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lunedì, Maggio 13, 2024

    La lunga vicinanza italo-nipponica

    A partire dal 1866, con il Trattato di Amicizia e di Commercio, il Regno d’Italia comincia a intrattenere rapporti formali col Giappone. Quest’evento è soltanto indicativo della relazione e delle somiglianze fra le due nazioni, tanto che l’Italia è la prima collettività euroamericana a siglare un accordo e ad avvicinare un’isola chiusa da due secoli allo straniero.
    L’Italia e il Giappone, nonostante il loro passato glorioso e antichissimo, sul crinale del secolo XIX condividono una posizione minore rispetto alle grandi potenze, ma soprattutto una condizione simile sull’incompiutezza nazionale.
    Al pari di d’Azeglio “sull’Italia e gli italiani”, Fukuzawa Yukichi, esponente di spicco dell’età Meiji (1868-1912), sosteneva che il Giappone aveva un governo, ma non un popolo.
    La guerra russo-giapponese, fra il 1904 e il 1905, in Italia viene salutata come lotta di classe trasposta a livello internazionale: fine ultimo strategico delle nazioni povere e popolose per pareggiare, almeno, quelle ricche; e celebra con giubilo la vittoria nipponica che con la battaglia di Tsushima (maggio 1905) batte una grande potenza e conquista il proprio “spazio vitale”. Nell’Impero del Sol Levante, nel primissimo Novecento, c’è un poeta piccolo di statura, ma grande di spirito che s’innamora dell’Italia. È Harukichi Shimoi (1883-1954) che diventa docente di lingua nipponica all’Orientale di Napoli. “Samurai napoletano” per il singolare aneddoto del 1915, nel quale rispose per le rime con un dialetto ineccepibile a un vetturino che tentò di raggirarlo sul compenso. Shimoi è conquistato dall’Italia al punto di partire per il fronte 1915-18, come corrispondente; partecipare poi all’Impresa di Fiume, stringendo una sentitissima amicizia con d’Annunzio, e successivamente sposare la causa mussoliniana. In Giappone, contemporaneamente, nel 1914 viene per la prima volta tradotta la Divina Commedia dall’italianista Yamakawa Heisaburo. Proprio il “Vate d’Italia”, Gabriele d’Annunzio, in un proprio monologo agli aviatori di Centocelle (Roma) nell’estate del 1919, dice, fra l’altro, sulla scorta della “Vittoria Mutilata”: «Volgiamo le spalle all’Occidente che ogni giorno più si sterilisce e s’infetta e si disonora in ostinate ingiustizie e in ostinate servitù. Separiamoci dall’Occidente degenere che, dimentico d’aver contenuto nel suo nome “lo splendore dello spirito senza tramonto”, è divenuto una immensa banca meticcia in servizio della spietata plutocrazia transatlantica. L’Italia che “sola è grande e sola è pura”, l’Italia delusa, l’Italia tradita, l’Italia povera, l’Italia della vittoria mutilata si volga di nuovo all’Oriente dove fu fiso lo sguardo de’ suoi secoli più fieri».
    Arturo Ferrarin compie nel 1920 la trasvolata Roma-Tokio e riceve il riconoscimento dell’Imperatrice: «Fummo avvertiti che essa ci avrebbe rivolta anche la parola, trasgredendo le sacre regole del cerimoniale e i privilegi della figlia del Cielo».
    Sia durante la Grande Guerra che successivamente nella Seconda, ma da blocchi contrari, Roma e Tokio combattono fianco a fianco i due conflitti armati. Con la Triplice Intesa nella prima: Inghilterra e Francia, l’Asse nella seconda: il Patto strategico anti-Komintern (1937) e quello Tripartito (1940) che partorisce l’Asse “Roberto” (Roma-Berlino-Tokio). Il dopoguerra è nefasto: l’Italia da ricostruire e il Giappone devastato dai fulmini atomici americani. Entrambe sotto l’egemonia statunitense, se Roma ripudia la guerra, Tokio deve addirittura accettare che la propria Carta costituzionale venga dettata da MacArthur.
    Dopo quasi un secolo d’economicismo e mercantilismo, oggi l’Italia e il Giappone vivono sentimenti simili: spaesamento per un mondo sempre più multipolare, dato dall’«imperiale stanchezza americana» (soci maggioritari in ritirata), e nel medesimo tempo volontà di tornare ad esser strategici. Entrambe le nazioni, tuttavia, godono d’una decisiva posizione geografica per domandare concessioni al socio di maggioranza statunitense: l’Italia come displuvio del Mediterraneo – su russi e turchi –, il Giappone come recinto alle mire espansionistiche della Cina; soprattutto su Taiwan. L’impegno e la collaborazione tecnico-militare italo-nipponica sono poi dimostrati dall’accordo firmato lo scorso dicembre insieme alla Gran Bretagna, a proposito dell’aeromobile da combattimento di VI generazione (F-X), evoluzione ulteriore degli F-35.

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