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lunedì, Ottobre 14, 2024

    Una spremuta di…Storia

     

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    “ […] Quando l’epidemia si diffuse, priva di controllo, il mondo stava vivendo una fase di radicale globalizzazione economica. La malattia arrivò inaspettata e sconosciuta, falcidiando l’umanità senza distinzione di origine, condizione sociale ed economica.

     

    I Governi tutti, dopo un primo momento di smarrimento e incertezza sul come agire, cercarono di comprendere le origini del male e di attivare i primi provvedimenti di contenimento.

     Questo fattore richiedeva una serie di innovazioni nel campo delle regolamentazioni: in primo luogo, Stati normalmente reticenti dovevano fidarsi in maniera reciproca sugli annunci emanati riguardo i luoghi e la manifestazione del morbo. Ciò significava che i governi dovevano tenere aperti dei canali di comunicazione e cooperare, nell’identificazione delle regioni colpite dalla malattia. Le relazioni diplomatiche divennero una componente essenziale nella costruzione di quel clima di fiducia indispensabile affinché si potessero ritenere veritiere le dichiarazioni sanitarie provenienti da altri centri.

     

    Oltre a identificare i luoghi colpiti dal morbo, gli individui dovevano presentare certificati sanitari ogni qual volta entravano in una città che non era la propria. Impedire al morbo di entrare era pertanto un compito estremamente costoso e richiedeva molto lavoro.

    Le città italiane, in particolare, si erano dotate di un sistema di prevenzione estremamente rigoroso e riconosciuto tale in tutta Europa anche se l’applicazione generale dei principi teorici tardò a venire. Fondamentale si rivelò l’istituzione degli uffici di sanità, ovvero corpi permanenti con ampio potere nel settore della salute e dell’igiene pubblica.

    Molte città dell’Italia del nord si organizzarono anche a livello burocratico e documentaristico, in modo tale da disporre di rapporti statistici riguardanti le malattie e le cause delle morti. Osservando l’andamento di questi dati si poteva indicativamente prevedere la potenzialità della diffusione del morbo.

     

    La malattia si diffondeva prioritariamente per via aerea e per contagio diretto tra le persone e fu logico, quindi, porre un freno alle più comuni occasioni di aggregazione e di vicinanza. Le famiglie furono invitate a rimanere unite e il più possibile rinchiuse in casa. Si invitò poi la popolazione tutta a curare la propria igiene personale, ad evitare contatti fisici, porre attenzione agli indumenti usati e favorire una più corretta alimentazione.

     

    Vennero chiusi i porti, le fiere, i mercati e proibite tutte le manifestazioni pubbliche che potessero favorire l’assembramento.

     

    Si vietarono i funerali con cerimonia ordinaria e nessuno poté accompagnare i propri cari al cimitero.

     

    In molte città si vietò l’accesso a chi proveniva dai luoghi dove l’epidemia era accertata. Diventò molto importante avere notizie precise: una buona rete di informazioni fu una delle premesse per far fronte al nemico.

     

     

    Un mondo abituato a contare su ogni componente della propria comunità, si vide annientare da una simile catastrofe e scoprì all’improvviso tutta una serie di esigenze precedentemente sconosciute.

    Si produsse infatti una forte domanda di personale fortemente specializzato (capace di gestire gli effetti della pandemia sia nel momento della sua comparsa, che in quello in cui produceva il suo peggiore effetto, ovvero la morte) come ad esempio quello medico che però, lavorando a stretto contatto con i malati, correva altissimi rischi di contagio.

     

    Purtroppo L’ignoranza e la superstizione ebbero in diffusi casi la meglio sul raziocinio e l’umanità dando così sfogo a insensati sospetti, spesso purtroppo strategicamente voluti, contro minoranze indifese che furono oggetto di persecuzione, incolpandole ingiustamente di essere veicoli di infezione […]”

     

    Pensate di aver letto un ipotetico resoconto fedele, in un prossimo futuro, dell’epidemia di Covid-19 targata 2020? No, vi siete in realtà confrontati con un sintetico quadro riassuntivo della pandemia di peste nera del 1348…

    Ebbene sì, le notizie e i riferimenti riportati all’inizio dell’articolo, così simili se non persino identici alla realtà che abbiamo vissuto e stiamo ancora affrontando in questi mesi dell’anno Domini 2020, riguardano in verità il Medioevo e tracciano i tratti essenziali della strage che colpì il mondo quasi sette secoli fa.

     

    Un mondo così lontano dalla nostra realtà che eppure affrontò quella immane tragedia con le stesse modalità adottate dalla nostra civiltà super tecnologica.

    In fondo, di fronte all’imponderabile mistero di un morbo sconosciuto, le risposte più sensate non possono che derivare dal buonsenso, dalla stringente logica dell’ovvietà che, come pare, non ha età.

    Anche l’ignoranza, purtroppo come avete visto, non è databile e la capacità di deformare la realtà, spesso per secondi fini, così come fu usata  nel Trecento dalla Chiesa e da alcuni settori del mondo economico contro gli Ebrei, gli eretici e gli omosessuali, altrettanto oggi si evidenzia contro il ‘diverso’ che spesso arriva da lontano.

     

    Ma possiamo andare oltre, sfruttando sempre la storia, e cercare di capire cosa ci aspetta domani, al di là della tragedia.

     

    Dopo quella pandemia, come già da secoli era avvenuto ben prima, la peste colpì l’Europa e il mondo a cadenze quasi decennali sino al XIX secolo (con la scoperta degli antibiotici) e ad essa seguirono, sino ad oggi, altre virulente epidemie con altre origini biologiche. Di certo fu che l’uomo si abituò a convivere con esse e già alla fine della peste del Trecento i risvolti per l’umanità furono positivi. Cambiò l’economia, diverse categorie lavorative beneficiarono, in virtù  della riduzione della manodopera, di aumenti salariali e di migliori condizioni di lavoro. Nacquero nuovi settori produttivi, migliorarono le comunicazioni e si iniziò a porre maggiore attenzione all’igiene pubblica.

    La crisi, quindi,  è occasione di svolta…

     

    Non perdiamo allora l’opportunità che si sta prospettando, ascoltiamo la Storia e soprattutto un genio assoluto come Albert Einstein per il quale la crisi è un’occasione, un volano per il cambiamento. La creatività, la ricerca di soluzioni, l’invenzione nasce infatti solo nel momento della massima difficoltà, quando l’individuo è messo alle strette e, per sopravvivere, deve voltare pagina, cambiando registro e modus operandi, smettendo di fare le cose che faceva prima e proponendone altre.

    Scrive Einstein: “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato”.

     

    Così sia …

     

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