Traumi contagiosi

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FortissimaMenteWEBDa qualche anno sono aumentate le ricerche sullo stato di salute mentale dei soccorritori di persone che hanno subito dei traumi, professionisti quali medici, psicologi, infermieri, forze dell’ordine, vigili del fuoco. Si è capito che sia i professionisti, ma anche i famigliari, che stanno vicino a delle vittime di eventi traumatici possono a loro volta sviluppare un disturbo post traumatico da stress, ovvero ammalarsi al pari di una vittima. Anche senza aver subito direttamente un trauma, basta il racconto di esso, oppure aver visto passivamente una scena, per poter sperimentare immagini angoscianti, avere flashback o incubi inerenti delle situazioni mai vissute in prima persona. Questo non capita a tutti quanti, ma probabilmente a chi in un dato momento si trova in una situazione delicata.
 
Alcune settimane fa ho partecipato ad un corso di aggiornamento dove si studiava proprio questo tipo di disagio e sono stati riportati alcuni esempi di questo fenomeno. Ricordo il caso narrato di un omicidio-suicidio, in cui un padre uccide i due figli di cinque e sette anni. Il corpo del bimbo di sette anni è stato trovato in un baule di un auto da una poliziotta. La poliziotta era una mamma di un bambino, proprio di sette anni. Nonostante nella sua carriera di poliziotto avesse avuto molte volte contatti con omicidi e cadaveri, proprio non poteva sopportare, in quel momento, di vedere quel corpicino che tanto le ricordava il suo bambino, anche se il suo era a casa al sicuro. Il secondo bambino, di cinque anni, è stato soccorso e mandato in ospedale, per fortuna era ancora vivo! Ad accoglierlo in ospedale c’era un’ infermiera, anche lei mamma, mamma di un bambino di cinque anni. Per quest’infermiera è stato insopportabile vedere su una barella in fin di vita un bambino proprio della stessa età del suo, nonostante che per lei fosse naturale avere contatti con persone che lottano tra la vita e la morte. Sia la poliziotta che l’infermiera svilupparono un disturbo post traumatico, avevano gli stessi sintomi di chi subisce in prima persona delle violenze e hanno ricevuto lo stesso trattamento di cura psicologico che si offre alle vittime.
 
Un altro esempio di evento traumatico contagioso è il crollo delle Twin Towers l’11 settembre 2001. Nonostante l’evento sia stato vissuto in prima persona dai newyorkesi, tutto il mondo occidentale ne è stato scioccato. Ognuno di noi, se ai tempi aveva già raggiunto l’età della ragione, ricorda esattamente cosa stava facendo nell’istante in cui ha appreso la notizia, e ha ancora fissate in memoria le immagini del telegiornale, e ha iniziato a provare un po’ la sensazione di essere in pericolo. Molti professionisti della salute, in seguito all’esposizione continua dei racconti angoscianti delle vittime, hanno iniziato a soffrire di attacchi di panico.
 
Gli studi attuali di psicologia dimostrano che l’evento della seconda guerra mondiale è stato probabilmente troppo sottovalutato dal punto di vista psicologico. Infatti, non ha traumatizzato soltanto i soldati che hanno fatto la guerra, o, al limite, le popolazioni che hanno subito i peggiori danni, ma intere generazioni. Esami clinici hanno dimostrato che i discendenti, quindi i figli, di chi ha vissuto questa terribile guerra, hanno delle variazioni nel sistema nervoso e rispondono agli stress in modo più acuto, hanno livelli più elevati di cortisolo (l’ormone dello stress) rispetto ai soggetti di controllo, come se fossero state delle vittime dirette.
 
Come è possibile che i sintomi di un disturbo post traumatico si trasmettano anche ai soccorritori o ai famigliari? Quando si ascolta un racconto, si è al riparo dal pericolo, ma lo si può immaginare! Queste visioni di fantasia si fissano nel cervello come se fossero stimoli che arrivano ai nostri sensi, quindi, come se fossero delle esperienze reali. Come mai accade questo? Cosa ci succede dentro la testa? Il fenomeno è spiegabile con il fatto che i centri cerebrali che elaborano le informazioni visive sono gli stessi che elaborano le immagini generate dalla nostra mente. Quindi, al nostro cervello poco importa se un’informazione arriva dal mondo di fuori, ovvero se l’immagine arriva dagli occhi e percorre il nervo ottico, oppure viene prodotta dalla nostra immaginazione. In entrambi i casi è possibile in seguito generare intrusioni visive come i flashback o i ricordi. Una domanda che sorge spontanea è la seguente: ma perché non capita a tutti? Probabilmente molto dipende dalla situazione, da quanto ci sentiamo vicini ad un certo dramma. Riprendendo il primo esempio che vi ho riportato, quello della poliziotta, probabilmente se lei non fosse stata una mamma di un bambino della stessa età, non avrebbe sentito la sofferenza che potrebbe provare il cuore di una mamma che perde il proprio bimbo e non si sarebbe ammalata di disturbo post traumatico, ma avrebbe processato la visione come una triste esperienza di una carriera in polizia.
 
Per maggiori informazioni visita il sito: www.psicoborgaro.it
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