lacrime versate nel dicembre del 2011, ripete come un mantra che ci ha salvati dal baratro. Lei insieme agli altri bocconiani. E noi boccaloni.La realtà è che la vita più lunga, migliore, l’ha ottenuta la generazione precedente, andata in pensione tra i 55 e i 60 anni, godendo veramente della vita, e allungandola, in salute. Per noi, invece, il panorama è opposto. La nostra si accorcerà, tagliata dal lavoro fino a 70 anni, e dalle preoccupazioni per mantenere i nostri anziani così longevi.

    La ciliegina sulla torta: avevo appena terminato la spesa in un noto supermercato (si chiamano ancora così ?) e mi sono recato alla cassa: mi è stato chiesto se fossi un pensionato, perché avrei potuto usufruire dello sconto! Mi sarei messo a piangere: primo, perché mi manca una vita al fatidico giorno, e poi perché devo aver dato l’impressione di un anziano, tipo quello che osserva i lavori in corso. Non prendo mai mezzi pubblici, altrimenti di sicuro mi cederebbero il posto. La sera mi sono chiuso in un silenzio monastico, rotto unicamente dallo scorrere del cucchiaio sul fondo del piatto per la consueta minestrina.

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    Luciano Simonetti
    Luciano Simonetti
    Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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