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Comune di Caselle Torinese
martedì, Dicembre 3, 2024

    Via Cravero 19, dove c’era “ la sezione”

    A Caselle in via Cravero 19 c’era la sezione del PCI. Era dedicata al partigiano Carlo Cravero.
    Quel minuscolo locale fu la sede del PCI dagli Anni’60 fino allo scioglimento del partito avvenuto nel 1991. Da quel momento iniziò un’altra storia.
    Il locale della sezione era davvero piccolo. Largo non più di un paio di metri e profondo forse cinque. Piccolo ma funzionale e, soprattutto, era collocato in una posizione strategica: al centro del paese.
    Era di proprietà del partito. Il suo acquisto era stato promosso dal compagno Gino Mussetti. Un compagno dai principi saldi e perseguiti con convinzione. Fino a quel momento la sezione era ospitata in un locale d’affitto situato, se ricordo bene, in via Gibellini.
    Gino Mussetti promosse una sottoscrizione per riuscire a mettere insieme la somma necessaria. Tuttavia la spinta decisiva venne da un compagno, di cui non ricordo il nome, che era andato in pensione, e che mise a disposizione del partito il 50% della liquidazione.
    Curiosa è la storia della serranda del locale. La porta era priva di serranda, c’era solo una porta a vetri. Una volta Gino e alcuni compagni erano andati a Lanzo per commissioni, in un prato adiacente la strada c’era una serranda abbandonata. E della misura giusta. In fretta la caricarono, e via a Caselle.
    Nonostante le minuscole dimensioni, quel luogo, per molti anni, è stato uno dei centri, forse il più importante, della vita politica di Caselle.
    Cominciai a frequentare “la sezione” verso la metà degli Anni ’70. Ero giovane, avevo sempre avuto una grande passione politica fin da ragazzo. Fu in quel luogo, in quel piccolo budello, che iniziò la mia formazione civica. E di molti altri.
    C’erano in quegli anni compagni di grande cultura politica e preparazione dai quali attingere. C’era il compagno Taranto, finissima mente, Rizzotto, l’architetto Garrone, Bessi.
    C’eravamo poi noi, quelli della base, ognuno veniva da esperienze diverse. Tutti animati dalla stessa passione e che negli anni avrebbero anche rivestito ruoli di responsabilità politica e amministrativa: Martufi, Macis, Zavatteri, Salfi, Spezzano, Lilliana Boggian, Tancorre e tanti altri. Molti non sono più tra noi. Ricordo con affetto: Lino Castagneri, Marco Rollero, Lino Bolognesi.
    Ricordare i nomi di tutti è impossibile.
    Era un luogo vivo. La nostra seconda casa.
    Ogni lunedì c’era il direttivo, si discuteva anche animatamente. Si prendevano decisioni e si programmavano le iniziative politiche.
    Le sezioni del PCI erano veri e propri centri di formazione. Quando assunsi la carica di segretario, mi accorsi che avevo ancora tanto da imparare. Parlare in pubblico, ad esempio, cosa impegnativa e per nulla semplice. Era fondamentale prepararsi approfondendo e studiando gli argomenti da trattare. Acquisivi un metodo. Chi militava nel PCI era costretto a crescere politicamente e culturalmente. Eravamo consci della nostra responsabilità.
    In quel luogo si delineavano le linee politiche che, successivamente, i compagni amministratori discutevano e mediavano con le altre forze politiche della giunta: PSI e PSDI. Il risultato erano decisioni che si traducevano in iniziative da tradurre in opere. In quei tempi Caselle era deficitaria in molti ambiti: scuole, piano regolatore, fogne, acquedotto…
    Una volta all’anno la sezione si trasferiva al prato della Fiera per la festa de L’Unità.
    Iniziativa faticosissima ma esaltante. Durante questa festa i Veneti, capitanati dai Saggia, preparavano pentoloni di polenta e baccalà. C’era sempre ressa.
    Ogni domenica facevamo la diffusione de “L’Unita” casa per casa.
    Quando passavamo davanti a don Benente, lui, ci guardava con occhio torvo. Però scambiavamo sempre parole con suor Maria Teresa. Poi arrivò don Claudio e tutto cambiò.
    Quella piccola stanza svolse, nonostante le sue ridotte dimensioni, per molti anni un ruolo fondamentale per la città. Fa parte a pieno titolo della memoria storico-politica della città. Assieme alla scomparsa società operaia di via Mazzini.
    Queste poche note non vanno considerate come frutto di una nostalgia per i bei tempi passati.
    È il rimpianto per un metodo di lavoro, formazione politica e culturale che, non solo era al servizio del paese, ma garanzia di difesa della Costituzione e dell’uguaglianza.
    Grazie al PCI noi tutti, figli degli ultimi della società, trovavamo quella dignità che dovrebbe essere propria di tutti.
    La mancanza di una vera forza politica, cementata da forti ideali socialisti, possiamo verificarla giorno per giorno. E i risultati si vedono.

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