Una spremuta di…Presepi!

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Caro San Francesco…

Come?

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Dici che forse mi sto sbagliando?

Sì, lo so che in questo periodo le lettere tendenzialmente sono rivolte al Bambin Gesù o a quell’altro là, il nordico con tanto di barba, pancione e slitta, ma ti assicuro che questa lettera è proprio indirizzata a te, il poverello di Assisi.

Sì perché devo proprio dirtelo: questa… no, quella volta, l’hai fatta proprio grossa!

Quando?

Beh, contati male saranno trascorsi giusti giusti ottocento anni dal giorno che pensasti e poi realizzasti in quel di Greccio la tua idea, ma ti assicuro che mai come oggi è salita di diritto agli onori di cronaca.

Di cosa sto parlando?

Francesco, e dai!

Capisco che col passare del tempo la memoria inizi a far cilecca, ma come fai a non ricordare quella tua brillante intuizione del dicembre 1223?

Ma certo, quando chiedesti a quel buon uomo di Giovanni, nobile e stimato abitante di Greccio, di rievocare nel paesino laziale la natività del Bambin Gesù, con tanto di mangiatoia, bue e asinello.

Ricordi? Fu un Natale incredibile, con tutta quella gente devota e festante che raggiunse quel paesino da ogni dove.

Già, bravo, proprio di questo ti sto parlando… la rievocazione della Natività a Betlemme… il presepe, insomma!

E perché mai lo faccio?

Beh, mio caro Patrono d’Italia, il tempo passa, inesorabile, e la vita umana cambia altrettanto inesorabilmente, come gli uomini.

Sai, io appartengo ancora a quella generazione di ex bambini che preparavano il loro presepe sul piano di qualche mobiletto nel tinello, con tanto di muschio vero, carta stellata appiccicata sul muro e lucine colorate infilate tra le casette di sughero, abbarbicate tremolanti sui tronchetti di legno a mo’ di montagne.

Rigoroso poi, ponevo Gesù Bambino nella mangiatoia solo al rientro dalla Messa di mezzanotte, e i tre Re Magi arrivavano, con tanto di cammelli, solo la sera prima della Befana.

Che tempi!

Usavo pure la farina come neve e la stagnola completava il laghetto con paperette annesse.

E quindi? Mi chiedi giustamente… Beh, vedi, la cosa strana è che adesso pare vogliano renderlo obbligatorio…

Che cosa?

Il presepe, Francesco, il presepe!

Sì caro mio, sembra che vogliano rendere obbligatorio l’allestimento del presepe in tutte le scuole d’Italia…

Dici che è impossibile?

Non ne sarei così sicuro, sai? Una certa Lavinia Mennuni, deputata, pare abbia depositato un decreto legge proprio su questo tema. Forse non è proprio l’obbligo di fare il presepe quanto di non impedirne la realizzazione, ma fatto sta che si vuole tutelare la “cristianità” italiana e le sue tradizioni… anche nelle scuole.

Con il presepe…

Sì, Francesco, con il presepe!

Dici che siamo nel 2023? Che la scuola italiana è laica, in uno Stato dove il principio di laicità è considerato supremo dalla Corte Costituzionale, con sentenza n.203 del 1989, e che inoltre garantisce, con l’articolo 8 della Costituzione, il principio di uguaglianza di ogni religione?

Ti vedo preparato… non hai sbagliato una virgola!

Dici allora che non capisci cosa voglia la Mennuni?

Non so, Francesco, ma persino il Papa, tuo omonimo (un nome di moda il vostro…), ricordando proprio gli ottocento anni da quella tua bella illuminazione a Greccio, ha sottolineato come il presepe “è come un Vangelo vivo, un Vangelo domestico”, dimostrando una profonda sensibilità cristiana verso il “vivere” la propria fede come un fatto privato, domestico appunto, anche se coinvolge la maggioranza degli italiani.

Come dici?

Che non avevi dubbi che il Papa la pensasse così?

Sì, anch’io ne ero certo. La libertà religiosa deve essere rispettata, sempre, ma in conformità con i principi di laicità dello Stato e senza alcun tipo di condizionamento. A scuola, più che in ogni altro luogo, si deve promuovere il pensiero libero e critico, e non imporre specifiche tradizioni. È un diritto universale da insegnare e garantire in un ambiente inclusivo e aperto al pensiero critico, libero da ogni forma di influenze religiose…

Scusa Francesco, ma dove stai andando?

A Gaza, Gerusalemme e a Kiev?

Come dici…?

Che dopo ottocento anni è arrivato il momento che il presepe superi ogni sua specificità e diventi finalmente simbolo dell’umanità tutta. Di chi da sempre è alla ricerca disperata di pace e libertà. Di chi rifiuta ostinatamente la guerra, i genocidi, il terrorismo. Di chi rincorre con tenacia la speranza di un mondo giusto, equo e solidale. Di chi non riesce più ad accettare che si voglia a tutti i costi dividere gli uomini tra giusti e colpevoli, tra migliori e peggiori, tra onesti e disonesti…

Ti capisco, e allora…

E allora, mi dici, andrai tra quelle macerie, tra quella disperazione, tra la morte. Non ci sarà la carta crespa, le casette con le lucine, le paperette e pastori con le zampogne, ma a modo loro quelle città saranno dei veri presepi. I bimbi, quelli sopravvissuti alla devastazione, ci saranno, tantissimi, feriti e affamati, disperati e terrorizzati. Per loro non ci saranno i Re Magi ma, forse, medici con scarsi medicinali. Molti di quei bimbi, forse, non avranno più al fianco la loro Maria o il loro Giuseppe.

Vai Francesco, loro hanno bisogno di te.

Noi, invece, non dobbiamo dimenticare quelle immagini, non dobbiamo cancellare quei “presepi” dalla nostre menti.

Noi abbiamo l’obbligo di portare la Buona Novella!

Noi…

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