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giovedì, Maggio 16, 2024

    Le donne di Satana nelle Alpi

    1° parte

    “La geografia dei roghi mostra che l’Italia centrale e meridionale non ne ha quasi accesi (…) mentre invece la follia persecutrice (…) fu particolarmente attiva in alcuni paesi di montagna, dal momento che cominciò nel XIV secolo nei Pirenei, proseguì poi nelle Alpi”( J. Delumeau, La paura in Occidente (secoli XIV-XVIII). La città assediata, Torino 1975, pag. 551).
    Le poche parole di J. Delumeau sono sufficienti per porre l’accento su una questione importante: la caccia alle streghe ebbe come territori propri di affermazione, principalmente le aree agro-pastorali, in particolare quelle montane. Soprattutto se queste zone, come nel caso della Valle di Susa e Cuneese, erano situate in importanti aree di transito e di conseguenza punto di passaggio per le idee e gli uomini dell’eresia.
    Che la stregoneria e l’eresia avessero rappresentato una presenza “scomoda” sul piano sociale non è certo il caso di ricordarlo ulteriormente, significativamente però, verso la prima metà del XV secolo, nelle fonti è indicato che la popolazione della Valle di Susa era diminuita anche “causante illo pestifero morbo Valdencium et fachureriorum qui dietim ibidem pululat ed crescit”. È certamente molto indicativo che valdesi e praticanti la stregoneria, fossero additati come gli artefici di una contrazione demografica: fatto questo che la dice lunga sul modo in cui eretici e presunti adepti del diavolo erano considerati ed, inoltre, costituisce anche una testimonianza rilevante sulla potenza ad essi attribuita.
    Non sono numerose le fonti che consentano una ricostruzione scientificamente coerente della stregoneria in Piemonte: ai documenti coevi agli eventi, si aggiungono gli studi di quei medievalisti che, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, hanno condotto indagini presso archivi parrocchiali e comunali, riportando alla luce fatti connessi al culto del diavolo e relazioni esistenti tra alcuni casi di stregoneria e le realtà locali.
    In questi studi l’attenzione per la filologia trova la sua maggiore affermazione soprattutto nella valutazione delle implicazioni storico-giuridiche, mentre sono ancora del tutto assenti metodi di indagine sorretti dalla volontà di condurre approfondimenti di ordine antropologico.
    Alle due tipologie di fonti indicate, vanno poi aggiunti i saggi, gli articoli, le segnalazioni che via via sono stati elaborati dagli studiosi, molti dei quali con profondo rigore filologico che consente quindi di monitorare con nitidezza i documenti di riferimento. La gran parte di questi materiali è stato via via pubblicata su riviste scientifiche e su altre pubblicazioni non sempre facilmente reperibili. Vi sono poi tracce sui processi e su altri eventi legati alla stregoneria, all’interno di pubblicazioni monografiche su varie località piemontesi, ma nella prevalenza dei casi l’impostazione non consente i necessari approfondimenti e le vicende sono parte di una sorta di “racconto”, spesso senza riferimento alle fonti.
    Chi scrive, oltre quindici anni fa, tentò una prima schedatura dei materiali pubblicati e no, relativi a casi di stregoneria in Piemonte. Il risultato fu interessante sia dal punto di vista quantitativo, che da quello qualitativo.
    Da segnalare che alcuni controlli incrociati tra la pubblicazione e la fonte hanno condotto ad esiti negativi, conducendo a constatare l’assenza, nei siti indicati, delle fonti principali citate negli studi. Ciò a causa, in pochi casi, della perdita dell’originale; ma soprattutto a seguito di errate citazioni o per effetto di citazioni riprese da altri che contenevano errori intrinseci. In generale però il lavoro, ormai in progress, ha permesso quanto meno di tracciare un quadro sufficientemente globale, sia dal punto di vista cronologico (dall’inizio del XIV secolo al 1740) che geografico.
    Va opportunamente segnalato che si tratta di riferimenti a fatti relativi alla stregoneria: solo una parte si riferisce ad un processo, infatti nella schedatura sono comprese accuse, denunce, segnalazioni al Tribunale dell’Inquisizione. Inoltre, per quanto possibile, i casi raccolti non presentano quasi mai legami diretti con la fenomenologia relativa alla lotta all’eresia. Va anche ricordato che, in certi casi, i documenti processuali sono incompleti e quindi è impossibile conoscere lo svolgimento delle procedure giuridiche e soprattutto le sentenze.

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