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venerdì, Aprile 19, 2024

    Nel Giorno della Memoria

    Pillole1WebNel Giorno della Memoria si ricorda il 27 gennaio 1945, quando le truppe sovietiche liberarono il campo di sterminio di Auschwitz, la più feroce macchina della morte nazista. Quel giorno cominciava ad avere fine il genocidio degli ebrei, e di numerose altre categorie di persone invise al regime: zingari, omosessuali, testimoni di Geova, disabili, e militari che non hanno voluto aderire alla repubblica di Salò. Aveva fine la follia nazista di privare della libertà e sterminare esseri umani solo perché ritenuti inferiori. Oggi, però, 75 anni dopo, la storia non è purtroppo ancora finita. Non tutti sanno che di campi di concentramento, oggi, è ancora pieno il mondo.

    Ci sono campi di concentramento in Corea del Nord, circa una ventina, in cui i detenuti sono prigionieri politici, detenuti senza processo e senza una data di uscita, spesso con l’unica colpa di essere presunti dissidenti o parenti di un dissidente. Dormono in baracche non riscaldate in cui la temperatura raggiunge i meno 20 gradi. Quando muoiono, vengono sepolti nudi, perché la loro unica uniforme serve per vestire il prossimo prigioniero.

    Ci sono campi di concentramento in Cina e si chiamano laogai. Qui vengono detenuti i prigionieri politici, e altri che hanno la colpa di appartenere a minoranze etniche come tibetani, mongoli, uiguri. Nei laogai i prigionieri lavorano 18 ore al giorno, a ritmi disumani, puniti con la denutrizione e la tortura se solo rallentano il ritmo del lavoro.

    Ci sono campi di concentramento in Malaysia, in Bangladesh, dove vivono i Rohingya, un gruppo etnico musulmano cui il governo birmano non ha riconosciuto la cittadinanza, e continua a perseguitare. Circa 100mila fra loro vivono ancora a Myanmar, in campi per sfollati circondati dal filo spinato.

    Ci sono campi di concentramento anche negli Stati Uniti d’America. Uno di questi è a Clint, nel Texas, a pochi chilometri da El Paso e dal confine col Messico, dove nel 2019 sono stati trattenuti 250 minori non accompagnati in condizioni disumane, costretti a dormire sul pavimento, senza alcun programma d’istruzione, in una situazione di emergenza sanitaria. Stendiamo un velo pietoso su Guantanamo, un vero lager d’impronta nazista, in terra cubana, gestito dagli USA. Bush considerava Guantanamo una “terra di nessuno” extragiudiziaria, in cui interrogare i nemici e sperimentare «il peggio del peggio». Gli uomini che devono comparire davanti al tribunale di guerra sono i più fortunati, perché almeno verranno processati.

    Ci sono campi di concentramento in Turchia, in cui vivono circa 3,6 milioni di rifugiati siriani. Com’è noto, l’Unione Europa ha siglato un accordo con il presidente turco Erdogan, promettendogli sei miliardi all’anno, e la ripartenza dei negoziati per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. Nonostante in Turchia  dopo il golpe fallito del 2016 Erdogan abbia incarcerato più di 64mila persone e 150 giornalisti. E nonostante diversi osservatori abbiano raccontato delle orribili condizioni dei campi di concentramento turchi, del loro sovraffollamento, della mancanza di cure mediche e di assistenza legale.

    Ci sono campi di concentramento in Libia, una ventina dei quali nei pressi della città di Bani Walid.  È lì che vengono rinchiusi i migranti dell’Africa subsahariana che sognano l’Europa e l’Italia, e che l’Italia e l’Europa si premurano che lì restino. Lì, dove gli uomini sono torturati, le donne stuprate di continuo, e dove ciascun prigioniero è una potenziale arma di ricatto per estorcere denaro ai loro parenti lontani, costretti a pagare affinché i prigionieri rimangano in vita. Ma anche nei centri ufficiali di detenzione, dove i detenuti sono sotto la “protezione” delle autorità di Tripoli pagata dall’Ue e dall’Italia, il cibo è scarso, nessuna assistenza medica, corruzione.

    E anche da noi in Italia ci sono i campi di concentramento. Hanno nomi diversi, Cie e Cpr, ma non sono altro che strutture di detenzione in cui vengono rinchiusi i richiedenti asilo in attesa di essere identificati e spesso rispediti all’inferno, contro la loro volontà. Sono 45mila i migranti detenuti nei nostri campi di concentramento, una cifra tra le più alte di tutto l’Occidente.

    Per quanto s’indaghi si rischia di dimenticarne qualcuno, ma Iraq, Siria, Eritrea e Repubblica Centrafricana, sono luoghi in cui si ha notizia di luoghi di internamento di massa su popolazione inerme. Quindi, mentre noi ricordiamo gli orrori di 75 anni fa, milioni di persone in tutto il mondo questa mattina si sono svegliati vivendo quello stesso orrore. E lo vivranno domani. Nei Giorni della Memoria, ricordiamoci anche di loro.

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    Ernesto Scalco
    Ernesto Scalco
    Sono nato a Caselle Torinese, il 14/08/1945. Sposato con Ida Brachet, 2 figli, 2 nipoti. Titolo di studio: Perito industriale, conseguito pr. Ist. A. Avogadro di Torino Come attività lavorativa principale per 36 anni ho svolto Analisi del processo industriale, in diverse aziende elettro- meccaniche. Dal 1980, responsabile del suddetto servizio in aziende diverse. Dal '98 pensionato. Interessi: ambiente, pace e solidarietà, diritti umani Volontariato: Dal 1990, attivista in Amnesty International; dal 2017 responsabile del gruppo locale A.I. per Ciriè e Comuni To. nord. Dal 1993, propone a "Cose nostre" la pubblicazione di articoli su temi di carattere ambientale, sociale, culturale. Dal 1997 al 2013, organizzatore e gestore dell'accoglienza temporanea di altrettanti gruppi di bimbi di "Chernobyl". Dal 2001 attivista in Emergency, sezione di Torino, membro del gruppo che si reca, su richiesta, nelle scuole.

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