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mercoledì, Maggio 15, 2024

    Una Spremuta di…Corsi e Ricorsi

    Scrivere mensilmente per Cose Nostre ha per me, da sempre, un intrinseco, sottile e a modo suo  angosciante effetto collaterale: l’ansia di scoprire che il pezzo è stato superato o totalmente smentito dai fatti che il tempo ha insinuato tra la stesura e la pubblicazione.
    Forse è per questo motivo che aspetto sempre gli ultimi giorni per la consegna.
    Non so, ma questo dubbio mi ha sempre lasciato un fastidio di fondo che non ho mai somatizzato.
    Ultimamente, però, questo sintomo è peggiorato trasformandosi in qualcosa che non mi piace proprio per nulla, un vago sentire che cerco di cacciare con forza dalla mente ma che, perfido, riemerge comunque e mi spaventa, tanto: ma qualcuno riuscirà a leggere il mio articolo il prossimo mese?
    Per essere più crudamente espliciti: ci sarà un prossimo mese?
    Ok, ok, sono ammessi tutti i gesti scaramantici o apotropaici che dir si voglia, ma questo è ciò che provo.
    Sì, perché da tempo, purtroppo, mi rendo conto che… non ci rendiamo conto di dove stiamo andando a finire.
    La storia non insegna proprio nulla a chi non vuole apprendere e noi tutti, sappiatelo, siamo pessimi allievi.
    Il professor Tommaso Montanari, rettore dell‘Università per stranieri di Siena, discutendo sul recente e drammatico conflitto tra Israeliani e Palestinesi ha detto che: “La radicalizzazione palestinese è dovuta alle politiche occidentali e lo scenario internazionale di oggi mi ricorda l’inizio della Prima Guerra Mondiale”.
    Parole che possono non essere condivisibili o certamente discusse, ma che sicuramente ci portano a riflettere su come, nel tempo, gli scenari internazionali possano comunque riproporre situazioni al limite della guerra mondiale.
    Sia lo scontro tra Ucraina e Russia che gli orrori del conflitto tra Israele e Palestina riflettono infatti, indiscutibilmente, le condizioni esplosive della tragica estate del 1914 dopo l’assassinio a Sarajevo dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando e della sua consorte Sofia o gli assurdi e frenetici mesi che precedettero l’invasione nazista della Polonia.
    A ben guardare, infatti, i mosaici di eventi consequenziali e collaterali ai due conflitti attuali seguono i copioni triti e ritriti che portarono nello scorso millennio a due guerre mondiali e allo sterminio di 80 milioni di persone: balbettii diplomatici, superficiale e impalpabile indignazione, miope valutazione degli scenari, mancanza totale di coesione politica internazionale, strabismo egoistico verso interessi nazionali, drammatica impreparazione nella gestione delle politiche estere.
    Provate a rileggervi le cronache politiche che fecero da corollario a Sarajevo e al biennio 1938/39 e incomincerete a capire quante similitudini collegano le tragedie annunciate di ieri con quelle di oggi.
    E come ieri, così oggi ci trastulliamo in una squallida gara tra il “bene” e il “male”, tra chi sostiene le presunte vittime e  condanna i più o meno acclarati colpevoli, chi ha “colpito” prima e chi ha “solo” reagito, lasciando però, colpevolmente, che la morte continui indisturbata a mietere vite, e che l’idea di pace  rimanga invece solo l’estrema risoluzione, attuabile per di più se uno dei contendenti ammette la propria colpevolezza, e non una pace aprioristica e condivisa.
    A tutto ciò si aggiunge, come ci ricorda lo storico Alessandro Barbero, l’incapacità di comprendere, da parte del mondo occidentale, come ancora persistano in tantissime culture narrazioni storiche nazionali che delineano scenari storici forgiati attraverso proprie e specifiche sensibilità.
    Un po’ come per noi fu per anni la “narrazione eroica” del Risorgimento o quella edulcorata del nostro colonialismo “per bene”.
    Oggi esistono le narrazioni ucraine sull’invasione nazista nel 1941 o sulle carestie degli Anni Trenta che divergono sostanzialmente dalle narrazioni russe. Così come le narrazioni palestinesi sulla genesi di un popolo e di uno stato, in netto contrasto con quelle israeliane.
    O l’Occidente accetta questa realtà e opera quindi in un’ottica che non prevede “colpevoli” a priori, per costruire così delle vere paci condivise, o saremo destinati a soccombere, tutti, di fronte all’ennesima tragedia universale.
    Se riuscirete ancora a leggere questo articolo è già qualcosa…

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